Da oggi 2 milioni di lavoratori non potranno recarsi in fabbrica o in ufficio perché impossibilitati a farsi il tampone per ottenere il Green pass.
Purtroppo, le farmacie e le strutture pubbliche/private dedicate a questo servizio non sono in grado di compiere giornalmente un numero di test sufficienti per coprire la domanda. Lavoratori che, loro malgrado, saranno costretti a rimanere a casa senza retribuzione. La denuncia è sollevata dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre.
I numeri.
Secondo le stime del Governo sarebbero 3 milioni i lavoratori italiani senza il certificato verde, il 13 per cento circa degli occupati presenti nel nostro Paese. Persone che per accedere al proprio posto di lavoro entro la fine dell’anno dovranno fare ogni 2 giorni il tampone per ottenere il green pass.
Attualmente l’offerta è molto inferiore: ieri, ad esempio, il numero di tamponi realizzati in Italia è stato di poco superiore a 506 mila. Ipotizzando un aumento della produttività da parte delle farmacie e delle strutture dedicate a fare questi test, dopodomani il numero complessivo potrebbe salire fino a 700 mila.
Se a questo numero aggiungiamo le oltre 300 mila persone che per ragioni di salute non sono obbligate al possesso della certificazione, rimarrebbero senza pass circa 2 milioni di lavoratori.
Flop dell’effetto annuncio.
A metà settembre, in sede di presentazione del decreto che obbligava l’uso del Green pass per entrare nei luoghi di lavoro, i ministri Brunetta, Orlando e Speranza l’avevano sottolineato più volte.
Il successo della misura si basava sull’effetto annuncio, ovvero che una gran parte dei 4 milioni di lavoratori italiani che allora non erano ancora vaccinati lo facessero entro un mese, ovvero entro il 15 ottobre, data in cui era prevista l’entrata in vigore delle disposizioni previste dal decreto.
Le cose, purtroppo, non sono andate così e solo una minoranza nel frattempo si è vaccinata. Gli altri, invece, hanno deciso di non farlo.
A rischio la ripresa economica.
La mancata presenza di circa 2 milioni di occupati non rappresenta solo un problema economico e sociale che rischia di mettere a repentaglio la tenuta produttiva di moltissime attività economiche, ma costituisce anche seria violazione del diritto al lavoro.
Se il Governo ha deciso per decreto di consentire l’ingresso negli uffici e nelle fabbriche solo a chi ha il Green pass – e quest’ultimo è ottenibile attraverso il vaccino o il tampone – lo Stato deve garantire la possibilità di fare il tampone anche a chi non vuole sottoporsi all’iniezione del siero vaccinale.
Diversamente, lede il diritto al lavoro a milioni di persone, venendo meno a un principio fondamentale di uno Stato di diritto: la legalità, che deve essere sempre rispettata sia dai soggetti pubblici sia da quelli privati.
Intendiamoci, il Covid va sconfitto con la prevenzione, aumentando il numero di immunizzati e con le disposizioni indicate dagli esperti, ma allo stesso tempo dobbiamo salvaguardare anche il diritto al lavoro e le piccole imprese, che da questa pandemia sono state fortemente penalizzate.
Cambiare il decreto o mobilitare l’Esercito.
Secondo l’Ufficio studi della CGIA, per risolvere questa situazione il Governo ha due possibilità: stabilire che il green pass si ottiene solo attraverso l’inoculazione del vaccino, eliminando così il problema dell’impossibilità di fare i tamponi a tutti, o mobilitare l’Esercito, la Protezione civile o non sappiamo chi altro, affinché vengano diffuse su tutto il territorio nazionale delle unità mobili in grado di fare i test, garantendo così a tutti il diritto di conseguire, ancorché temporaneamente, il certificato verde.
I “no vax” sono soprattutto al Sud.
Dati puntuali sul numero di lavoratori non vaccinati non ce ne sono. Gli unici disponibili sono di fonte della Presidenza del Consiglio e fotografano il numero di persone non ancora vaccinate all’8 ottobre scorso nella fascia di età tra i 20 e i 59 anni. Coorte che include la stragrande maggioranza dei lavoratori presenti nel Paese.
Ovviamente tra queste persone sono inclusi anche i disoccupati e gli inattivi. La regione più “no vax” è la Sicilia, la percentuale è pari al 24,3% ed è costituita da 625.565 persone non vaccinate.
Seguono la Calabria con una tasso del 23,4% (226.745 non immunizzati), la Provincia Autonoma di Bolzano con il 22,7% (63.570 non vaccinati), la Valle d’Aosta con il 21% (13.017 non vax) e le Marche con il 20,4% (156.724 non vaccinati).
Le situazioni più virtuose, invece, si riscontrano in Lombardia (14,3% di non vaccinati), nel Lazio (14,2%) e in Toscana (13,8%). Tra le 4 macro aree del Paese è il Sud a presentare il più alto numero di non vaccinati (2.143.769 pari al 20% del totale della popolazione tra i 20 e i 59 anni). In Italia, infine, i “no vax” in età lavorativa sono 5.432.118, pari al 17,4% della coorte 20- 59 anni.
*Fonte: Cgia Mestre