Avete mai avuto a che fare con il Giudice di Pace? Una figura dai tratti mitologici, metà uomo, metà giudice, onorario, nella maggior parte dei casi un avvocato, chiamato a risolvere i contenziosi sia civili sia penali che i giudici ordinari non gestiscono più.
Per essere più concreti i Giudici di Pace amministrano in via esclusiva la sanzione di alcuni reati minori, il contenzioso civile di valore minore e, tra gli altri, anche i contenziosi avverso i decreti di espulsione emessi dal Prefetto. Ma i giudici onorari li trovate anche in Tribunale ed in Corte di Appello come componenti dei collegi giudicanti. Il loro numero è cresciuto negli anni e la mole di lavoro svolta è enorme, probabilmente senza la magistratura onoraria la paralisi della giustizia italiana sarebbe ancora più grave di quanto non è già oggi.
Eppure, questi giudici sono “trasparenti” per lo Stato, con gli obblighi del magistrato ordinario e senza alcun riconoscimento adeguato alla funzione, indispensabili, ma tenuti a distanza, precari, sempre in bilico tra promesse e vane aspettative. Emblematico il caso dei Giudici Ausiliari da applicare alle Corti d’Appello, 400, nominati con il cosiddetto “Decreto del Fare” sono stati al centro di una pronuncia della Corte costituzionale (Sent. 41/2021) sollecitata dalla Corte di Cassazione con ordinanza del dicembre 2019.
La Corte costituzionale, con la sentenza in questione, ha dichiarato incostituzionali gli articoli da 62 a 72 del DL n. 69/2013, convertito in legge con L. n. 98 del 9 agosto 2013, di fatto escludendo che i magistrati onorari potessero svolgere le funzioni di magistrato ausiliario presso la Corte di Appello. Fin qui nulla quaestio. La sentenza, però, si è spinta oltre, concedendo tempo al legislatore – fino al 31 ottobre 2025 – ed ammettendo, entro quella data, l’utilizzo dei giudici ausiliari in servizio presso le Corti di Appello.
La Corte costituzionale, quindi, afferma, da una parte, che tutti i Giudici Ausiliari di Corte di Appello sono incostituzionali e dall’altra, afferma che tali giudici possono essere tollerati. È evidente che la Corte costituzionale non è rimasta insensibile ai rumors circa l’indispensabilità degli stessi per smaltire l’arretrato ed ancor più al timore delle Corti di Appello di eccezioni di nullità di tutti i giudizi definiti con il Giudice Ausiliario relatore e/o componente del Collegio (un conteggio per difetto assomma a circa 17.000 procedimenti), moltissimi già eseguiti con prevedibili rivalse e risarcimenti.
Quindi al modico prezzo di circa duecento euro lordi a sentenza questi Giudici Ausiliari continueranno ad essere la stampella di un carico processuale ingestibile senza il loro aiuto. In tempi di promesse modifiche del processo e dell’amministrazione della giustizia tali stridenti contraddizioni possono trovare soluzione ed essere esse stesse la soluzione.
Invece di moltiplicare i riti e la burocrazia telematica, perché il processo telematico, anche grazie alle norme COVID, si è trasformato in una specie di parcheggio digitale tra rinvii e note scritte, forse si potrebbe intaccare la torre d’avorio della magistratura ordinaria, lasciandole il ruolo apicale delle impugnazioni e del giudizio di legittimità e garantire un ruolo ed una dignità professionale alla magistratura onoraria, delegandole gran parte del primo grado e per le competenze penali una legittimità a comporre e far parte di collegi giudicanti misti, composti da un Presidente magistrato ordinario e da componenti giudici ausiliari.
Garantire e prospettare ad un avvocato un periodo di astensione dall’attività professionale nel proprio distretto, con un compenso e garanzie adeguate al compito richiesto, non sembra cosa impossibile e ne gioverebbe la qualità del processo. Oggi, al contrario, si assiste ad una giustizia trascinata dal malessere di chi, svolgendo attività onoraria senza garanzie, si affanna a proseguire l’attività professionale per garantirsi un reddito.
La sentenza di cui sopra costituisce l’ammissione istituzionale del ruolo essenziale della magistratura onoraria nel processo italiano. Una riqualificazione della magistratura onoraria non è e non deve essere temuta dalla magistratura ordinaria che deve mantenere le proprie prerogative perché questo è l’interesse comune.
È anche vero, però, che il magistrato onorario, proprio perché sussiste un pari interesse comune alla professionalità e serenità di giudizio, non può essere un semplice cottimista della sentenza e deve, al pari di ogni servitore dello Stato, essere dignitosamente retribuito e socialmente assistito.
La stagione di riforme chiesta dall’Europa può avere già da subito una risposta in tema di giustizia proprio con l’immissione massiccia di magistrati onorari ed un adeguamento delle norme processuali, a costi sicuramente inferiori di quelli che sarebbero necessari per assumere e formare magistrati ordinari al di là del normale turn over generazionale.
Vi sono centinaia di avvocati formati da anni ed esperti in grado di assumere subito le funzioni di giudici. L’organizzazione della magistratura ordinaria potrebbe essere la chiave di volta del lentissimo processo italiano, magari inserendo proprio nel trattamento economico del magistrato onorario l’incentivo alla celere definizione dei giudizi.
Il tempo corre e la crisi economica rischia di allontanare dalla magistratura onoraria gli avvocati sempre più alle prese con la carestia professionale, spesso costretti a rinunciare all’incarico onorario troppo poco riconosciuto. Oggi un Giudice Ausiliario applicato ad una Corte di Appello deve pagarsi vitto, alloggio e trasferte ed impegnare ore in Camera di Consiglio ed altro tempo per lo studio degli atti e la redazione della sentenza. Un ghostwriter per € 200 lordi, pochissimo per decidere dei diritti di un altro cittadino.
La politica deve mostrare coraggio e mettere mano subito, non nel 2025, al ruolo della magistratura onoraria, l’occasione dei fondi europei è unica e può darci l’opportunità di prospettare, a chi imprende ed investe dall’estero, una giustizia professionalmente adeguata e veloce.