In questi giorni si palesa all’orizzonte l’ennesima riforma del processo civile, promessa all’Europa per accedere ai fondi post pandemia. Troppe riforme hanno portato il processo civile ad una paralisi indegna di una società civile con costi di contributi unificati (le vecchie marche da bollo) che per un contenzioso immobiliare superano 7.000 euro per i tre gradi di giudizio, oltre onorari di avvocato e costi di registrazione (3%) dell’importo stabilito in sentenza.
Un processo per ricchi al quale si sono aggiunti i costi di mediazione obbligatoria, riforma mai definitivamente metabolizzata dal sistema ed erroneamente ritenuta una panacea per la riduzione del contenzioso. Oggi il legislatore può essere tentato all’ennesimo maquillage, tanto per dare il contentino all’Europa, con interventi sulla competenza del Giudice di Pace, ampliandola, incentivando la mediazione, l’ennesima stretta ad appello e ricorso per Cassazione, piccole modifiche al processo di esecuzione, il tutto condito con la solita spolverata di apparenti vantaggi fiscali.
Probabilmente il trucco e parrucco del Codice di Procedura Civile servirà a soddisfare l’Europa, ma non porterà, né lo smaltimento dell’arretrato, né una concreta accelerazione del processo, anzi il probabile ulteriore aumento dei costi per i promessi vantaggi fiscali. Immaginare una riforma del processo senza un intervento sul Codice civile e sulle leggi che regolano la vita dei cittadini è esercizio che può portare ridotti benefici.
La legge sul divorzio, pur rimaneggiata, è del 1970, così lo Statuto dei lavoratori del 1970, entrambe figlie della spallata sessantottina. Per la legge che regola la crisi familiare si dovrebbe eliminare la fase della separazione per introdurre un unico procedimento di divorzio; ciò ridurrebbe del 50 % il contenzioso dei coniugi e ci avvicinerebbe agli altri paesi, non solo europei.
La riduzione della possibilità di contenzioso ridurrebbe il contenzioso stesso, disincentivando la litigiosità. In materia di lavoro subordinato, lo Statuto dei lavoratori è un caposaldo internazionale, ma ha 50 anni ed il lavoro è cambiato e appare opportuno armonizzare le norme sostanziali ed i contratti collettivi, riportando così il processo del lavoro all’oralità, riducendo gli scritti ai soli atti introduttivi.
Non solo telematica, ma più oralità, meno istruttoria dilatoria. Depositare quaranta pagine digitali ad ogni passaggio istruttorio o adempimento procedurale allevia solo il lavoro delle cancellerie ed il peso degli archivi fisici, ma non incide sulla velocità del processo. Non è un caso che dopo l’introduzione del telematico, oggi esteso al giudizio in Cassazione, i tempi dei giudizi si sono allungati e non ridotti. La telematica, allo stato attuale, non incide sulla velocità del processo, ha ridotto alcuni costi ma non per il cittadino utente.
Un processo per lo più svolto oralmente, con la riduzione degli scritti e la telematica anche per celebrare i processi a distanza, potrebbe ridurre i tempi processuali ed i costi. L’intervento non dovrebbe limitarsi alla fase decisoria ma dovrebbe estendersi all’esecuzione, oggi troppo frammentata.
Eliminare la formula esecutiva, la sottoscrizione del giudice deve essere già esecutiva. Eliminare l’atto di precetto, includendolo nel pignoramento, creare un unico procedimento di opposizione, anche qui limitando gli scritti agli atti introduttivi e da definire in unica udienza con trattazione orale.
Ma si può osare, sempre con un intervento armonico sia sulle norme sostanziali sia su quelle processuali andando a disciplinare le cause relative al recupero di crediti relativi a forniture, appalti e somministrazione di servizi.
Ciò sarebbe possibile introducendo l’obbligo per chi propone opposizione ad ingiunzione di pagamento di versare in Tribunale l’importo oggetto di contestazione, garantendo, in caso di rigetto dell’opposizione, l’immediato pagamento del creditore, disincentivando le opposizioni strumentali.
Si potrebbe anche incidere sulle norme che regolano la lite temeraria, introducendo una reprimenda concreta ed estremamente onerosa per chi resiste od agisce in giudizio strumentalmente contando sui tempi lunghi della giustizia. Una giustizia più celere non è necessariamente sommaria, ma porta vantaggi immediati rendendo competitivo il nostro paese anche per gli eventuali investimenti di imprenditori stranieri.