Presentato lo scorso 4 ottobre alla Camera dei Deputati, il rapporto dell’Alleanza Italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis) 2018 fa il punto sullo stato di avanzamento dell’Italia e, per la prima volta, dei suoi territori verso i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile.
di Stefano Bruni
Labparlamento ha incontrato il Portavoce di Asvis, Prof. Enrico Giovannini, per commentare i dati presentati e illustrare le proposte concrete per far sì che il Paese mantenga gli impegni presi nel settembre del 2015 con la sottoscrizione dell’Agenda 2030 dell’ONU.
Il Rapporto ASviS di quest’anno è piuttosto severo nei confronti dell’Italia. Siamo veramente così indietro rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda 2030?
Purtroppo sì. Anzi, dai dati contenuti nel Rapporto emerge che,anche con una inversione di tendenza da parte dell’attuale Governo sui temi dello sviluppo sostenibile, purtroppo sarà impossibile rispettare alcuni degli impegni presi dal nostro Paese, il 25 settembre 2015, all’Assemblea Generale dell’Onu. Ci sono dei gap che sarà difficilissimo colmare entro il 2030 e altri che dovrebbero essere raggiunti entro il 2020 e che sarà oggettivamente impraticabile perseguire. Peraltro, come ha dichiarato lo stesso Ministro dell’Economia intervenendo al convegno di presentazione del Rapporto ASviS2018, “nella prossima legge di bilancio non ci sarà, per motivi di tempo, la valutazione di impatto sugli indicatori di benessere equo e sostenibile”.
La situazione è la stessa su tutto il territorio italiano?
Ovviamente no. Quest’anno, per la prima volta, siamo in grado di fornire anche dati dettagliati a livello
regionale grazie a una serie di indicatori compositi costruiti da ASviS, anche se con metodologie un po’ diverse, per vari motivi, rispetto a quelle utilizzate per costruire gli indicatori nazionali. Quello che emerge è che, se per esempio andiamo in Lombardia, troveremo che gli indicatori compositi dei Goal 1 (Povertà), 2 (Alimentazione), 4 (Istruzione), 6 (Acqua pulita e servizi igienico-sanitari), 7 (Energia pulita e accessibile), 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica), 9 (Imprese, innovazione e infrastrutture), 10 (Disuguaglianze), 11 (Città e comunità sostenibili) e 12 (Consumo e produzione responsabili) mostrano situazioni migliori di quelle dell’Italia nel suo complesso. Nel Lazio sono invece gli indicatori compositi dei Goal 2 (Alimentazione), 4 (Istruzione) e 5 (Parità di genere) a mostrare una situazione migliore rispetto a quella nazionale. Ma in Campania, i Goal 1 (Povertà), 2 (Alimentazione), 3 (Salute e benessere), 4 (Istruzione), 5 (Parità di genere), 6 (Acqua pulita e servizi igienico-sanitari), 7 (Energia pulita e accessibile), 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica), 9 (Imprese, innovazione e infrastrutture), 10 (Disuguaglianze), 11 (Città e comunità sostenibili), 15 (Vita sulla terra), 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide) mettono invece in luce una condizione peggiore rispetto a quella italiana.
In questi giorni è stata inviata al Parlamento la Nota di aggiornamento del Def. I numeri contenuti in essa non sono piaciuti molto all’Europa. Ma l’Europa, rispetto ai target dello sviluppo sostenibile, a che punto è?
Rispetto allo scorso anno, nell’Unione europea non si è registrato quel cambio di passo auspicato in occasione delle celebrazioni del 60° anniversario dei Trattati di Roma. Alcuni problemi sono rimasti irrisolti nella loro drammaticità. Penso, ad esempio, al tema dei migranti, che attraversa diversi tra gli SDGs. Anche in Europa il percorso verso una piena attuazione dell’Agenda 2030 è ancora lontano. Dobbiamo però anche dire che a luglio 2018 l’ASviS ha presentato nuovi indicatori compositi per misurare la dinamica dell’Unione europea e dei singoli Paesi rispetto agli SDGs e che dall’analisi delle rilevazioni effettuate emerge che l’Unione europea mostra segni di miglioramento rispetto al 2010 per nove Obiettivi su 17, per due la situazione peggiora sensibilmente, mentre per quattro la situazione appare sostanzialmente invariata.
Almeno non siamo proprio soli?! Ma il punto è, cosa fare per guadagnare più terreno possibile rispetto ai singoli Obiettivi di sviluppo sostenibile da perseguire tra il 2020 e il 2030?
Anzitutto ci sono diverse proposte per interventi concreti in materia economica, sociale e ambientale da portare avanti e da attuare. E poi bisognerebbe pensare a intervenire sul piano della governance. E per prima cosa credo si dovrebbe introdurre lo sviluppo sostenibile tra i principi fondamentali della nostra Costituzione. Sembra una sciocchezza, ma non lo è. Le dice niente la formulazione della Dichiarazione d’indipendenza americana del 4 luglio 1776, in cui i costituenti avevano stabilito che «a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà, e al perseguimento della felicità»? Non è uno slogan, ma un modus operandi.