“Un ultimo sguardo commosso all’arredamento, e chi s’è visto s’è visto”. Questa è la frase finale di “Altrove”, un brano datato 2003, dell’eclettico e controverso Morgan. Forse è lo stesso sguardo che molti, troppi mesi fa, artisti, cantanti, attori, leoni del palcoscenico, tecnici audio e luci e operai hanno rivolto ad arene, stadi, auditorium e palazzetti prima del secondo e lungo stop allo spettacolo dal vivo.
L’Italia, paese di santi, poeti e … grandi concerti sta vivendo un digiuno di arte e di musica senza precedenti, che se da un lato mette in ginocchio protagonisti e lavoranti di un intero settore, dall’altro lascia un paese intero senza più le emozioni, la gioia di cantare sulle note del proprio cantante preferito, di aspettare trepidante l’accendersi delle luci.
Attenzione, sia ben chiaro. Se c’è un’emergenza sanitaria come quella delle proporzioni che stiamo vivendo, fermarsi è un dovere. Lo sa il pubblico e lo sanno gli artisti con i loro entourage. Tutti siamo certi che il ritorno alla normalità sarà bellissimo e che l’attesa e la lontananza ne saranno valse la pena.
Fa certamente discutere e provare anche un po di rabbia però, se pensiamo che mentre l’arte sacra della musica, del teatro, è inesorabilmente e tristemente ferma, relegata al massimo a degli spettacoli in streaming utili più a mantenere alto il morale che a rimpinguare gli scarni incassi di questi ultimi mesi, altri settori, dove probabilmente il giro di soldi fa più comodo che non si fermi sono pressoché andati avanti come se nulla fosse. Un esempio lampante, quello del calcio manovrato dalle pay-tv, dove risuona sempre più forte il vuoto cosmico degli spalti e le urla degli allenatori in panchina.
Eppure, così come i ristoratori, quest’estate il mondo dello spettacolo ha dato dimostrazione di sapersi adattare alla situazione attuale. Dagli artisti ai singoli Comuni che da luglio a settembre hanno proposto concerti e spettacoli teatrali hanno messo in piedi una macchina organizzativa straordinaria per far continuare la magia della musica (nel caso dei Comuni anche per dare un po di ossigeno al commercio locale) rispettando allo stesso tempo le regole e il periodo pandemico in corso.
Abbiamo assistito a file di spettatori perfettamente ordinate, a sedie segnate con croci e adesivi per evitare la vicinanza tra spettatori non congiunti, sparate di termoscanner e raffica di autodichiarazioni su provenienza e dati personali del pubblico, utili a rintracciare ogni spettatore in caso di focolai da COVID. Focolai che va detto, almeno agli occhi di chi vi scrive ed ha partecipato a numerosi eventi, non sono mai balzati alle cronache. Proprio così sicuri che concerti e prose teatrali, in quest’ultime certamente non si balla e non ci alza in piedi, siano così tanto responsabili di nuovi casi di contagio? Probabile, soprattutto se ci vai con i mezzi pubblici di Roma Capitale, nel nostro caso, o di qualsiasi altra grande città…
Non intendo ora certo dilungarmi in un elenco di cosa è stato fatto, ma soprattutto non fatto, dalle Istituzioni in favore di questa categoria, senza dubbio la più colpita dall’emergenza COVID. Sebbene questo giornale si chiami LabParlamento e si occupa prevalentemente di attività politica, il mio settore è quello della cultura, dello spettacolo, che a parole mie provo a raccontarvi.
Posso però dire cosa possiamo fare noi una volta che gireremo definitivamente pagina: diventiamo i primi finanziatori della musica e di ogni forma di spettacolo dal vivo. Quando si potranno rifare i concerti, acquistiamo i biglietti, compriamo musica originale, riempiamo i teatri, regaliamo agli amici, ai nostri cari biglietti per gli eventi, i film appena usciti andiamo a vederceli al cinema, senza attendere lo sbarco su Netflix o altre piattaforme.
Certo, non tutti potremo permetterci di farlo con regolarità. In molti non potevano farlo prima, figuriamoci ora che tutti hanno visto dimezzarsi o addirittura azzerare i propri stipendi tra chiusure e casse integrazioni mai arrivate. Ma chi può, sostenga il cinema o il teatro della propria città, si regali una serata di musica. È l’unico modo per ricominciare a dare, sempre sperando che a farlo siano gli Enti preposti, ossigeno ad un settore che per tanti anni di ossigeno ed emozioni ce ne ha donato tanto.
Ad oggi, mentre vi scrivo, non sappiamo ovviamente quando e in che modo torneremo ad emozionarci ai piedi di cantanti, musicisti e attori, sapientemente illuminati dai tecnici che sempre li accompagnano. Possiamo contare i giorni, sperare che questo maledetto COVID vada molto presto a sfumare, e che, abbandonate per sempre nel fondo di un cassetto le mascherine si possa tornare ad essere deliziati dal sorriso e dai volti di tanti Signori Artisti.