Il ritorno di Renato Brunetta, come era prevedibile, ha portato al Ministero della Pubblica Amministrazione una ipermotricità. In primo luogo perché conosceva già struttura e “materia”, risparmiando così di dover impiegare mesi se non anni (Bongiorno e Dadone docet), per entrare in argomento con una minima cognizione di causa, in secondo luogo perché è nelle corde del personaggio.
E così, appena ripreso il timone di Corso Vittorio Emanuele, ha “spiegato” le vele partendo in quarta a “spiegare” di essersi sbagliato a giudicare i dipendenti pubblici come inguaribili fannulloni. In realtà, riconosce oggi il Ministro che la P.A. è piena di professionalità eccellenti che devono essere valorizzate, motivate, formate, a cui occorre ridare l’orgoglio e l’onore di far parte della pubblica amministrazione, anche reintroducendo il giuramento.
E’ lusingante che Renato Brunetta abbia improntato il suo révirement su quanto la sottoscritta ha da decenni sostenuto nei vecchi cari convegni in presenza e sulla stampa, trattandosi delle medesime parole, ragionamenti e auspici da me espressi. Il Ministro ha però riconosciuto che i nefasti blocchi delle assunzioni e delle retribuzioni durate un decennio – cioè una intera generazione – hanno determinato nevralgie da curare: la P.A. è sotto organico, troppo vecchia, insufficientemente digitalizzata, mal pagata, poco formata.
Al via, dunque, la prima “cura”: ricambio generazionale e concorsi pubblici, al grido di superiamo il blocco del turnover, riqualifichiamo e ringiovaniamo il personale, investiamo in tecnologie. Somministrazione: varo del decreto-legge n. 44/2021, che si propone di sbloccare i concorsi rimasti fermi anche a causa della crisi pandemica, di digitalizzare e semplificare le procedure, di valorizzare le competenze. Posologia: velocizzare i tempi di realizzazione delle selezioni, intensificando la frequenza dei bandi sino a due o tre concorsi l’anno per ogni amministrazione.
Controindicazioni: sulle competenze è stata introdotta la valutazione preliminare dei titoli legalmente riconosciuti per l’ammissione alle prove successive e la possibilità di prevedere nei bandi che i titoli e l’esperienza professionale concorrano alla formazione del punteggio finale. Proprio questo art. 10 ha suscitato ampie proteste nei giovani, preoccupati che titoli ed esperienza professionale vadano a scapito dell’età, penalizzandoli ai nastri di partenza. Si vedrà cosa uscirà dalla conversione in legge del decreto.
Al netto delle controindicazioni, di certo la cura va nel verso giusto: se la P.A. non è più costantemente aggiornata occorre formarla e riqualificarla; se la P.A. ha organici carenti e vecchi occorre immettere molte forze nuove e giovani.