L’impatto di Industria 4.0 e rivoluzione digitale secondo l’analisi di Confartigianato
La rivoluzione digitale e gli incentivi contenuti nel piano Industria 4.0 spingono il mercato del lavoro: secondo una rilevazione di Confartigianato, infatti, da settembre le imprese prevedono circa 117.560 assunzioni di personale tecnico, con titoli di studio legati all’innovazione tecnologica.
In particolare, secondo la rilevazione, gli imprenditori sono a caccia di 32.570 diplomati in meccanica, meccatronica ed energia e di 13.350 diplomati in elettronica ed elettrotecnica. Possibilità anche per chi è in possesso della qualifica o del diploma professionale a 4 anni in meccanica, ambito in cui si prevedono 34.940 assunzioni, cui si somma la richiesta di 9.840 ingegneri elettronici e 8.550 ingegneri industriali.
Questa tendenza è confermata anche da recenti rilevazioni di alcune associazioni di categoria che evidenziano una crescita per tutto il settore della meccanica, dall’impiantistica alle macchine utensili alla cosiddetta “meccanica varia”, crescita che però tocca l’apice nel settore dei robot, dove le commesse interne sono aumentate del 20% da gennaio a marzo, e del 28,5% nel secondo trimestre dell’anno in corso. Infatti secondo i numeri recentemente diffusi da Federmacchine la produzione globale del “comparto robot” dovrebbe arrivare a valere 44 miliardi di euro solo per la domanda interna, segnando un +6,8% mentre la Federazione Anima prevede, nel settore della meccanica viaria, una crescita della produzione pari al +3,7%.
L’offerta – che stando ai dati risulta in crescita – fa però molta fatica ad incontrare la domanda. Secondo Confartigianato infatti le imprese devono fare i conti con la difficoltà a trovare la manodopera necessaria: tra le professioni più richieste e con maggiore difficoltà di reperimento ci sono gli addetti all’installazione di macchine utensili (introvabili per il 64% delle assunzioni previste) e gli addetti alla gestione di macchinari a controllo numerico (manca all’appello il 58% del personale necessario alle imprese). Problemi anche a reperire operai nelle attività metalmeccaniche ed elettromeccaniche (pari al 43% del totale di questa qualifica richiesta dalle imprese) tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione (39%).
Se si volge lo sguardo all’intero settore ICT questa tendenza è confermata dai dati contenuti nella terza edizione dell’Osservatorio delle Competenze Digitali, condotto dalle principali associazioni ICT AICA, Assinform, Assintel e Assinter Italia.
La domanda di professioni ICT è in costante aumento, nell’ultimo triennio sono stati 175.000 gli annunci di lavoro su web e ogni anno la richiesta di professioni ICT cresce mediamente del 26%, con picchi del 90% per le nuove professioni legate alla trasformazione digitale come i business analyst e i gli specialisti dei Big Data. Siamo però un Paese con una forte spinta all’economia digitale ma che fatica a crearsi le competenze necessarie a supportarla: la stima è che nel triennio 2016-2018 si potrebbero creare 85.000 nuovi posti di lavoro che richiedono specializzazione in ICT. Per queste posizioni il mercato richiede il 62% di laureati e il 38% di diplomati, ma ad esempio il nostro sistema formativo propone troppi diplomati (8.400 in eccesso) e troppo pochi laureati in percorsi ICT (deficit di 4.400). La buona notizia è che le immatricolazioni in facoltà dell’area ICT crescono di anno in anno, sono 26.000 nell’attuale anno accademico segnando un +11% rispetto a quello precedente.
I dati forniti da diverse realtà che operano in questo settore sembrano quindi andare in una direzione univoca e se i numeri indicano una progressiva crescita, questo non significa che i problemi siano alle spalle. In tema di recupero della produttività, di ammodernamento del mercato del lavoro, di creazione di nuove competenze e nuovi percorsi di formazione, c’è ancora molta strada da percorrere.