Hackeraggi, fake news e video manipolati. Prima delle truppe in carne e ossa il Cremlino – almeno stando alle accuse mosse dagli Stati Uniti – ha aperto subdolamente, nei mesi scorsi, il fuoco digitale, attraverso l’uso di armi moderne. Non bombe, cannoni e kamikaze ma, per la prima volta, attacchi informatici e menzogne online hanno avuto un ruolo cruciale nella preparazione dell’invasione ucraina.
Come un novello Goebbels, anche il Presidente russo Vladimir Putin ha scatenato l’arma della propaganda per indebolire Kiev e l’Occidente, un lento percorso, giorno dopo giorno, che alla fine ha sfiancato il bersaglio e preparato il terreno per l’invasione militare.
Un elemento caratterizzante nell’arsenale militare sovietico è stato rappresentato da un’invidiabile organizzazione tecnologica avviata già da mesi, una guerra che non ha fatto rumore ma è comparsa, giorno dopo giorno, sugli schermi degli smartphone di ignari lettori in tutto il mondo, notizie e video che altro scopo non avevano che accrescere il consenso verso l’operazione militare scatenata – questa volta con soldati “reali” – lo scorso 24 febbraio.
Un conflitto sottile e latente, combattuto a colpi di notizie fasulle, video manipolati e virus informatici. Innanzitutto, le politiche di disinformazioni russe messe in campo contro il governo di Kiev ha provocato, nelle ultime settimane, una vera inondazione di notizie poco veritiere, ma che hanno suscitato grande credito nei lettori. Social, piattaforme e siti web sono stati bombardati da comunicati stampa e notizie propagandistiche a favore di Mosca, notizie delegittimanti il popolo ucraino, un poupurì di sospetti, violenza e disprezzo. Chiacchiere e fake news.
Le più importanti aziende tecnologiche rassicurano di monitorare il fenomeno ma, alla prova dei fatti, si ritrovano con armi spuntate. Facebook, Twitter e Youtube non sanno davvero come poter arginare efficacemente la disinformazione online che, ormai a fiumi, varca il Volga e invade il web. La Russia ha, ormai da diverso tempo, introdotto una vera e propria strategia strutturata sulla disinformazione online, creando addirittura un’apposita agenzia governativa denominata Internet research agency (Ira), dedita a spingere la propaganda sovietica diffondendo informazioni a dir poco dubbie. Tra i prodotti di quella che è stata ribattezzata “la fabbrica dei Troll” ci sono i deepfake, ovvero video del tutto simili a quelli reali ma che, a differenza di questi, sono del tutto menzogneri.
Lo scorso 18 febbraio è diventato subito virale, su vari canali Telegram dei separatisti del Donbass, un video che metteva in mostra un gruppo di sabotatori polacchi che danneggiava, con l’intento di farlo esplodere, un serbatoio di cloro nei dintorni di Horlivka, proprio nel territorio dell’autoproclamata (e riconosciuta da Mosca) Repubblica di Donetsk. Un affronto che ha esacerbato gli animi dei separatisti e fomentato rivalsa e vendetta. Peccato però che il video fosse fasullo, e addirittura – da un’analisi dei metadati – preconfezionato settimane prima, e pronto dunque all’uso quando ce ne starebbe stato bisogno. Una strategia scientifica insomma. Ma, come dimostrano i bombardamenti di questi giorni, non solo chiacchiere e fake news.