I giapponesi se ne vanno. Si arrendono alla pandemia. Sembrano assai lontani i tempi e la tenacia del leggendario Hiroo Onoda, ricordato come “l’ultimo dei giapponesi” che non riconobbe la resa del 1945 nella seconda guerra mondiale e resistette nella giungla per altri trent’anni. Diciamo che Onoda non credette nella fine della guerra. E Mitsukoshi il gruppo giapponese, che ha deciso di “sbaraccare” da Roma, non crede nella ripresa dell’economia nel nostro Paese. E proprio quando qualcosa si sta finalmente muovendo.
I vaccini, i sostegni, le riaperture di ristoranti e alberghi fanno sperare che finalmente anche il turismo e di conseguenza anche il commercio possano tornare a crescere. Ma nella Capitale, Mitsukoshi, il grande magazzino storico di via Nazionale ha deciso di chiudere i battenti. Da quasi cinquant’anni meta di turisti. Grandi firme, abbigliamento, pelletteria, gioielli e tanto altro che in questi anni ha attirato soprattutto clienti stranieri. “Commesse gentili e disponibili, si legge in una delle tante recensioni del negozio.
Ecco, da sabato 10 luglio quelle commesse e tutti gli altri dipendenti della Mitsukoshi Roma rimarranno a spasso. Infatti da quella data, ormai prossima, si spegneranno per sempre le luminose vetrine accese per la prima volta all’angolo con via Torino nel 1975. Come si legge sul sito della stessa Mitukoshi. La decisione di chiudere la sede di Roma, è spiegato nel comunicato dell’azienda giapponese, sarebbe dovuta a “vari motivi, tra cui il nuovo Coronavirus”.
Una perdita importante per la proposta commerciale della città, un dramma vero per 46 dipendenti e per le loro famiglie. “Si tratta di un gesto incomprensibile che getterebbe nella disperazione i lavoratori, molti dei quali ultracinquantenni ma ancora lontani dalla pensione”. E’ l’allarme lanciato da Lucio Mazzei, della Fisascat-Cisl Roma Capitale e Rieti.
“La prossima settimana dovrebbe tenersi un incontro con l’azienda, a cui chiediamo di provvedere alla miglior tutela possibile nei confronti dei dipendenti, in un momento in cui le prospettive di ricollocamento nel settore commercio sono diventate remote a causa della pandemia. Non sarebbe accettabile se i lavoratori fossero lasciati a se stessi, proprio in un momento di riapertura dei confini nazionali e del commercio, momento ci saremmo aspettati di assistere a un rilancio, è stato oggetto di nostre precise proposte, e non alla chiusura e al conseguente licenziamento dei dipendenti”, prosegue Mazzei.
“Purtroppo non è la prima volta, in questi mesi, in cui assistiamo a un penoso disinvestimento da parte di realtà industriali solide, internazionali e produttive, che dovrebbe essere attenzionato da parte delle Istituzioni.
Richiamiamo queste aziende al dialogo e al rispetto dei lavoratori, in una parola alla riscoperta della responsabilità sociale di impresa e non lasceremo nulla di intentato e faremo il possibile per dare garanzie ai lavoratori”, conclude il sindacalista.