La cronaca quotidiana registra l’elevato mismatch tra domanda e offerta di lavoro: mancano i lavoratori qualificati che soddisfino i requisiti ricercati dalle imprese – difficile reperire il 38,3% dei candidati (dati Anpal-Unioncamere) – in un mercato del lavoro ormai sempre più transizionale, determinato quindi dalla transizione di ogni lavoratore da una competenza all’altra, a volte anche nel corso del medesimo rapporto di lavoro.
Segnali di complessità già intuiti e affrontati dal professore Marco Biagi e che sono stati, a vent’anni dalla sua morte, al centro dell’incontro “Le nuove sfide del mercato del lavoro tra esigenze di flessibilità e valorizzazione delle professionalità: quali prospettive?”, organizzato da FederTerziario e che si è tenuto il 26 maggio presso il Parlamentino del CNEL. La Tavola rotonda ha evidenziato il ruolo strategico dei corpi intermedi nell’ambito delle politiche attive del lavoro per far crescere professionalmente le persone occupate.
“Parlare delle nuove sfide del mercato del lavoro è molto importante in considerazione del particolare momento in cui ci troviamo – ha spiegato in apertura dei lavori Pasqualino Albi, docente universitario ed esperto giuridico del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Andrea Orlando –. Ritengo che al centro della sfida vi debba essere il dialogo tra pubblici poteri e parti sociali e che il metodo del dialogo sia una sorta di punto centrale della stessa regolazione. Il metodo coincide con il merito e, nell’esperienza recente del Ministero del Lavoro, questo si può notare in riferimento ad una molteplicità di temi: dagli ammortizzatori sociali alle politiche attive passando per il lavoro agile. Il metodo del dialogo sociale è molto caro al ministro del Lavoro e nel ragionamento che si conduce sulle riforme il metodo che si introduce è il motore pulsante della stessa azione riformatrice perché l’individuazione dei principi generali di una riforma passa dal confronto con i protagonisti, che quelle regole vivono nella quotidianità, e con le rappresentanze degli interessi”.
“Il CNEL per le sue prerogative e attribuzioni costituzionali – aggiunge Mauro Nori, segretario generale – può avere un ruolo di facilitatore nell’esercizio dell’azione esecutiva. Il governo può trovare un valido supporto tecnico per la redazione dei decreti attuativi nelle numerose competenze presenti all’interno del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro”.
A tenere le fila della Tavola rotonda, introdotta da Alessandro Franco, segretario generale di FederTerziario, è il volume “Il modo di Biagi. Dizionario della modernità del lavoro” scritto da Maurizio Sacconi, già Ministro del Lavoro, presente all’incontro. “Biagi aveva compreso – ha sottolineato Franco nel corso del suo intervento – che lavoratori e imprese necessitano di misure nuove rispetto al mercato statico di 30 o 40 anni fa, quando il passaggio da un’occupazione ad un’altra rappresentava un’eccezione alla regola perché oggi, al contrario, occorre accompagnare il lavoratore in tutto l’arco di vita lavorativa, al fine di implementarne le competenze e facilitarne l’occupabilità”.
E proprio per operare in questa direzione il professore bolognese aveva lavorato su concetti quanto mai in anticipo sui tempi come il lavoro agile oppure il lavoro per obiettivi, quindi sganciato dai tradizionali concetti di tempo, spazio e orario. “Propugnava, da uomo profondamente cattolico, la centralità della persona – sottolinea Maurizio Sacconi, già Ministro del lavoro -, e quindi anche la centralità dell’impresa, chiamata a essere punto di riferimento per la costruzione di percorsi formativi in grado di accompagnare le persone e dare loro strumenti idonei per poter passare da una competenza a un’altra. Marco era un convinto sostenitore della coniugazione tra flessibilità e sicurezza, non in astratto ma nel concreto del tempo in cui ha vissuto, con un’intuizione straordinaria dei cambiamenti che sarebbero poi intervenuti e, di qui, l’attualità assoluta del suo pensiero ancora oggi scandaloso ma in quanto scandaloso utile, come spesso accade nella storia.”
