Rodolfo Baldassarri, 56 anni, nato a Nettuno, vissuto per trent’anni tra Ardea e Roma, è un uomo che per anni ha vissuto la Politica con la “P” maiuscola. Lo potevi vedere passeggiare in Transatlantico, collaboratore stretto dell’ex deputato forzista Alfredo Biondi, già vicepresidente della Camera e più volte ministro nei governi Berlusconi.
Poi, d’improvviso, il cambio di vita e di prospettiva. Trasferitosi in Germania prima e in Austria poi, Baldassarri vive ora nei dintorni di Kitzbuhel, una delle più rinomate località sciistiche del mondo, proprio quella della mitica pista “Streif”, croce e delizia per ogni appassionato di sci.
È in Austria che Baldassarri ha scoperto la sua vena letteraria. Una passione nata con la trilogia di romanzi “Il filo rosso del destino” e proseguita oggi con il suo quarto lavoro letterario: “I migliori anni della nostra vita”. Le sue opere sono state tradotte in tedesco e in inglese, riscuotendo un ottimo successo in Germania, Austria e Svizzera, dove i libri di Baldassarri hanno raggiunto i primissimi posti tra i best seller.
Baldassarri, dal Lazio ai monti del Tirolo. Come mai, a un certo punto della sua vita, ha deciso di compiere questo passaggio, abbandonando il mondo della politica, alla quale lei si era avvicinato, per occuparsi di letteratura?
A dire il vero, ho sempre amato la letteratura e la poesia. Infatti, sin da ragazzo, amavo divorare decine di libri al mese. Poi, verso i venti anni, ho decisi di mettere insieme tutte le poesie che avevo scritto durante la mia adolescenza e le pubblicai. Fu quello il mio primo libro in assoluto, dal titolo “All’ombra della Luna”. Una delle poesie fu addirittura premiata in un prestigioso premio letterario. Ma, proprio per questo vizio di leggere, iniziai a confrontarmi coi grandi della letteratura. Mi dicevo: Petrarca, D’Annunzio, Balzac, Stendhal, Hermann Hesse sono irraggiungibili per me, non posso neanche tentare di scrivere delle pagine tali da reggerne il confronto.
E allora, seppure questa fosse la cosa che desideravo più di tutte al mondo – diventare scrittore e scrivere libri – rimandavo sempre, con una scusa, il momento in cui tirare fuori dal cassetto i miei manoscritti. Così decisi di scrivere non libri, bensì articoli di giornali. Iniziai a collaborare come pubblicista per vari quotidiani e mensili di Roma e Provincia, fino a quando non ebbi l’idea di creare un giornale tutto mio. Nacque “Eureka”, in collaborazione con la Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza, che allora frequentavo.
Da questa esperienza iniziai ad appassionarmi anche di politica, fino a ricevere una proposta di collaborazione da parte di un deputato dell’allora nuovo partito fondato da Berlusconi: Forza Italia. Era il 1995. Un anno dopo, i miei comunicati stampa piacquero così tanto, che fui invitato a collaborare per l’ufficio stampa del nuovo Vice Presidente della Camera, l’onorevole Alfredo Biondi.
Lei, dunque, è stato uno dei più stretti collaboratori dell’ex ministro Alfredo Biondi, purtroppo scomparso nel 2020. Che persona era Alfredo Biondi e che voleva dire lavorare con lui?
Dell’onorevole Alfredo Biondi, ho molti piacevoli ricordi. Mi dava dei consigli molto preziosi e sempre equilibrati. Era un ottimo avvocato e aveva preso dalla sua professione, la grande capacità di ponderare per bene i pro e i contro di ogni questione. Era anche una persona di una grandissima umanità e un abilissimo mediatore. Una persona che mi ha insegnato molto e a cui sono rimasto sempre legato fino al momento della sua scomparsa. Grazie a lui raggiunsi l’entourage di Silvio Berlusconi e poi dell’onorevole Pier Ferdinando Casini.
Purtroppo, forse per destino, il mio temperamento giovanile e il mio idealismo alla Don Chisciotte, mi portarono a compiere un gesto che successivamente rimpiansi, ma che ora, a distanza di quasi vent’anni, ritengo sia stato in qualche modo positivo per il proseguo della mia vita e della mia esperienza professionale. Mi chiesero di correggere un comunicato stampa e a mio avviso quello che dovevo “correggere” non rispecchiava i miei ideali di verità e coscienza. Prima mi rifiutai e, dopo essere stato sospeso dall’incarico per una settimana, fui io a dare le dimissioni, sbattendo la porta e voltando le spalle per sempre a Montecitorio e alla politica attiva.
Il suo cambiamento di vita è stato un taglio netto con quel suo passato, oppure in qualche modo le sue esperienze in Parlamento le sono d’aiuto anche nella sua attività di romanziere? Cosa le è rimasto dentro della sua passata esperienza politica?
