In questo momento L’Aquila può essere il simbolo dell’Italia intera, messa a dura prova da circostanze avverse, ma non per questo doma.
Sindaco Biondi, anche per lei il voto è l’unica soluzione che possa risolvere la crisi di governo?
«In una fase così complessa è necessario, più che mai, che l’Italia possa contare su un Governo forte, autorevole e duraturo. Un esecutivo in cui, soprattutto, le alleanze siano chiare sin da subito. Non so se la figura di Mario Draghi, per quanto di prestigio, potrà essere in grado di rimettere insieme i cocci di Pd, 5stelle, Iv e altre componenti del centrosinistra che nel corso di questi ultimi mesi hanno manifestato reciproche insofferenze sino ad arrivare all’apertura della crisi. Negli ultimi anni abbiamo assistito a squadre di ministri e maggioranze create in sede parlamentare ma che non sono il frutto di un classico bipolarismo, determinando rotture, incomprensioni, e timidezze nelle scelte decisive. L’ultimo governo realmente legittimato da un voto popolare è stato guidato da Silvio Berlusconi nel 2008. Da dicembre 2011 in poi abbiamo avuto governi formati sulla scorta della volontà di maggioranze parlamentari, legittimi sotto il profilo costituzionale ma che ritengo sia arrivato il momento di superare attraverso una revisione profonda dell’attuale assetto costituzionale e normativo. Una legge da alcuni definita da “Sindaco d’Italia”: un premier eletto direttamente, e sostenuto da una coalizione definita sin dal principio, che garantisca rappresentanza proporzionale e con un premio di maggioranza».
Lei è cresciuto a pane e politica. C’è chi sostiene che Renzi nel centrosinistra sia l’unico politico di razza. Che ne pensa?
«A volte si confondono i politici di razza con quelli più furbi. I primi sono dotati di lungimiranza, hanno una strategia e un’idea di nazione. Nel panorama politico attuale Renzi è certamente uno dei più scaltri, in grado di massimizzare, dall’alto del 2,5-3% di cui è accreditata Italia Viva, il suo ruolo, ma assolutamente inaffidabile. Uno che ha sperperato in pochissimo tempo, per il suo ego ipertrofico, il 40,8 di consenso tributato dagli italiani al Pd alle europee del 2014, non può certo definirsi un campione della politica».
Intanto il Paese è in ginocchio e l’incertezza politica potrebbe incidere sul Recovery Plan, vitale per rilanciare le grandi opere. È così?
«Proprio perché viviamo in un momento di grandi incertezze c’è bisogno di un governo solido,credibile e rappresentativo della volontà popolare. Un governo debole come quello uscente su argomenti cruciali come il Recovery Plan e gestione della pandemia, ha dovuto effettuare una serie di mediazioni che hanno messo a rischio la capacità di generare investimenti sulla crescita “ripiegando” su altre stradecome quelle dei bonus, dimostrando di pensare più alle prossime elezioni che al prossimo decennio».
La sua città è stata candidata a capitale italiana della cultura 2022 ma l’ha spuntata Procida. Pensa sia stata una decisione politica?
«Non lo penso perché da uomo delle istituzioni ho fiducia nelle istituzioni. Sicuramente se L’Aquila avesse dovuto “godere” di un qualche beneficio o favore che non fosse la sola valutazione della qualità del suo dossier o del partenariato messo in campo certamente sarebbe stata la più svantaggiata. Ritengo, però, che sia stata fatta una scelta con cui si premiano gli sforzi dei territori che cercano di recuperare il gap con le aree metropolitane, ho fatto e ribadisco i complimenti al sindaco di Procida per l’importante riconoscimento».
Lei che se ne intende di ricostruzioni, cosa servirebbe all’Italia per superare la crisi?
«Da uno studio dell’Agenzia nazionale della Coesione emerge che per realizzare un’opera pubblica dal costo che vai dai 5 ai 10 milioni di euro oggi occorrono circa otto anni. Un dato che deriva da norme complesse, spesso contradditorie tra di loro, e dalla mancanza di coraggio. Un concetto che occorrerebbe ribaltare diametralmente, garantendo trasparenza e legalità ma con un sistema che consenta rapidità di scelte e rapidità di esecuzione. Esattamente ciò che si è fatto all’Aquila dopo il sisma del 2009, quando con norme commissariali in pochi mesi è stato assicurata un’abitazione a oltre 15mila sfollati (nel solo capoluogo d’Abruzzo) e sono state realizzate opere importanti. Successivamente c’è stato un attacco senza precedenti del centro sinistranei confronti del modello di Protezione civile di Bertolaso ma oggi lo stesso governo uscente è stato costretto ad ammettere che occorrono poteri straordinari. come dimostrano le recenti nomine di commissari effettuate dal Mit. Non si capisce, però, perché bisogna calare la straordinarietà in qualcosa che dovrebbe essere ordinario. Quei poteri, quelle semplificazioni devono diventare la norma nell’ambito di un sistema che preveda controlli, trasparenza e rispetto delle norme. Non è scritto da nessuna parte che la lentezza garantisca legalità e la celerità generi corruzione».