Una luce in fondo al tunnel in una vicenda finora surreale. E, comunque, “quella norma è scritta male”
di S.D.C.
L’ultima novità, quella della possibile “fiducia” sul testo attualmente al Senato, l’avremo – ufficialmente – soltanto in Aula con la relativa dichiarazione di un rappresentante del Governo. Ma sembra che per il Ddl Concorrenza s’intraveda finalmente una luce in fondo al tunnel, a più di due anni dall’approvazione in Consiglio dei Ministri.
Indiscrezioni che hanno trovato più di una conferma, al momento parlano di un via libera in questo senso in occasione della riunione a Palazzo Chigi di venerdì scorso su iniziativa, questa volta assai pressante, del responsabile Mise Carlo Calenda. Risultato: forse già martedì o mercoledì prossimi, quando dovrebbe iniziare la discussione del provvedimento nell’Assemblea di Palazzo Madama, la novità potrebbe effettivamente essere tale. Prima di allora, ci sarà sicuramente un chiarimento tra Governo e Parlamento. Assieme alla decisione, tuttora sul tavolo, se blindare subito un testo leggermente modificato con un maxi-emendamento oppure seguire la stessa strada passando per un ritorno in Commissione, come si pensava, del resto, già di fare. Una differenza che poco cambia a fronte di una vicenda legislativa finora quasi surreale.
Il Ddl approvato dal Consiglio dei Ministri il 20 febbraio 2015 e presentato alle Camere il successivo 3 aprile, notevolmente rivisto e depotenziato ma con il “nodo” mercato elettrico sempre al centro, era stato infatti licenziato a Montecitorio il 7 ottobre dello stesso anno e inviato al Senato dove, dopo quasi un altro anno, è stato approvato dalla Commissione Industria e trasmesso all’Aula. Qui è tuttora congelato.
Scontro di interessi, senza dubbio. E tra lobbisti di varia estrazione (energia, assicurazioni, farmacie, tassisti) pure. Per non dimenticare le frizioni all’interno della maggioranza. Ma il Legislatore ci ha messo anche del suo.
“Sul Ddl Concorrenza credo che il vero problema non sia stato tanto o solo quello delle pressioni dei diversi settori, ma di una norma scritta male e che su certi punti pure qualificanti (ad esempio, la fine della “tutela” elettrica) presta il fianco proprio al gioco dei lobbisti”, commentava soltanto pochi giorni fa, sconsolato, un navigato esperto politico-parlamentare. “Quindi le critiche hanno avuto gioco facile e la legge ristagna”.
Scritta male? “Esatto. Intendo una norma – spiega – che è un insieme di dettagli senza un disegno complessivo; e quando non c’è una ‘ratio’, a ogni dettaglio inserito ne corrisponde un altro dimenticato oppure omesso”. “Per non parlare della scrittura propriamente detta: 30 anni fa mi hanno insegnato che nelle leggi è sempre meglio evitare le date; basta scrivere xx giorni o anni dopo la data di entrata in vigore della presente legge… Così si evitano emendamenti ridicoli come quello di cui si parla adesso, che prevede un ulteriore slittamento di 6 mesi per la fine della ‘tutela’, che sarebbe poi il secondo, rispetto al 1° luglio 2018”.
Nel frattempo, il dibattito ha registrato tutto e il contrario di tutto. Tra gli estremi di chi, sulla questione fine del mercato elettrico tutelato, in particolare, propugna con forza la necessità di una marcia indietro e quanti spingono perché si faccia senza remore il salto verso la piena concorrenza. In mezzo, la scarsissima propensione dei consumatori a valutare offerte differenti e il loro giusto fastidio a rispondere agli arrembanti call center; oltre a numeri e cifre non sempre precise (ma comunque troppe) sulle convenienze tra mercato libero e non.
Insomma, una norma “scritta male” e un polverone surreale. Di sicuro c’è solo il business che, prima o poi, toccherà a qualcuno, non è affatto detto con benefici paralleli per tutti i consumatori, a meno che non si chiarisca meglio quantomeno il cosiddetto transitorio. Troppo insistere, ancora una volta, per una maggiore trasparenza normativa? A meno di un miracolo, se sarà fiducia, ormai risulta difficile si segua questa strada. Di sicuro, a questa storia non mancherà un’altra puntata.