Sì alla riduzione delle tasse, ma a fronte di un calo della spesa pubblica. Daveri (Bocconi) a LabParlamento sulla promessa elettorale di FI
di Valentina Magri
“Bisogna pensarci molto seriamente prima di introdurre una flat tax in un Paese ad alto debito pubblico e con un welfare state che gli italiani non vogliono tagliare”, ammonisce Francesco Daveri, Direttore del programma MBA e docente di Macroeconomia presso la SDA Bocconi, editorialista e membro del comitato di redazione del sito di informazione economica la voce.info.
Qual è il suo commento sulla proposta di flat tax del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi?
“Chi propone la flat tax dice che è già stata adottata in tanti Paesi. È stata effettivamente adottata in 40 nazioni, che sono per lo più paradisi fiscali e paesi dell’Europa orientale. Nella maggior parte di essi, non c’è un welfare state da finanziare. Nei Paesi europei con cui ci confrontiamo, come Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna, non vige questa tassazione. Ne serve una progressiva, per evitare aumenti di tasse con procedimenti parlamentari lunghi a fronte di emergenze. Bisogna pensarci molto seriamente prima di introdurre una flat tax in un Paese ad alto debito pubblico e con un welfare state che gli italiani non vogliono tagliare. Bene la riduzione del carico fiscale, ma deve essere attuata in modo sostenibile. Si possono ridurre le tasse, se gli italiani sostengono al contempo una riduzione della spesa pubblica. Altrimenti, si corre il rischio di creare più deficit e tornare a maggiori tasse domani dopo averne avute meno oggi. Non credo che la flat tax sia una buona idea”
Quali effetti avrebbe sui contribuenti italiani?
“Dipende dai dettagli di attuazione. Ad oggi è prevista una sola aliquota, probabilmente pari al 23%, invece che 4-5 aliquote a seconda degli scaglioni di reddito che si pagano ora. Un’aliquota del 23% equivale all’aliquota più bassa vigente attualmente, in cui rientrano tanti contribuenti. Questa aliquota unica serve a dare visivamente la percezione che nessuno pagherà più tasse di prima e chi pagherà uguale a prima potrebbe beneficiare di una no tax area più ampia, in modo da mettere in pratica il motto berlusconiano “meno tasse per tutti”.
“I dettagli di attuazione della flat tax a loro volta dipendono da come sarà finanziata la riduzione di gettito. Berlusconi parla di un recupero di base imponibile e di una riduzione delle detrazioni e deduzioni, ma senza specificare quali sarebbero cancellate. Per capire gli effetti sui contribuenti bisognerebbe fare il netto tra riduzione delle aliquote e taglio di detrazioni e deduzioni.”
Quale sarebbe l’impatto della flat tax sul gettito?
“Anche questo dipende dal tipo di flat tax che si deciderà di implementare. Una flat tax senza misure compensative implicherebbe un calo delle entrate per lo Stato decisamente inferiore rispetto alla flat tax proposta della Lega Nord, che porterebbe a una riduzione di gettito di 50-70 miliardi di euro, hanno calcolato i miei colleghi Massimo Baldini e Leonzio Rizzo su lavoce.info. Bisogna anche capire la soglia a cui sarà fissata la no tax area, le deduzioni e le detrazioni eliminate o aggiunte. È difficile fare una stima precisa di impatto sul gettito adesso perché troppi dettagli non sono ancora stati definiti.”
Quali sarebbero le conseguenze per l’economia italiana?
“Dipende dall’introduzione della flat tax con un’analoga riduzione di spesa pubblica o meno. Se il calo delle imposte e quello della spesa pubblica porteranno a un bilancio in pareggio, l’effetto potrebbe essere positivo per l’economia perché una riduzione delle imposte sostenibile fa aumentare il reddito disponibile e quindi i consumi. Ma il calo di spesa pubblica deprime il PIL e alcune di voci di spesa, come la riduzione delle deduzioni, hanno un impatto sul reddito disponibile, che aumenta la base imponibile. L’aumento del reddito disponibile dovuto al calo delle tasse non bilanciato da un taglio alla spesa porterebbe ad un aumento del deficit pubblico, per cui i mercati si preoccuperebbero, la Commissione UE farebbe partire una procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo e si rischierebbe che salga ancora il premio per il rischio che gli investitori chiedono quando titoli pubblici di un Paese sono ritenuti rischiosi. Come accadde nel 2011, aumentando i tassi e quindi i costi per le famiglie. Solo che per ora abbiamo l’ombrello della Bce, che non ritira il suo impegno a preservare l’euro qualunque cosa succeda, il pericolo corso nel 2011 stavolta potrebbe essere scongiurato”.
“In ogni caso, un aumento dello spread a fronte di una manovra non ritenuta completamente sostenibile andrebbe messo in conto e porterebbe a tassi più alti, mutui più costosi e quindi maggiori costi per le famiglie, che compenserebbero almeno in parte gli effetti positivi della flat tax.”