La provvidenziale pandemia ha anestetizzato le speculazioni finanziarie, occupando i titoli di prima pagina dei giornali. Da qualche giorno il malefico virus è scivolato in seconda pagina, lasciando gli onori della cronaca al caro bollette ed all’inflazione, vecchia conoscenza per noi pantere d’argento, fenomeno sconosciuto per la generazione del flat rate (dieci euro al mese ricaricabili per servizi in streaming, internet, telefono) che presto dovranno confrontarsi con aumenti sistematici delle tariffe flat impossibili da mantenere in una dinamica di crescita esponenziale dei costi.
Immaginate lo stress dei commerciali delle varie compagnie stretti dal CdA che chiede aumenti e volumi di vendita ed il consumatore spaventato che preferisce disdire. Il default seriale delle economie occidentali ed a seguire mondiale ed il collasso dei sistemi comincia ad essere l’incubo di chi prova a leggere i grafici ed i mercati, partendo dal debito pubblico monstre degli Stati Uniti che il 2 Febbraio ha toccato la cifra tonda di 30.000 miliardi di dollari, 7.000 dei quali frutto dei programmi di sostegno durante la pandemia.
Nel frattempo, la tipografia della zecca americana ha stampato dollari come se non ci fosse un domani immettendo 120 miliardi di dollari al mese di liquidità e l’inflazione oggi è al 7,5 %. Il rapporto deficit PIL tocca il 125 % (come durante l’ultima guerra mondiale) sempre meno del 165% dell’Italia che però non può contare né sulle manovre della FED (BCE è stremata dal sostenerci) né su dinamiche di produzioni industriali e flessibilità del lavoro, che nel medio periodo potranno portare il ciclo economico in territorio positivo e meno turbolento.
Non così per noi italiani sempre in attesa della manna promessa dei fondi per il PNRR. A noi non resta che allacciare le cinture e dare in pegno la catenina della comunione per pagare le bollette e fare la spesa (un litro di latte costa come un litro di benzina e continuano ad aumentare entrambe).
La pasta del marchio nazionale viaggia saldamente oltre i 2 Euro al chilo e con quel che costa il gas a metro cubo anche una pasta aglio e olio diventa un pasto gourmet, roba da ricchi.
Intanto il Governo fa quello che può, cioè niente, naviga a vista in attesa di una campagna elettorale di fine legislatura che se continua l’agonia economica, sarà ancor più vuota di contenuti e con i soliti attori che, oltre a ripetere le solite battute, si troveranno sempre meno spettatori (pronto a scommettere che sarebbe una fortuna avere un’affluenza del 40% alle prossime elezioni).
Andranno a votare i 3,5 mln di dipendenti pubblici e le loro famiglie ed i pensionati e vincerà il solito compromesso “nulla cambi purché’ resti il 27”. Gli altri staranno in fila al Monte di Pietà od all’Agenzia delle Entrate Riscossione cercando di rateizzare le rate.
Mai come nei prossimi mesi varrà il motto che costituiva il titolo di un grandissimo film di Lina Wertmuller “Io speriamo che me la cavo”, mentre allacciamo le cinture. Questa la certezza in Italia al netto delle tensioni economiche e geopolitiche mondiali, il cui precipitare porterebbe inevitabilmente ai titoli di coda l’Italia che verrebbe abbandonata al suo destino e ad un declino inesorabile.
Ovviamente lo scenario non è ineluttabile, ma occorrerebbe una vulcanizzazione della politica e della natura dell’essere italiani, semplicemente, guardando alla nostra storia ed immaginando un nuovo rinascimento che abbandoni l’ipocrisia del politicamente corretto che ci ha portato difendere l’indifendibile e cristallizzare posizioni di rendita, lasciando proliferare comportamenti irregolari e dannosi avversati a parole ma sostenuti dal lassismo solo per mandare avanti la baracca.
Un esempio: L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Lo Statuto dei lavoratori italiano è ancora oggi ammirato tra i giuslavoristi mondiali. Il processo civile italiano prevede un rito speciale a tutela del lavoro. Però il lavoro nero ha le percentuali più alte in Europa, i contratti collettivi nazionali vengono regolarmente aggirati, mediante il ricorso simulato a cooperative, i nostri ammortizzatori sociali hanno natura solo assistenziale e non impongono né formazione nè mobilità lavorativa obbligatoria per poter godere di sussidi, anzi abbiamo un reddito da divano più competitivo del salario e, francamente, chiamarlo di cittadinanza non declina alcuna pregio di welfare, piuttosto una caratteristica deteriore dell’essere cittadini in Italia (al netto dei frodatori del reddito di cittadinanza che la Guardia di Finanza stana ogni giorno), poco purché sia certo e non comporti fatica.
Sacrosanto non lasciare indietro chi proprio non può lavorare, ma per chi può deve essere una rete di sicurezza non un’alternativa al lavoro. Insomma, oltre Ventimiglia, Chiasso, Villa Opicina non esistono pasti gratis, sarebbe ora di darsi una svegliata e soprattutto una mossa.
E questo vale per il lavoro e per qualsiasi settore, adattando i ragionamenti. L’astronomia ci insegna che le stelle si spengono e se non cambiamo anche il nostro stellone italico rischia la stessa fine nei fatti.