Da una parte c’è il cavallo bianco, che è quel buon padre di famiglia che prova ad amministrare la polìs, l’Italia. Dall’altra parte c’è il cavallo nero, un condensato cromatico risultanza dell’inasprimento dei toni comunicativi degli ultimi giorni, e che trovano ragione in una causa ben chiara: l’avvicinarsi delle prossime elezioni politiche.
Il cavallo bianco è Mario Draghi, il cavallo nero sono i partiti. Manca, purtroppo, un platonico cocchiere capace di condurre i due equini verso un sereno e pacifico galoppare. Manca una sintesi, in questo momento.
Cosa stanno facendo i partiti
La retta della propaganda è progressiva ed ha la tendenza a crescere, quando si avvicinano le elezioni. Ma essa non tocca mai lo zero, i partiti sono sempre sull’attenti quando si tratta di far valere la propria voce per un tornaconto elettorale.
Chiamiamola, senza problemi, campagna elettorale permanente. Un termine partorito da Patrick Caddle – consigliere del Presidente Carter – e poi perfezionato da Sidney Blumenthal nell’omonimo libro The Permanent Campaign. Quest’ultimo, osservando la comunicazione del Presidente Reagan, ha notato come egli applicasse alla Casa Bianca “Le stesse tecniche adottate per arrivarci”.
La personalizzazione politica, il carattere ongoing dell’informazione e della comunicazione, la disintermediazione per mezzo dei social – arene dove ogni giorno, ogni ora si esprime il proprio gradimento politico – ha cristallizzato la tendenza permanente delle campagne elettorali. Si è sempre in competizione, finanche quando si è inquilini di governo. Quante volte lo abbiamo visto nell’essere del governo Draghi: tutti alleati, ma tutti divisi sui singoli temi.
Ma le politiche del 2023 sono un orizzonte imminente, dicevamo, motivo per cui i discorsi di cui sopra si stanno letteralmente accentuando. Per dirne una: Salvini si accoda alla Meloni, e non con gli alleati, per quanto concerne il green pass, ed alza un monito di “Basta limitazioni”. Un tentativo, evidentemente, di cooptare il suo elettorato di riferimento. Le prime coccole, in vista del ritorno alle urne. Su questa cosa, pare ammiccare anche il M5s.
Gli fa eco Berlusconi. E nel farlo, mette in guardia anche Draghi circa quello che sta succedendo: “Non bisogna drammatizzare le vicende parlamentari” come voler pretendere che i partiti, possano fare i partiti, e quindi giocare per l’ottenimento di preziose bandierine da spendere nella campagna elettorale che verrà. Ma che in realtà è già iniziata.
Cosa sta facendo Draghi
Il Premier, evidentemente meno avvezzo a certi meccanismi, sbotta e pretende maggior allineamento da parte degli alleati. Li ha addirittura messi alle strette ponendo la questione di fiducia sul decreto-legge relativo all’obbligo vaccinale per gli over 50. Della serie: o si tira dritto o si va tutti a casa. Ma a casa, come s’è visto nella parentesi quirinalizia, non vuole andarci nessuno. Tranne la Meloni, ovviamente, che quasi inizia a crederci: “Governo fino al 2023? Inizio a dubitare…”.
Insomma, i due cavalli vanno in direzione opposta, ed ognuno ha i suoi buoni motivi per farlo. Eppure, una convergenza, sulla questione di fiducia, andrà trovata. Cercasi un cocchiere platonico, un facilitatore, hegeliano maestro della sintesi. O più semplicemente: cercasi modalità per approdare, sani e salvi, verso la legislatura che verrà.