Strano ma non troppo, di recente le cronache politiche sono un susseguirsi ininterrotto di candidature mancate o ritirate a causa di improvvisi post che implacabilmente riemergono dal passato.
Senza entrare nel merito delle singole vicende, di maggior interesse è piuttosto la frequenza di questi veri e propri boomerang digitali che colpiscono senza pietà i candidati, a destra come a sinistra, grazie proprio all’imponente e disinvolto uso che si fa dei social, specie da parte delle giovani generazioni.
Risulta comunque difficile stabilire se l’odierna visibilità, derivante dalla moltiplicazione degli schermi, sia la causa o un semplice effetto di questi procurati incidenti; sta di fatto che l’opinione pubblica assiste costantemente agli scivoloni di una classe politica che nei social si esprime attraverso un costante sfogo di narcisismo, esibizionismo, imprudenza, leggerezza e volatilità.
In altre parole, occorre qui evidenziare che le piattaforme digitali sono naturalmente, a tutte le età e a tutti i livelli del potere, l’ideale palcoscenico dell’odierna politica italiana; ma soprattutto sono un luogo assai vulnerabile rispetto alle possibili, anzi praticamente certe, incursioni degli avversari.
Il punto cruciale della questione è che le tracce digitali non cadono “in prescrizione”, specialmente nel campo della politica per cui non vale affatto il diritto all’oblio. Così Twitter, insieme a tutti gli altri social media, si è trasformato ben presto in una mostra permanente degli scheletri presenti nell’armadio di chi ambisce a una qualsiasi carica elettiva e, proprio per questo, cerca di offrire alle folle una dignitosa immagine pubblica di sé stesso.
Insomma, nelle campagne politiche di oggi che avvengono specialmente sui social network, sembra infine avverarsi la tanto temuta profezia di Mark Zuckerberg sull’avvento della trasparenza assoluta e sulla fine dei misteriosi segreti della politica.