Toto-nomine in dirittura d’arrivo. Il 16 luglio si vota per il Presidente della Commissione europea. Salvo rinvio o colpi di scena. Per l’Italia si va verso un commissario di rilievo economico
Scongiurato, almeno per adesso, il rischio di una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo nei confronti dell’Italia, che resta sotto stretto monitoraggio dell’esecutivo comunitario, l’attenzione del governo è tornata a concentrarsi sul grande risiko delle nomine per il rinnovo dei vertici delle istituzioni europee: una partita già avviata ma, a ben vedere, ancora tutta da giocare.
I leader degli Stati membri, riuniti nel Consiglio europeo straordinario di inizio luglio, hanno infatti eletto unicamente il proprio Presidente – Charles Michel (Belgio) – per il mandato dicembre 2019/maggio 2022, mentre hanno potuto solo indicare, come previsto dai Trattati, i nomi proposti per occupare le altre caselle attualmente vacanti: Ursula von der Leyen (Germania) alla carica di Presidente della Commissione europea; Josep Borrell (Spagna) alla carica di Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune e Christine Lagarde (Francia) alla carica di Presidente della Banca centrale europea.
La sorte delle nomine dei magnifici quattro è però strettamente legata al voto su Ursula von der Leyen: l’eventuale bocciatura della sua candidatura, il prossimo 16 luglio, rischia infatti di far saltare l’intero pacchetto e gli equilibri che lo sostengono, con buona pace dei negoziati condotti faticosamente nelle ultime settimane dai Capi di Stato e di governo dell’Ue.
L’ultima parola spetta infatti agli eurodeputati che, dopo aver eletto David Sassoli come proprio Presidente, sono chiamati ora a votare, probabilmente già il prossimo martedì – salvo rinvii dell’ultimo minuto per motivi politici – la fiducia alla candidata tedesca designata dal Consiglio: la soglia salvezza è quella della maggioranza assoluta, cioè 376 voti (su 751 parlamentari), a fronte dei 444 eurodeputati che comporranno la prossima coalizione di governo dell’Unione: Popolari, socialisti e liberali. Ma l’esito della votazione non è scontato, soprattutto a fronte dei malumori crescenti tra una parte dei socialisti e il malcontento dei Verdi.
Se la von der Leyen, attualmente impegnata nelle consuete consultazioni con gli eurogruppi parlamentari, non dovesse riuscire a far convergere sul suo nome la maggioranza prescritta dei voti dell’Europarlamento, il Consiglio sarebbe costretto a proporre, entro un mese, un nuovo candidato, e a rimettere in discussione l’accordo politico che sorregge anche le altre candidature.
Una volta superato lo scoglio del voto, spetterà quindi al neo eletto presidente della Commissione Ue nominare i futuri commissari tra l’elenco di quelli designati, di comune accordo, con il Consiglio dei ministri dell’UE. Secondo quanto emerso dalle consultazioni di oggi, la tedesca von der Leyen avrebbe espressamente chiesto ai Governi degli Stati membri di proporre un uomo e una donna per il posto di commissario, sottolineando così un’attenzione particolare per l’equilibrio di genere che aveva già manifestato quando, da Ministra del lavoro, si era battuta per le quote rosa.
Per quanto riguarda il futuro commissario italiano, la linea del Governo sembra concorde nel chiedere un commissario “di alto rilievo economico”, probabilmente quello alla Concorrenza, oltre ad aspirare ad una vicepresidenza della Commissione. E, stando alle dichiarazioni del premier Conte, rilasciate al margine del Consiglio europeo, l’Italia avrebbe ottenuto una garanzia in tal senso.
D’altra parte, a prescindere dalle valutazioni sui singoli candidati in lizza, più o meno quotati tra quelli della Lega, per un posto a Bruxelles, quello alla concorrenza rappresenta senza dubbio un dossier strategico per l’Italia, che avrebbe l’occasione per richiamare l’attenzione dell’Europa intera sulle distorsioni del mercato unico che spesso penalizzano proprio il sistema produttivo italiano.
La rimozione degli ostacoli, ancora presenti a livello europeo, alla piena parità di condizioni per le imprese, come evidenziato anche nella recente relazione dell’Antitrust, favorirebbe non solo il nostro Paese, particolarmente colpito dal fenomeno della delocalizzazione e dal dumping fiscale, ma a trarne giovamento sarebbe l’intera economia unionale, che potrebbe fare affidamento su regole trasparenti.
Ma anche in questo caso, sarà fondamentale, per il futuro candidato italiano, riuscire a superare il fuoco incrociato degli altri Stati membri e il vaglio della commissione parlamentare competente a cui sarà sottoposto. E se, alla fine dei giochi, il “portafoglio” conquistato dovesse rientrare tra quelli di rilievo economico, l’Italia potrebbe tirare, a ragione, un sospiro di sollievo.