Ultimatum della Commissione Ue, due mesi per adottare provvedimenti immediati. Rischio maxi-multa
È proprio il caso di dirlo: per l’Italia tira una gran brutta aria.
La Commissione europea ha infatti aperto ufficialmente nei confronti del nostro Paese la seconda ed ultima fase della procedura di infrazione – iniziata nel lontano 2014 – per il superamento, in diverse città italiane, del limite dei valori massimi ammessi di particolato o Pm10, una sostanza altamente inquinante per l’ambiente e assai dannosa per la salute umana.
Una violazione della normativa europea, quella sulla qualità dell’aria, che va avanti ormai da 7 anni, e che sembra avviarsi pericolosamente verso il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia di Lussemburgo, con annesso rischio di una maxi multa milionaria.
Non è certo la prima volta che l’Italia rischia grosso per non aver rispettato le norme comunitarie in materia ambientale: è stata già condannata per il superamento di Pm10 dalla Corte di Giustizia europea nel 2012 per il mancato rispetto della Direttiva Ue sulla qualità dell’aria e attualmente risulta avviata, sempre nei confronti del nostro Paese, un’altra procedura di infrazione per il superamento questa volta dei limiti di biossido di azoto.
La maggior parte di queste emissioni inquinanti provengono dal traffico stradale e non è certo un caso che il nostro Paese è, nel panorama europeo, quello con il più alto numero di morti premature per inquinamento da ozono e si classifica al secondo posto per quelle legate alle polveri sottili, con circa 3.400 vittime all’anno.
Questo triste primato è strettamente collegato al fallimento della politica comunitaria portata avanti dagli Stati della Ue in questi ultimi anni per contenere le emissioni inquinanti nel settore automobilistico e che ha portato, come diretta conseguenza, all’esplosione dello scandalo dieselgate.
Eppure, nonostante gli ultimatum della Commissione europea e il pericolo di una multa milionaria, l’Italia non sembra aver preso realmente coscienza dei rischi concreti per la salute pubblica, limitandosi ad interventi spot e parziali per tentare di abbattere le emissioni, né sembra aver attuato una strategia nazionale complessiva di riduzione dell’inquinamento.
Basti pensare che, stando ai dati forniti dal Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio, delle 69 procedure di infrazione a carico del nostro Paese, ben 16 sono state aperte per violazione di norme europee in materia ambientale.
Restano solo due mesi dunque prima che l’Europa possa presentare il suo conto da 1 miliardo di euro. A quel punto, se il termine non venisse rispettato e l’Italia non adottasse tutte le misure urgenti ritenute necessarie dalla Ue, il rischio è che si potrebbero amplificare le tensioni già aperte tra Europa e Italia sui conti pubblici per debito eccessivo, un altro nodo da sciogliere non solo in termini di bilancio ma anche di posizionamento del nostro Paese in sede europea.