di Paolo Falliro
Prendiamo atto che la Ue, dalla crisi greca a quella in Ucraina, ha cambiato registro. Meglio tardi che mai. Lo dice a Lab Parlamento Francesco Patamia, Presidente del PEL (Partito degli Europei e Liberali) e autore per Rubbettino del pamphlet “Un progetto liberale per l’Italia” con l’introduzione di Antonio Martino. Patamia, partendo dal discorso di Emmanuel Macron a Strasburgo ragiona sul futuro dell’Europe, passando per lo spartiacque politico rappresentato dalle prossime elezioni amministrative.
Emmanuel Macron nel suo discorso sul futuro dell’Europa a Strasburgo ha detto che l’Ue ha abbandonato la sua ambizione pur di mantenersi a 27: ha ragione?
Ha certificato uno stato di fatto: che, senza una nuova visione, questa Europa non sarà in grado di affrontare non le sfide di domani, ma quelle di oggi. Penso all’energia, alla crisi alimentare che si sta per affacciare sul Nordafrica, alla penuria di materie prime e semiconduttori, all’imbuto di porti come Shanghai decisivi per il commercio mondiale. Ma per farlo occorre non reiterare gli errori del passato. Prendiamo atto che la Ue, dalla crisi greca a quella in Ucraina, ha cambiato registro. Meglio tardi che mai.
Il potere di veto va abolito, come osservato anche da Mario Draghi?
Uno schema, se si mette di traverso rispetto all’obiettivo primario, allora è da riformare. Lo dice la logica. Se la macchina europea con le attuali regole moltiplica al cubo i difetti legati a burocrazia, tempi di attuazione delle decisioni e modalità di azione, è da modificare in qualche misura. Draghi lo ha osservato con puntualità ed è questo il biglietto da visita dell’Ue che ha portato alla Casa Bianca.
Sull’energia gli stati membri sono andati disarticolati: un errore oggi? E come evitarlo domani?
I paesi europei, dall’invasione della Crimea in poi, hanno aumentato i flussi di gas dalla Russia, Germania in primis, anziché immaginare nuove infrastrutture come il gasdotto Eastmed, che porterebbe il gas da Israele al Salento. Oggi scoprono che è stata, per così dire, una leggerezza. Ma chi ripara al danno? Realizzare nuove pipeline è una mossa liberale, vista la molteplice presenza di giacimenti nel Mediterraneo orientale.
Coalizioni che hanno sensibilità diverse su armi, Ucraina, energia ed Europa hanno un futuro?
E’ di tutta evidenza che europeisti e antieuropeisti, pacifisti anti Nato e atlantisti non possono convivere sotto lo stesso tetto: sarebbe quello uno scenario altamente caotico e foriero di instabilità, più che di autorevolezza. Per questa ragione il comune denominatore deve essere base imprescindibile su cui costruire alleanze e percorsi comuni. Nel frattempo mi auguro si prenda consapevolezza del fatto che siamo alla vigilia di una macro scomposizione del quadro politico: l’epoca del populismo che promette tutto e il contrario di tutto è definitivamente archiviata.
Le prossime amministrative saranno uno spartiacque per centrodestra e centrosinistra?
Come Pel saremo presenti in vari territori, da Parma a Ciampino, da Policoro a San Salvo. L’obiettivo è continuare la crescita che con umiltà e determinazione abbiamo mostrato altrove.
Certamente nulla sarà come prima, dopo il biennio che ci siamo lasciati alle spalle e dopo i fatti bellici: la politica ne prenda atto e si ricomponga, offrendo una proposta potabile e credibile ad elettori spaesati e in cerca di coraggio. Credo che le istanze liberali debbano trovare spazio e attenzione, soprattutto in un momento in cui di liberalismo non si parla più davvero ma solo per slogan o tra le fake. Il bipolarismo muscolare italiano ha mostrato tutti i suoi limiti e non può essere riproposto tout court: concordo con chi è favorevole ad una legge proporzionale che ascolti le diverse sensibilità e sia aperta alle critiche, ma in maniera costruttiva. Da liberale avanzo sempre una controproposta: chi si ferma solo ai no non ha futuro e non ne offre uno neanche al paese.