Non ce ne voglia Michetti in testa nei sondaggi ufficiali. Ma a Roma, anche se è una città grande, la gente mormora. Voci di corridoio, anzi di mercato e di discount, ma anche di happy hour, sia chiaro, ma mormora.
“Io voto Calenda”. Più che una dichiarazione di voto è un sussurro carbonaro nella Capitale. Perché quelli di destra temono di esser giudicati male confessando che metteranno la crocetta su un candidato “rossiccio”. E quelli di sinistra rischiano di esser tacciati come traditori votando chi nel loro orticello ha sparigliato le carte.
Poi da destra ci sono gli “eversivi”. “Io Marchetti non lo voto, non mi piace e, pure se ho sempre votato a destra, mica stiamo in caserma“. Ribelli agli ordini di scuderia dei partiti rinnegano politicamente Michetti sbagliandone addirittura il cognome. Nonostante i sondaggi finora premino il candidato del centrodestra, infatti, non sono pochi i romani che ancora vagano sconsolati chiedendosi “Michetti chi?”.
E le “fughe” reiterate dai confronti tra candidati sindaco del buon Enrico non aiutano certo a dissipare il dubbio dei potenziali elettori. Del resto nella Capitale mica ascoltano tutti Radio Radio, dove Michetti con i suoi interventi pare faccia più ascoltatori delle trasmissioni sportive. Ma intanto, il 3 e il 4 ottobre i romani dovranno scegliere il sindaco, la nuova giunta e tutto l’ambaradan dei Municipi, presidenti e consiglieri. Ventidue candidati, 39 liste, in corsa per il Campidoglio.
E pure qui ” l’anomalia” è la corsa solitaria di Carlo Calenda, alfiere di un’unica lista. Sarà comunque un lenzuolo a due piazze la scheda elettorale. Dove però farebbero bene tutti a non dormire sonni tranquilli. Perché i sondaggi sono sempre sondaggi. E nelle ultime tornate elettorali hanno mostrato i loro limiti. E poi c’è quel 44% di indecisi, ultimo dato You Trend per Repubblica. Che potrebbe ribaltare tutto. O forse no. E poi c’è il rischio, altissimo, dell’astensione.
Il Covid, il voto ad ottobre, che rappresenta un’incognita. E la mannaia del voto disgiunto, che rischia di creare il caos in giunta. E, senza offesa per nessuno, una campagna elettorale che ha l’appeal di una trota congelata. Basta dare uno sguardo ai social, dove per giorni e giorni il male assoluto della Capitale sembrava essere un orologio. Quello di un giovane candidato municipale, Roman Pastore, in corsa per Calenda.
Rolex sì, Rolex no, Rolex forse. E giù valanghe di tweet. E poi le “capocciate” tra Raggi e Zingaretti, che si spende per l’amico Gualtieri, sui cinghiali. Che sono animaletti che qualche guaio in città lo stanno combinando, e non per colpa loro, ma la Capitale veramente non merita temi più elevati? Mondezza e cinghiali. Cinghiali e mondezza.
Del resto è pur vero che cinque anni di Raggi questo hanno lasciato in dote ai romani. E pure Michetti, che smessi per un attimo i panni di tribuno, si esibisce sul web con completini da ciclista da urlo. Urlo di spavento però.
Infine, per quanto riguarda la categoria “big”, sui social c’è il “loquace” Calenda.
Un twittarolo seriale “sul serio”, citando parzialmente il suo slogan elettorale per Roma. Ma candidato che cinguetta, nel suo caso, per ora non morde nei sondaggi.
Sempre secondo i dati You Trend, infatti, appare appaiato al terzo posto, dopo rispettivamente Michetti e Gualtieri, con un 18,9% di gradimento degli elettori.
Vittorioso in un eventuale ballottaggio solo con il sindaco uscente, Virginia Raggi.
Anche se i sussurri ” carbonari” in città dicono altro.
In ogni caso livelli di politica inquietanti. Rolex, cinghiali, mondezza e biciclette.
Ma alla fine i romani quella crocetta su un candidato dovranno metterla. E nell’ultimo miglio di questa campagna elettorale che ci separa dalle urne, gli elettori da sempre di destra o di sinistra ci ripenseranno? Prevarrà il senso di appartenenza ai partiti “storici”? O Carletto farà marameo a tutti dalle schede elettorali? Lo scopriremo solo votando.