“Il governo intervenga per calmierare i prezzi dei tamponi”. A chiederlo è USIC, l’Unione Sindacale Carabinieri italiani che conta 5.000 iscritti tra i militari dell’Arma. L’Associazione sindacale, che al momento ha il maggior numero di carabinieri aderenti, da giorni è impegnata sul fronte del green pass per garantire ai colleghi che non si sono vaccinati la possibilità di recarsi sul posto di lavoro in sicurezza.
“Come sindacato abbiamo incontrato i rappresentanti di Federfarma per concordare un prezzo calmierato dei tamponi – spiega Antonio Tarallo, segretario generale USIC – La risposta purtroppo non è stata positiva. Per diminuire il costo del test, che è soggetto al prezzo imposto, occorre un provvedimento governativo. Per questo motivo chiediamo al governo un intervento in tal senso”.
USIC ricorda che “circa il 5% dei carabinieri, su un totale di 110mila, ha deciso di non vaccinarsi. Nonostante il numero di colleghi possa sembrare esiguo, l’assenza sul posto di lavoro di questa parte rischia di creare una riduzione dei servizi del 5% con un conseguente rischio per la sicurezza del Paese e dei cittadini”.
Ma non solo. Il segretario nazionale USIC evidenza anche come le informazioni siano ancora frammentarie: “Non si capisce, ad esempio, cosa accadrà se un carabiniere che alle ore 24 di un dato giorno, mentre svolge un turno 18/24, prolunga l’orario a seguito di un arresto che coincide con la scadenza del green pass. Potrà continuare a lavorare e compiere gli atti prodromici oppure dovrà essere obbligatoriamente mandato via facendo venire meno i suoi obblighi di polizia giudiziaria? Continuare a considerare i lavoratori del comparto sicurezza e difesa alla stregua di tutti gli altri dipendenti statali è un grave errore: il Governo deve tenerne conto e trovare le giuste soluzioni”.