*A cura dell’avvocato Alessandro Ciancamerla
È di questi giorni la notizia della brutta disavventura accaduta al signor Ennio, pensionato ottantaseienne di Roma, che al ritorno da un breve ricovero ospedaliero ha trovato la propria abitazione occupata da degli abusivi. Questi ultimi, approfittando dell’assenza del legittimo titolare si erano introdotti in casa cambiandone la serratura.
La naturale reazione ad una notizia del genere è di estremo disappunto per un’ingiustizia tanto evidente quanto surreale. Uno Stato, civile e democratico, infatti, dovrebbe in primo luogo difendere e tutelare la proprietà privata ed il diritto di abitazione soprattutto in riferimento a quei soggetti naturalmente più fragili e con meno possibilità di difesa dai soprusi.
Purtroppo, attualmente esistono delle lacune normative che, combinate con le ormai ben note lungaggini processuali e burocratiche, creano queste situazioni da ritenersi, a ragione, delle vere e proprie aberrazioni giuridiche e sociali.
Infatti, ad oggi, se il signor Ennio è riuscito fortunatamente a rientrare nella propria abitazione nel giro di pochi giorni, la realtà ordinaria è ben diversa: un privato cittadino, proprietario o legittimo assegnatario, che voglia rientrare in possesso di un immobile detenuto da altro soggetto privo di titolo (ad esempio senza contratto di locazione) deve necessariamente passare per una procedura giudiziaria a volte lunga ed economicamente dispendiosa.
Non è sufficiente denunciare l’occupazione abusiva alle Forze dell’Ordine a cui, attualmente, è riservato solo un potere accertativo. Queste ultime non possono, cioè, far altro che verificare che all’interno dell’immobile si è insediato un soggetto non autorizzato e denunciarlo per occupazione abusiva.
Non possono autonomamente sgomberarlo e riconsegnare l’immobile al legittimo proprietario se prima non interviene un provvedimento del giudice che li autorizzi in tal senso. Tra le maglie di questo formalismo, sicuramente in origine pensato per tutelare gli inquilini da eventuali azioni sconsiderate dei proprietari, oggi sembrano sguazzare tutti coloro i quali vogliono vivere contra legem a danno dei proprietari degli immobili, godendo consapevolmente di una sorta di impunità anche economica fornita da un sistema eccessivamente garantista.
Le ripercussioni negative sono ovvie e tutte a carico dei proprietari, i quali non solo non posso rientrare in possesso dei propri beni in tempi ragionevoli, ma devono anche subire un danno economico molto spesso ingente; il legittimo proprietario, infatti, oltre a non poter godere dell’immobile o percepire i canoni di locazione che difficilmente riuscirà a recuperare, dovrà anche farsi carico di tutte le spese procedurali necessarie per la liberazione della proprietà.
Inoltre, se si pensa di poter agire diversamente, magari estromettendo l’occupante abusivo con il cambio della serratura di accesso, si deve tenere presente che una tale condotta è considerata dal nostro ordinamento come illecito penale, si incorrerebbe, infatti, nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
In questo caso, oltre il danno la beffa, chi pone in essere siffatta condotta rischia di subire a sua volta un procedimento giudiziario. Questo stato di immediata impotenza rende ancora più frustrante una situazione che già di per sé viene percepita come odiosa ed ingiusta.
Per porre rimedio ad una evidente carenza normativa e procedimentale sarebbe sufficiente imporre all’autorità giudiziaria di intervenire tempestivamente con la previsione di un giudizio abbreviato e a formalità ridotta come avviene per i decreti ingiuntivi: il proprietario spogliato dell’immobile avvia un procedimento sommario con ricorso inaudita altera parte (cioè senza l’intervento in questa prima fase della controparte/occupante senza titolo).
Il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, emette il provvedimento di rilascio dell’immobile che deve essere notificato presso l’immobile all’occupante abusivo; quest’ultimo a questo punto avrà 30 giorni per proporre opposizione con fissazione della prima udienza a dieci giorni dalla proposizione dell’opposizione; in questa sede il giudice, valutata l’opposizione senza formalità, deciderà se confermare il provvedimento di rilascio oppure se revocarlo.
In questo secondo caso chi ha proposto il ricorso verrà condannato al risarcimento del danno, ma se dovesse essere invece confermato il provvedimento di rilascio allora il proprietario potrà recarsi immediatamente e senza ulteriori passaggi burocratici presso l’immobile con un pubblico ufficiale per estromettere fisicamente l’occupante dal possesso del bene.
Così facendo nell’arco di 50 giorni il proprietario avrebbe modo di vedere effettivamente tutelato il proprio diritto, senza aggravio eccessivo di spese a proprio danno. Per questo intervento sarebbe sufficiente una semplice modifica al codice di procedura civile.
Quanto sopra è solo un’idea di soluzione normativa per una problematica attualissima e che di certo non può rimanere ancorata alla attuale farraginosa procedura giudiziaria.
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