All’inizio è stato un taglio netto. Attraverso la scrittura dei miei libri, avevo la possibilità, finalmente, di dare sfogo alla mia vera passione, senza filtri. E di poter cambiare o abbellire il mondo, o meglio, i mondi che descrivevo, a mio piacimento. Ma poi, pensandoci bene, proprio questa abitudine ad abbellire o cambiare la storia o le storie, è in fondo anche una caratteristica della politica. Penso che anche in politica, a volte, si racconti la propria storia o meglio la storia che si vuole che il lettore – nel caso della politica, forse è meglio dire l’elettore – vuole sentirsi raccontare, no?
Il successo letterario è arrivato una volta che lei si è trasferito in Germania prima e in Austria poi. Quindi è vero quello che dicevano i latin e cioè: “nemo profeta in patria”?
Guardi, usando un’altra locuzione latina “Cicero pro domo sua”, o, parafrasando, “Rodolfo per i suoi libri”, devo riconoscere che lei ha ragione. In Austria dove vivo e anche in Germania e Svizzera, dove i miei libri, tradotti in lingua tedesca, vengono distribuiti e venduti, le mie opere hanno raggiunto già un paio di volte la vetta delle classifiche dei best seller. Cosa che in Italia non è ancora avvenuta. Ma, pur non avendo una casa editrice famosa alle spalle, mi ritengo lo stesso molto soddisfatto di vedere che i miei libri sono ricercati anche in Italia e che le mie presentazioni italiane sono spesso tutte esaurite. Quindi, io non demordo e, da inguaribile ottimista, conto di raggiungere un grande successo anche in Italia, in breve tempo. O almeno lo spero!
In attesa del successo italiano, lei sta ora cercando di puntare al mercato anglosassone. I suoi libri verranno a breve pubblicati da una nota casa editrice britannica.
Sì, proprio così! Questo è un altro passo in avanti che mi riempie di orgoglio. Infatti, ho fatto tradurre il mio primo libro da una freelance londinese. Lei mi ha proposto alla casa editrice Austin Macauley, che ha deciso di tradurre anche gli altri due volumi della mia trilogia e di farli stampare tutti entro il 2022. Quindi, come vede, passo dopo passo, sto raccogliendo i frutti del mio lavoro. Un lavoro che ho iniziato anni fa col mio primo romanzo, a cui sono molto legato, in quanto è la mia storia romanzata: “In riva al mare”.
Nei primi tre romanzi della sua trilogia “Il filo rosso del destino”, oltre al mare e alle vicende sentimentali dei protagonisti, ci sono elementi tipici del romanzo storico, con alcuni passaggi ambientati nei secoli passati. Ce ne parli meglio.
Questa è un’altra mia passione, o meglio, è ciò che amavo studiare sin dalle elementari, per poi approfondirla all’università: la storia, appunto. Per un breve periodo, ho anche collaborato con uno dei maggiori esperti italiani di storia medievale: il professor Simonelli, al quale sono rimasto molto legato. In quegli anni volevo diventare ricercatore. Poi, fui chiamato dall’onorevole Biondi e questo nuovo impegno mi distolse da quel progetto. Però l’amore per la storia, per le ricerche del passato, mi è rimasto sempre. Ecco il motivo per cui amo mescolare il filone storico a quello romantico. Un espediente letterario, che credo i miei lettori abbiano molto apprezzato.
Questo aspetto storico non è però presente nel suo nuovo lavoro: “I migliori anni della nostra vita”, nonostante il romanzo sia la prosecuzione ideale della precedente trilogia. Ha forse deciso di lanciare il suo sguardo più verso il presente e il futuro, nonostante il titolo dell’opera abbia una connotazione venata di nostalgia?
In effetti è così. Infatti, il mio nuovo romanzo è uno spaccato del presente che, allo stesso tempo, contiene un omaggio alle nostre radici e alle nostre tradizioni. Naturalmente parlo di radici e tradizioni del protagonista, un uomo che, guarda caso, è uno scrittore affermato che ha raggiunto la cinquantina. Ovviamente, c’è sempre un po’ di me nelle storie che racconto. Nel libro parlo della mia generazione, ma anche di quella dei miei genitori e di quella di mio nonno.
Pur non essendo un romanzo storico, c’è comunque uno sguardo nel passato, anche se un passato relativamente recente. E da questo sguardo nel passato, si può poi cogliere il presente e immaginare il futuro. In questo lavoro ho voluto dare un taglio netto con il filone storico, però vi anticipo che ci tornerò molto presto, con un romanzo a cui sto lavorando e che sarà, per l’appunto, puramente un romanzo storico.
A proposito del titolo del suo ultimo romanzo, il suo è anche un omaggio a Renato Zero, autore della famosissima canzone omonima?
Si, amo le canzoni e soprattutto le parole delle bellissime canzoni di Renato Zero, che hanno spesso fatto da colonna sonora durante la mia vita. E, in particolare, quella canzone che ho poi scelto come titolo, mi ronzava nella testa da tempo e mi ha ispirato quando arrivò il momento di decidere come intitolare il romanzo.
