Pochi giorni fa l’OCSE ha lanciato l’ennesimo allarme sulla stabilità psichica degli insegnanti e tutte le testate di settore ne hanno approfittato per riesumare studi italiani recenti, e più datati, perfettamente in linea coi dati europei. Sono quindi intervenuti alcuni sindacati (in testa Marcello Pacifico segretario di Anief) chiedendo misure adeguate in merito a necessari accorgimenti previdenziali a fronte del burnout dei docenti.
Essendo il sottoscritto l’autore degli studi (incluso quello del 2012 fatto col Conbs e quello sui suicidi nella categoria nell’ultimo decennio) mi si presenta l’occasione di restituire un po’ di ordine alla materia che ha spesso visto spiegazioni di fantasia (es. “la professione è divenuta usurante a causa dell’aumento di alunni irrispettosi e famiglie aggressive”).
L’usura psicofisica dipende principalmente dalla professione svolta e non dalle altre variabili esterne quali il sistema scolastico adottato, l’ordine di studi in cui si insegna, il genere del docente.
La professione dell’insegnante ha una peculiarità unica rispetto a tutte le altre: la tipologia del rapporto con l’utenza. Non esiste infatti altra professione in cui il rapporto con l’utenza – e per giunta la medesima utenza – avvenga in maniera così insistita, reiterata e protratta per tutti i giorni, più ore al giorno, 5 giorni alla settimana, 9 mesi all’anno, per cicli di 3/5 anni. In questa particolarissima e unica tipologia di rapporto con l’utenza, per di più, l’insegnante invecchia, mentre lo studente (col rinnovarsi dei cicli di studio) ringiovanisce: una sorta di “effetto Dorian Gray capovolto”. Si consideri poi la permanente asimmetria del rapporto medesimo che condizionerà l’insegnante, rendendolo poco propenso a sviluppare una relazione tra pari (soprattutto coi colleghi), per condividere e contrastare efficacemente il disagio mentale.
A dispetto di quanto sopra, la categoria è inopinatamente schiacciata da nefasti stereotipi e sopraffatta dal contestuale proliferare delle malattie professionali non riconosciute, né prevenute. Occorrono pertanto tempestivi interventi da attuare subito per porre rimedio a un’assenza istituzionale assordante che data dagli albori della scuola.
La realizzazione di uno studio epidemiologico retrospettivo sui vent’anni di attività del MEF (Ufficio III) è necessario per avere i dati reali di tutto il Paese sulle inidoneità all’insegnamento, ma il dicastero ha negato i dati agli stessi sindacati.
È altresì importante smettere di “giocare” coi termini anglofili. Il “burnout”, come pure il “work related stress” (Stress Lavoro Correlato) non sono patologie mediche e al massimo sono ritenute delle “condizioni” che non danno diritto ad alcun indennizzo.
Da bandire poi la somministrazione di complicati questionari anonimi, e non validati, volti a dimostrare da parte del singolo dirigente scolastico (tra l’altro in conflitto d’interessi se facente parte del Gruppo di Valutazione) che la scuola è esente da stress. La burocratizzazione della risposta all’usura psicofisica non fa altro che peggiorare la situazione. Non ha alcun senso cercare di dimostrare che la propria realtà scolastica è esente da un fenomeno universale: l’insegnamento è sempre e ovunque soggetto a usura psicofisica. La prevenzione deve essere fatta seguendo una precisa traccia di interventi sui docenti: riconoscimento ufficiale Malattie Professionali Insegnanti; presentazione sintomatologia e reazioni adattamento; ricorso ad accertamento medico in Collegio Medico di Verifica.
Va infine trattata la più delicata delle questioni: la riforma previdenziale. Dal 1992 al 2012 sono intervenute quattro riforme al buio (senza cioè conoscere la salute professionale della categoria, né le Malattie Professionali degli Insegnanti) e la situazione non ha fatto che precipitare passando da un estremo all’altro (dalle baby-pensioni ai 67 anni).