Il dibattito partendo dalla classica distinzione tra flessibilità e protezione l’ha reinterpretata “focalizzando l’attenzione sul cambiamento del mercato del lavoro – evidenzia Enrico Tezza, moderatore dell’evento e policy advisor ILO Torino– e sul relativo impatto giuridico (diritto del lavoro) e sociale (professionalità), una rilettura che oltrepassa la tradizionale opposizione tra tutele dei lavoratori e diritti degli imprenditori proponendo una prospettiva multidisciplinare centrata sullo sviluppo sostenibile”. E in questo sviluppo serve appunto puntare su imprese e lavoratori per potenziare quegli strumenti necessari alla formazione. Le imprese, infatti, s’impegnano pochissimo – solo una su cinque investe in formazione obbligatoria (Istat) – e anche i potenziali lavoratori registrano numeri che sono ai margini d’Europa: in Italia solo il 20,1% della popolazione (di 25-64 anni) possiede una laurea contro il 32,8% nell’Ue. E la situazione del Mezzogiorno è decisamente peggiore rispetto alla media nazionale.
In questo quadro FederTerziario si interroga sulle modalità per avvicinare i lavoratori alle esigenze delle imprese, soprattutto delle piccole che costituiscono il 79,5% del tessuto produttivo italiano (dati Istat, censimento delle imprese), considerando in particolare modo i giovani. In questa proposta proprio i corpi intermedi diventano la chiave di volta per costruire un ponte che deve svilupparsi attraverso una formazione costante e adeguata ai tempi e con la partecipazione di tutti i soggetti, incluse le istituzioni pubbliche. Un esempio di partenariato pubblico-privato di successo è tuttora in corso: FederTerziario e il gruppo altoatesino degli albergatori HGV hanno concluso, da qualche mese, un accordo che condurrà i primi 80 studenti dei corsi di formazione degli enti siciliani accreditati con FederTerziario Scuola a passare un’estate a formarsi e a lavorare in Südtirol. È stata coinvolta anche la Regione Siciliana che ha già stanziato i fondi per la mobilità.
Nella dinamica di accompagnamento da una competenza all’altra s’inserisce sullo sfondo “quel passaggio da anni auspicato – ribadisce Francesco Verbaro, presidente Centro Studi FederTerziario – da una prevalenza di politiche passive, caratterizzate da diverse forme di sostegno al reddito, a politiche attive volte a rafforzare l’occupabilità del lavoratore”.
Intanto, lo dicono i dati Istat, a causa delle varie emergenze, i lavoratori a termine sono più 3,1 milioni (marzo 2021-2022) anche se già nel marzo 2022, i nuovi occupati, rispetto a febbraio 2022, sono stati principalmente a tempo indeterminato con un aumento di 103 mila unità, seguiti da occupazione a termine con un aumento di 19 mila unità. “Ciò ci fa capire come il problema non sia la disponibilità di tipologie di lavoro flessibili – spiega Dario Montanaro, presidente ANCL – ma creare delle basi sistemiche per il rilancio dell’economia”.
E ripartire da qui significa anche ricominciare nel nome di Biagi che “in un’epoca lontana dal web 2.0, dall’Internet of Thing e dall’Intelligenza Artificiale – aggiunge Andrea Cozzolino, eurodeputato relatore FESR e Politica di Coesione 2021-2027 – aveva intuito che stava emergendo un momento in cui i lavoratori dovevano riacquistare un’identità, un volto, e, per contro, le imprese una originalità che le distingue le une dalle altre”. Una profonda cultura europea, quella del giuslavorista, che “anticipava la strategia FLEXICURITY che, appunto, coniuga due pilastri dell’idea di Biagi come la flessibilità e l’agilità coniugate con la sicurezza sul e del mercato del lavoro”.
“Un innovatore capace di leggere i cambiamenti in atto senza ideologia – conclude Nicola Patrizi, Presidente FederTerziario–. I corpi intermedi come il nostro possono leggere i cambiamenti in atto nella logica di individuare nuove soluzioni e prevenire problematiche e contrasti”.