Non più rinviabile un intervento vaticano teso a contrastare sedicenti siti cattolici che, nella realtà, propagandano contenuti contro l’attività del Pontefice. In arrivo un “bollino” digitale di attendibilità
di Alessandro Alongi
Il dirompente fenomeno della disinformazione online attraversa il Tevere e lambisce le sacre stanze con affaccio su piazza san Pietro. Il lato oscuro della rete carica di pregiudizi e ostilità, fomentati da alcuni siti e piattaforme online, è avvertito ormai da tutte le Istituzioni come una grave minaccia del processo democratico, tanto che la Commissione europea è corsa ai ripari chiedendo una maggiore responsabilizzazione da parte delle big companies di Internet in vista delle prossime elezioni europee. La Chiesa cattolica non è da meno e, analogamente alle altre organizzazioni, è anch’essa vittima dei fake.
L’ultimo Sinodo sui Giovani (una riunione planetaria di tutti i Vescovi insieme al Papa) a fine ottobre è stato un utile momento di riflessione che ha portato alla ribalta il fenomeno della proliferazione delle notizie false giudicato, questo, come l’espressione di una cultura che ha smarrito il senso della verità e piegato i fatti a interessi particolari.
Un aspetto che riguarda non solo la collettività della rete ma anche la Chiesa in prima persona. Molti siti negli ultimi tempi, infatti, sono stati accusati di criticare il processo di riforme vaticane voluto da Papa Francesco, soprattutto in ambito dottrinale. Da qui il susseguirsi di notizie online più o meno veritiere sull’operato del successore di Pietro ad opera di una frangia conservatrice che fomenta all’interno delle mura leonine.
«Per salute mentale io non leggo i siti internet di questa cosiddetta “resistenza”. So chi sono, conosco i gruppi, ma non li leggo» aveva dichiarato ad inizio anno Papa Bergoglio. Un problema che comunque andava affrontato, e qui torniamo ai lavori del Sinodo. Nel Documento finale approvato a conclusione dei lavori, i Vescovi «auspicano che nella Chiesa si istituiscano ai livelli adeguati appositi Uffici o organismi per la cultura e l’evangelizzazione digitale» che, tra le loro funzioni, «potrebbero anche gestire sistemi di certificazione dei siti cattolici, per contrastare la diffusione di fake news riguardanti la Chiesa».
Tale compito, da affidare ad un’organizzazione interna chiamata a “riconoscere” le testate cattoliche online “ufficiali”, ha fatto subito scalpore, riportando alla memoria l’Index librorum prohibitorum che tornerebbe così a rivivere, dopo sessant’anni dalla sua formale abolizione, ma dopo 500 dalla sua creazione, in un sant’Uffizio 2.0.
L’ambiente digitale caratterizza il mondo contemporaneo, non più come mondo parallelo ma una realtà quotidiana delle persone, la cui reputazione, per stessa presa di coscienza delle autorità vaticane, è messa a repentaglio tramite processi sommari online. Gli ultimi scandali mediatici hanno reso chiara la dimensione del problema: sono troppi, ormai, i siti che si professano “cattolici” ma, nella realtà dei fatti, propagano pensieri e riflessioni contro il magistero del Papa. Da qui l’ipotesi suggerita dal Sinodo, un “bollino” digitale di qualità rilasciato a tutti i portali che sappiano contenere le “esuberanze” della comunicazione, condannando la diffamazione, la calunnia e la violenza verbale tipica di alcune nuove forme di partecipazione digitali.
Ma, tenuto conto della vastità e pervasività della rete, quanto sarebbe applicabile nei fatti tale intenzione? Blog e portali nascono e muoiono continuamente e, vista la velocità con la quale si consuma oggi l’informazione, chi – prima di leggere una notizia condivisa su un social network – andrebbe sul sito vaticano per controllare se quella testata è stata ritenuta attendibile o meno dalla Santa Sede? Ma soprattutto, l’istituendo ufficio in argomento, avrebbe davvero le forze, gli uomini e i mezzi per scandagliare l’intero web, apprezzare i contenuti di un portale ed esprimere un giudizio obiettivo e non censorio delle diverse anime della Chiesa? Mistero della Fede.