Di Sara Magnanelli, studentessa del V anno del Liceo Classico Statale “Francesco Vivona” di Roma.
Il difficile compito dei padri costituenti è stato quello di ripristinare una società democratica e solidale dopo la conclusione del ventennio fascista e soprattutto gli sfasci di una guerra cruenta e distruttiva che politicamente ha segnato la sconfitta della monarchia in favore della nuova, costituenda, Repubblica.
Per questo motivo i primi dodici articoli della Costituzione contengono i princìpi fondamentali che regolano la nostra società, una società che andava ricostruita a partire dalle fondamenta e che doveva garantire le libertà fondamentali ad ogni cittadino come individuo e come componente di una società la cui coesione andava anch’essa ricostruita.
Non si è trattato di un passaggio semplice. Al contrario, molte delle prerogative e delle facoltà che oggi tendiamo a dare per scontate, all’epoca non lo erano affatto e sono il risultato di cambiamenti nel pensiero sociale frutto dell’evoluzione culturale ma anche di proteste se non di vere e proprie battaglie. I sacrifici ed il sangue dei nostri antenati ci hanno permesso di condurre una vita privilegiata: nulla è stato dato, tutto è stato conquistato.
Dei primi dodici articoli della Costituzione, il secondo, posizione di certo non casuale, può considerarsi basilare ed introduce due concetti dalla colossale importanza: diritti inviolabili e doveri inderogabili.
Vi si legge, anzitutto, che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. Il verbo “riconoscere” è di essenziale importanza poiché sottolinea il fatto che tali diritti sono inviolabili in quanto preesistenti alla Costituzione stessa e connaturati alla specie umana. Tuttavia, il concetto di diritti inviolabili è un concetto aperto in quanto la norma non definisce quali siano i diritti garantiti, rimandando piuttosto ad altre disposizioni che possono essere contenute sia nella Costituzione che in altre leggi. Si tratta di un esempio, non isolato, di c.d. “norma in bianco”, nella quale, cioè, viene fissato il principio che però rimane privo di contenuto.
Del resto, sarebbe stato impossibile definire la clausola in modo concreto, dal momento che il concetto stesso di diritto inviolabile non è un concetto statico. Al contrario, esso si evolve (o involve) con la società stessa, per cui bisogna sempre tenere in considerazione che tutta la nostra realtà è filtrata da una coscienza sociale che appartiene al XXI secolo, e ciò che a noi appare “inviolabile” o “imprescindibile” non necessariamente è stato considerato tale in passato.
Un altro aspetto interessante di questa norma è che il diritto (inviolabile) non è una prerogativa del singolo. Al contrario, la personalità umana viene considerata anche nelle formazioni sociali dove essa trova il suo pieno svolgimento. Con questo il legislatore costituzionale riconosce che il pieno sviluppo e completamento di ciascun cittadino non può trovare adeguata realizzazione nella sola individualità dell’uomo (che pure non è negata), ma necessita di una partecipazione sociale che diventa imprescindibile.
La questione merita di essere tenuta particolarmente in considerazione nel periodo che stiamo vivendo nel quale, a causa della nota pandemia, tutto il mondo si vede costretto a rinunciare a parte della consueta socializzazione ed è costretto ad un anomalo isolamento finalizzato a combattere la diffusione del virus.
Tuttavia, il principio in commento non si ferma all’aspetto della garanzia dei diritti inviolabili ma corrispondentemente richiama tutti i cittadini all’adempimento dei doveri inderogabili.
Il concetto stesso di diritto racchiude ontologicamente quello di dovere: nella misura in cui si esercita un diritto fondamentale si ha anche il dovere di garantire questo stesso diritto a coloro con i quali entriamo in contatto. Per questa ragione, è chiaro che ad un diritto “inviolabile” corrisponderà necessariamente un dovere “inderogabile”.
Anche in questo caso la norma rimane aperta, non procedendo a definire quali siano tali doveri inderogabili ma limitandosi a declinarli in termini di solidarietà politica, economica e sociale. In particolare, la Costituzione mette in rilievo il profilo della solidarietà ponendo a fondamento della convivenza dei cittadini l’obbligo, anzi, il “dovere inderogabile” del sostegno reciproco.
Nel bilanciamento tra diritti e doveri il trait d’union è la socialità, la condivisione, la solidarietà. Solidarietà che è anzitutto politica, cioè relativa alla gestione della Res publica, poi, ovviamente, economica, per consentire a ciascuno un’esistenza dignitosa e che consenta il corretto sviluppo della personalità (concetto che verrà ripreso in diversi altri articoli della costituzione) ed infine sociale, perché la solidarietà non è solo di tipo politico ed economico ma anche, e forse soprattutto, di condivisione empatica.
I concetti concentrati in questa norma affondano le proprie radici in altri atti normativi fondamentali come la Costituzione della Repubblica Romana, la Costituzione dell’Unione Sovietica e la costituzione della Repubblica Tedesca di Weimar, ma il loro riferimento fondamentale è certamente rappresentato dalla “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” approvata dalle Nazioni Unite.
La presenza della nozione di doveri imprescindibilmente legata a quella di diritti rappresenta un’importante innovazione rispetto al sistema giuridico precedente disciplinato dallo Statuto Albertino. Per i teorici dello stato liberale, infatti, l’idea che un diritto comportasse anche dei doveri nei confronti della collettività e dello Stato era sconosciuta. Essa invece costituisce uno dei tratti caratterizzanti della nostra Costituzione e di quelle dei paesi democratici più avanzati.
L’esperienza di oltre settant’anni di vigenza della nostra Carta fondamentale ci ha fatto ben comprendere il significato di solidarietà economico-sociale, basti pensare al criterio, anch’esso costituzionalmente sancito, della progressività delle aliquote delle imposte sul reddito, o al sistema sanitario pubblico o ancora alla scuola pubblica e si potrebbero fare ancora mille altri esempi.
Più difficile da comprendere è il concetto di solidarietà sociale, perché si tratta di un tipo di solidarietà meno diffusa nella pratica. Forse l’occasione di sperimentarla ce la offre proprio la pandemia che stiamo vivendo, che interessa tutti a prescindere dal reddito o dalle condizioni in cui si versa.
Le scelte che faremo in questo momento in tema di rispetto delle norme di prevenzione, vaccinazione, distanziamento e via dicendo, saranno espressione della più pura solidarietà sociale. Se così è, uno dei periodi più difficili e drammatici del nostro dopoguerra potrebbe diventare un interessante banco di prova del livello di civiltà raggiunto in questi anni non solo dai cittadini italiani ma da tutti i cittadini europei.
In ogni caso, la norma in commento è l’ulteriore dimostrazione, se ancora ve ne fosse bisogno, della lungimiranza dei nostri Padri costituenti.