Il mantra mediatico è proprio questo: non esiste un obbligo vaccinale ma è necessario il vaccino per ottenere il “green pass”, il lasciapassare di questa guerra silenziosa che sta distruggendo l’economia spicciola dei piccoli e piccolissimi imprenditori ed il sistema nervoso di chi al momento non teme per il proprio tenore di vita, ma si aggira nella desertificazione economica, tra siti produttivi relitti e saracinesche chiuse. Un’angoscia strisciante che ha una sola luce il lasciapassare con QR code che sembra preludere ad una soluzione di questa crisi del genere umano.
Chi scrive non sostiene tesi contro i “NO VAX” e ne rispetta tutte le affaticate ricostruzioni giuridiche rispetto ai vari diritti violati dalla coercizione vaccinale. Si tratta di riferimenti giuridici tutti formalmente corretti; l’art. 32 della Costituzione, le varie statuizioni della Corte Costituzionale che hanno chiarito e ribadito la contrarietà del nostro quadro normativo ad un obbligo sic et simpliciter. Ma non esiste un divieto rigido e le stesse norme principio della nostra Costituzione, nel superiore interesse della salute pubblico rendono il vaccino necessario.
E dietro l’angolo c’è l’interpretazione estensiva della Corte EDU con la sentenza 116/21 che riconosce come “necessaria in una società democratica” la vaccinazione obbligatoria.
La pronuncia indica i criteri che la legislazione nazionale deve rispettare per essere conforme al principio di non ingerenza nella vita privata del singolo (art. 8 CEDU). In un momento storico nel quale sarà sempre più impellente la necessità di rendere obbligatori i vaccini contro il Covid, questa sentenza costituisce dunque per il legislatore una guida da seguire per una normativa che sappia salvaguardare l’equilibrio tra i diritti della sfera individuale e le necessità di tutela della salute pubblica.
Nella costante giurisprudenza della Corte EDU, la vaccinazione obbligatoria, rappresenta un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata, tutelata dall’articolo 8 della Convenzione . Pur tuttavia non ogni invasione è vietata. Il secondo paragrafo dell’art. 8 della Convenzione, infatti, permette di ritenere legittime certe interferenze purché rispettino rigorosamente determinati criteri.
Si legge nel secondo paragrafo dell’art. 8 CEDU:
“Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto” (al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza) “a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
La sentenza citata riguardava un obbligo vaccinale per i bambini nella Repubblica Ceca ma ha consentito alla Corte EDU di ribadire che è legittimo l’obbligo vaccinale se risponde a un “urgente bisogno sociale“, se le ragioni addotte dalle autorità nazionali per giustificarla sono “pertinenti e sufficienti” e se le misure sono proporzionate allo scopo legittimo perseguito.
Questa è la sottile linea di confine che supera ogni apprezzabile tesi libertaria no vax. Questo leggeremo nei prossimi anni quando la babele di ricorsi nazionali giungerà alla sede ultima che giudica secondo CEDU. E, quindi? Vale il buon senso e l’esperienza e la fiducia nel proprio medico.
E qual è questa esperienza, quella di chi scrive, per esempio, un soggetto obeso di 55 anni, il candidato perfetto per la rappresentazione tipo del paziente in terapia intensiva, pronato con l’adipe del ventre che alimenta l’infiammazione del Covid 19, sedato ed intubato nella speranza che i trombi negli alveoli polmonari non lo uccidano, ammesso che nella sospensione della sedazione si percepisca qualcosa, perché da intubato, l’unica traccia d’attività è quella degli strumenti della terapia intensiva.
Questo il racconto che qualcuno descrive come terrore mediatico è quello che accade e che è accaduto a tanti (le statistiche parlano di 128.000 casi). Chi scrive non è competente in medicina e nutre gli stessi dubbi dei “NO VAX”, ma ha il dovere di proteggere la propria vita e chi da quella vita dipende e di cercare di non occupare quel posto letto in terapia intensiva che potrebbe servire a qualcun altro, magari per una patologia diversa dal Covid 19 ed il vaccino è la sola speranza che offre la medicina.
Ai “NO VAX” si deve ribadire che se si sceglie di essere parte di una comunità si accetta una limitazione della libertà, se si è naturista si andrà nelle spiagge dedicate, perché la libertà di girare nudo non può limitare la libertà di chi coltiva un senso del pudore diverso. Il buon senso e la legge ci indicano la strada, c’è uno stato di necessità evidente ed è giusto imporre il vaccino per proteggere la collettività, liberi di non farlo, ma quella libertà impone delle limitazioni che sono legittime e non discriminatorie di per sé, perché la libertà dei “NO VAX” equivale alla libertà di non ammalarsi ed il diritto a vivere supera il diritto a non vaccinarsi.
Valgono ancor meno le motivazioni circa il sospetto di effetti collaterali del vaccino, tutti adottiamo uno stile di vita ben più pericoloso del vaccino, beviamo il caffè, un potenziale veleno a guardare le statistiche sugli inquinanti presenti, in capsula, poi, vanno aggiunti residui di plastiche od alluminio.
Mangiamo il pesce, le analisi più benevole evidenziano mercurio, metalli e plastiche; l’elenco è lungo ed è una certezza, verdure, carni, fino alla stessa acqua che beviamo e l’aria che respiriamo. Nessuno impone di respirare aria inquinata, bere acqua contaminata e mangiare cibi alterati eppure lo facciamo e, percentualmente, è condotta che comporta rischi percentualmente più alti della casistica negativa dei vaccini.