La sospensione delle esecuzioni sulle abitazioni principali, in tempo di pandemia con tutte le difficoltà connesse, aveva dato un po’ di respiro a quanti di respiro non ne avevano più. Di converso a sopportarne le conseguenze sono stati i creditori procedenti che sicuramente hanno dovuto attendere, ed attenderanno ancora, per vedere concretizzarsi ogni loro diritto nel vedere soddisfatte le proprie pretese creditorie.
L’incostituzionalità di tale norma, sancita da una recente sentenza della Corte Costituzionale, la numero 128 depositata il 22 giugno 2021, fonda proprio sulla mancata ponderazione dei contrapposti interesse dei creditori sia privati che istituzionali. Si legge anche che detta norma viola il principio di ragionevole durata del processo e non risulta giustificata ne da esigenze del debitore, per risanare la propria situazione, ne dalla intervenuta e persistente crisi collegata alla emergenza sanitaria il tutto sottratto al vaglio dell’autorità giudiziaria circa la reale situazione dell’esecutato.
La sospensione ormai nel suo tempo si è consumata e le procedure riprenderanno il loro corso e le conseguenze di tale sospensione forse andranno ad incidere con ogni azione successivamente possibile da parte dei creditori per la violazione del principio di ragionevole durata del processo. Ci sembra di aver in precedenza sentito che i processi e le procedure in Italia hanno da sempre risentito di un dilatarsi dei tempi e a pagarne le conseguenze è stato sempre lo Stato, anche se ciò non ci dà sollievo visto che lo Stato dovremmo essere noi stessi.
Ci sembra anche di aver sentito, in questo periodo di pandemia, che molti tribunali hanno dovuto sospendere le normali attività per la carenza del personale colpito dall’epidemia o per le necessarie sanificazioni da farsi. Le specifiche procedure negli ultimissimi anni hanno ricevuto maggiore impulso per l’affidamento a liberi professionisti dell’incarico per l’espletamento delle stesse e naturalmente i costi per il debitore sono aumentati. Il diritto è il diritto e la perequazione viene sempre invocata al fine della giusta definizione di ogni procedura con la normativa Primaria.
Che cosa potrà mai accadere ora che è intervenuta la Consulta a dichiarare incostituzionale la norma, tenuto conto anche che il periodo di sospensione “incriminato” è sostanzialmente trascorso? Sarà interessante saperlo ma non è proprio possibile immaginarlo ora, se non per gli effetti che potrebbero riversarsi in un giudizio per la lungaggine del processo.
Non dimentichiamo che la maggior parte delle procedure esecutive o, meglio, la stragrande maggioranza delle procedure esecutive immobiliari si concludono con la vendita del bene esecutato a valori oltremodo infimi e che i creditori procedenti non riescono mai a recuperare il credito originario vantato, a cui si aggiungono le spese della procedure e gli interessi a maturare. Ciò è oltremodo anche vero per i creditori istituzionali alla base del cui credito vi è un residuo credito di mutuo su un’abitazione che al momento della concessione del mutuo stesso era stata valutata congrua per l’acquisto e per la somma mutuata.
Così ci ritorna sempre il detto attribuito a Socrate “tanto tuono che piovve” a cui ci sentiamo di aggiungere che l’acqua regalataci dal cielo è talmente poca che la nostra arsa terra non riuscirà neanche a trovarne un minimo sollievo. Ma l’argomento implicherebbe mille altre sfaccettature che sicuramente nel tempo ci verranno puntualmente commentate.
Speriamo che in un prossimo futuro eventuali disposizioni in materia vengano preventivamente ponderate e valutate per gli effetti ricadenti su tutte le parti interessate ed in fondo l’Avvocatura di Stato intervenendo nel giudizio citato ha evidenziato che la ratio della legge deve rinvenirsi “nella necessità ed urgenza di fronteggiare le esigenze ingenerate dall’emergenza pandemica da COVID-19 e, dunque, nella garanzia del diritto all’abitazione dell’esecutato, considerando da un lato che l’abitazione è di sicuro un bene primario in generale, e lo è in modo particolare durante la pandemia in corso, e dall’altro che il debitore esecutato è comunque la parte debole del processo esecutivo”.
Anche tale intervento non è evidentemente stato sufficiente e la Consulta ha anche puntualizzato che “il legislatore ha la piena discrezionalità per quanto riguarda la conformazione degli istituti processuali, a condizione però che la disciplina non risulti del tutto arbitraria o irragionevole e non comprima senza motivo il diritto di agire. Per questo la sospensione delle procedure esecutive deve considerarsi legittima, purché rappresenti un evento eccezionale”.
Si legge altresì che “è corretto quindi tutelare un diritto primario e fondamentale come quello dell’abitazione, a condizione però che la sospensione delle procedure esecutive sia limitata nel tempo e venga disposta per fronteggiare eventi del tutto eccezionali. Nel caso di specie, non si può trascurare che la sospensione delle procedure esecutive ha raggiunto la durata complessiva di 14 mesi”.