Quello che appare sempre molto forte in tutti i suoi romanzi, è il suo strettissimo rapporto, vissuto attraverso le vicende dei protagonisti, col mare e con l’Italia. È corretto?
Assolutamente! Come può ben vedere già dai titoli: “In riva al mare, “Infinito” e “Come le onde”, la trilogia ha per protagonista il mare e vuole rendergli omaggio. È ciò che i miei occhi hanno visto per prima cosa, quando sono venuto al mondo e, per ben trent’anni, è stato come il profilo o gli occhi di una persona amata, alla cui vista iniziamo a sorridere senza quasi sapere bene il perché. Il mare è una costante, è inciso a lettere di fuoco nel mio cuore e nella mia anima e, prima o poi, come le onde torno a lui, anche solo per qualche giorno. E l’Italia, naturalmente, anche.
Ci sono purtroppo molte cose che ancora non funzionano bene nel Belpaese. Guardandola dai monti del Tirolo lo si nota anche un po’ di più. Ma dal punto di vista affettivo e paesaggistico, ritengo l’Italia uno dei paesi migliori al mondo!
Tutte le sue opere hanno una fortissima vena romantica. Ritiene che il romanzo d’amore, spesso etichettato ingiustamente come un genere “femminile”, abbia una forza e una presa sul lettore – di ogni sesso ed età – che non sempre la critica riesce a cogliere e valorizzare nel modo giusto?
Ha ragione, se pensiamo ai grandi romanzi romantici, o a quelli che vendono milioni di copie come i libri di Rosamunda Pilcher, oppure i più recenti di Lucilla Riley. Senza tralasciare quelli a cui mi sono ispirato spesso: quelli dello scrittore americano Nicholas Sparks. Vengono etichettati come “romanzi d’amore”, quasi fossero figli di un Dio minore. Ecco, io ritengo questa definizione errata e piena di preconcetti. Per me non esistono generi, o meglio l’unica differenza che conti davvero, la fa il fatto di essere scritti bene o meno bene. Non ha importanza se poi uno parla d’amore, o s’ispira al fantasy, oppure racconta un delitto.
Se penso che Stevenson e Edgar Allan Poe inventarono il romanzo poliziesco e giallo, senza accorgersene del tutto, o se penso al “Il Rosso e il Nero” di Stendhal, oppure a “Il grande Gatsby” di Scott Fitzgerald, come posso definire questi romanzi, inscatolandoli in un genere letterario specifico, senza commettere un “sacrilegio”? Per me esistono solo due categorie, lo ripeto: scritto bene o scritto male. Il resto lo lascio ai critici e ai sofisti. Ma, tornando alla sua domanda, si, posso definirmi anche un romantico, ma nell’accezione che aveva agli inizi dell’Ottocento, quando questo movimento nacque e cambiò la storia dell’arte e della letteratura.
Quale ritiene che siano, in sintesi, le caratteristiche principali del suo stile letterario e dei suoi romanzi?
Questa domanda è molto bella e, per rispondere davvero, avrei bisogno di molto tempo. Ma cercherò lo stesso di essere coinciso. Come le ho già accennato prima, ritengo il mio stile un nuovo romanticismo, dove ci sono venature di romanzo storico, a cui abbino anche parti di romanzo psicologico e d’avventura. Insomma, si tratta di uno stile poliedrico, a cui non so dare una definizione unica, se non che un domani – e non voglio che Lei mi reputi presuntuoso – sarà magari definito come un nuovo stile: lo “stile Baldassarri”. Perché no?
E quale ritiene essere il punto di forza de “I migliori anni della nostra vita”?
I punti di forza? Il mio concetto di tempo che, come nella ricerca di Proust, non è lineare ma circolare, abbinato a una tecnica di narrazione quasi cinematografica, “da cinepresa”. Cioè, cerco di prendere per mano il lettore e di metterlo dinanzi a un quadro, o a un paesaggio. Cerco, con la parola, di farlo immergere in quello che sta leggendo. Alla fine, deve addirittura credere di sentire davvero il profumo di una rosa, o ascoltare lo sciabordio delle onde del mare.
C’è poi la mia inguaribile vena ottimistica. Cioè il messaggio che, alla fine, con la volontà e la determinazione si può riuscire a cambiare il proprio destino. Non a caso, in un capitolo, Valerio, il protagonista maschile, ci dice che nella vita non conta quante volte si è fallito o si è caduti, l’importante è rialzarsi una volta di più. E questo credo sia veramente molto importante.
So che, a giugno, lei sarà in Italia per un tour di presentazione del suo ultimo lavoro letterario. Dove per la precisione?
Il 18 giugno sarò in Maremma, in una delle città protagoniste del romanzo: Massa Marittima. Ad agosto tornerò nuovamente in Austria per un importante evento e, infine, a settembre, sarò a Bassano del Grappa, in una delle biblioteche più belle d’Europa, quella di Palazzo Roberti. Infine, ad ottobre, dovrei presentare il romanzo ad Amalfi, ma siamo ancora in fase di organizzazione.