Proprio giovedì scorso ho avuto modo di parlarne col ministro Valditara anticipandogli che avrei messo a sua disposizione il 20.01.24 una nota operativa (qui di seguito) per tutelare la salute dei docenti. Mi auguro che se ne voglia servire, anche spronato dai sindacati.
TUTELA SALUTE DOCENTI: problema e soluzione
STATO DELL’ARTE. La categoria professionale degli insegnanti, schiacciata da nefasti stereotipi e costituita dall’83% di donne, non ha mai viste riconosciute ufficialmente dalle istituzioni le proprie MALATTIE PROFESSIONALI.
L’alta usura psicofisica della professione docente è documentata da sei macro-indicatori:
- è presente in tutti i Paesi a prescindere dal diverso sistema scolastico adottato;
- colpisce tutti i quattro ordini d’insegnamento in ugual misura;
- annulla le pur cospicue differenze tra i generi (2,5 F :1 M) nella predisposizione/suscettibilità alla ansia/depressione;
- dal 1992 al 2023 è in netta progressione l’incidenza delle diagnosi psichiatriche nelle inidoneità all’insegnamento (da 31% a 80%);
- comporta un rischio suicidario superiore alle altre categorie professionali nonostante il corpo docente sia quasi totalmente composto da donne (83%). Il dato è oltremodo allarmante e significativo poiché le statistiche sull’intera popolazione rivelano che il rapporto dei suicidi è di 4:1 a sfavore degli uomini. In Italia si registrano 10-12 suicidi di insegnanti all’anno;
- il rapporto tra patologie psichiatriche e disfonie nelle idoneità all’insegnamento è di 6:1
La situazione vede altresì una categoria schiacciata dai nefasti stereotipi sugli insegnanti e sopraffatta dal contestuale proliferare delle malattie professionali non riconosciute, né prevenute.
Dati altrettanto allarmanti si registrano per quanto concerne l’incidenza di neoplasie nella categoria. Il fenomeno è facilmente spiegabile dal prolungato stress cronico del docente che comporta il rilascio massiccio di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali.
AZIONI RISOLUTIVE COMPLEMENTARI E SINERGICHE:
- Riconoscere le reali malattie professionali degli insegnanti attraverso uno studio epidemiologico retrospettivo (ventennale) sulla base dei dati delle visite di inidoneità/inabilità nei Collegi Medici di Verifica (CMV). I suddetti dati sono in possesso dell’Ufficio III del Ministero Economia e Finanze (MEF) cui andranno richiesti. Dopo 20 anni la gestione delle CMV è passata all’INPS dal 1° giugno.
- Formazione docenti e DS, sui rischi professionali per la salute, sulla prevenzione (in modo da favorire anche l’uniformità dei Documenti Valutazione Rischio tra le scuole), sugli strumenti a tutela dei docenti (es. ricorso all’accertamento medico in CMV-INPS).
- Formazione dirigenti scolastici (DS): sulle incombenze medico-legali con particolare riguardo all’accertamento medico d’ufficio, la stesura della relazione ex art.15 DPR 461/01 e il ricorso alla sospensione cautelare ex art.6 DPR 171/11.
- Creazione di uno “Sportello medico-legale” di supporto (USR o MIM) ai DS per affrontare le tante incombenze medico-legali.
- Restituire ai DS la piena responsabilità nella tutela dell’utenza evitando il problematico ingresso/interferenza della Autorità Giudiziaria nella scuola (nido, infanzia, primaria) nei casi di Presunti Maltrattamenti a Scuola.
- Politiche previdenziali operate in base a condizione di salute professionale docenti.
NB I punti I, II, III, IV e V sono potenzialmente operativi e realizzabili entro un tempo ragionevole di 12 mesi. La formazione può essere realizzata attraverso la piattaforma ministeriale SOFIA.