La Legge di Bilancio del 2018 ha rifinanziato il Fondo con altri 36 miliardi di euro, per un totale di circa 83 miliardi spalmati nel periodo 2018-2033. Alcuni soldi sono già stati impegnati nel post-Ponte Morandi ma serve un ampio piano di investimenti organici
di Ernesto Bonetti
Circa 83 miliardi di euro di investimenti da destinare a infrastrutture, trasporti, viabilità, edilizia pubblica sono ancora sostanzialmente fermi. Si tratta del Fondo Investimenti istituito dal governo Gentiloni con la Legge di Bilancio del 2017 e che dalla sua nascita ha avuto una vita piuttosto movimentata.
La Finanziaria dello scorso anno ha infatti previsto una dotazione iniziale di 46 miliardi di euro per la costituzione di uno strumento destinato a finanziare una serie di capitoli di spesa pubblica tra cui infrastrutture, trasporti, prevenzione dal rischio sismico, edilizia pubblica e scolastica, viabilità e mobilità sostenibile, difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche, riqualificazione delle periferie, rimozione delle barriere architettoniche, ricerca, attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni, informatizzazione dell’amministrazione giudiziaria.
La Legge di Bilancio del 2018 ha rifinanziato il Fondo con altri 36 miliardi di euro, per un totale di circa 83 miliardi spalmati nel periodo 2018-2033. Tuttavia la Regione Veneto ha impugnato il comma 140 della Legge di Bilancio del 2017 sostenendo che il Fondo avrebbe finanziato programmi che intervengono anche in settori che investono le competenze specifiche delle Regioni, senza prevedere alcun coinvolgimento delle Istituzioni territoriali interessate. La Corte Costituzionale con la sentenza pubblicata il 18 aprile ha giudicato illegittimo il comma 140 bloccando di fatto l’utilizzo del fondo.
Lo stallo giuridico in cui ci si è trovati, determinato dal solito problema relativo al Titolo V e alla definizione delle competenze di Stato centrale e istituzioni locali, è stato finalmente risolto prima della fine della precedente legislatura, in cui il comma della discordia è stato modificato, stabilendo che tutti i Dpcm (i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) di ripartizione del fondo dovranno essere adottati “previa intesa con gli enti territoriali interessati, ovvero in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano”.
Anche il Consiglio di Stato, il 14 giugno, ha infine espresso parere favorevole. Se dunque dal punto di vista legislativo si è riusciti a sciogliere la matassa, adesso sta al Governo dare atto ai progetti.
Metà del lavoro è stato fatto, dato che il riparto della gran parte delle risorse del Fondo è già avvenuto con il Dpcm del 21 luglio 2017. Alcuni soldi sono già stati impegnati nel post-Ponte Morandi, serve tuttavia un ampio piano di investimenti organici che possano portare ad un ammodernamento e messa in sicurezza dell’intera rete infrastrutturale italiana. Insomma, i soldi ci sono, ora si deve fare il passo successivo e decisivo: bisogna saperli usare bene.