Dopo il fallimento dell’accordo, gioco delle parti e posizionamenti nel variegato arcipelago centrista
Lo scrutatore non votante*
“Alfano sia coerente, sarebbe incomprensibile un ritorno a destra” ha tuonato Pier Ferdinando Casini ieri sul Corsera, ma per capire perché si è arrivati a questa dichiarazione occorre fare un passo indietro.
Fine maggio 2017: Partito Democratico, Forza Italia e Movimento Cinque Stelle credono di aver trovato l’accordo sulla legge elettorale. È un sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento al 5%. Una soglia appositamente alta al fine di eliminare quelli che una volta venivano chiamati i “cespugli”. Il partito di Angelino Alfano insorge, illudendosi di poter aprire una trattativa sull’abbassamento della soglia con il proprio alleato e azionista di maggioranza del Governo. Matteo Renzi invece gela gli alleati di governo ed in maniera poco elegante, ma soprattutto poco lungimirante, si rivolge ad Alfano nel salotto di Bruno Vespa con le seguenti parole: “Se dopo anni che sei stato al governo, hai fatto il ministro di tutto, e non riesci a prendere il 5%…”. Una dichiarazione che viene vista da tutti come una umiliazione e che provoca una levata di scudi attraverso un susseguirsi di dichiarazioni di fuoco da parte di tutti gli esponenti di Alternativa Popolare.
Alfano, nel suo studio alla Farnesina, consulta le agenzie di stampa cercandone una in particolare che non trova: quella di Pier Ferdinando Casini. Nessuna dichiarazione o presa di posizione, nessuna nota da parte di chi gli è politicamente vicino. Il segnale è inequivocabile.
Primi di giugno 2017: l’accordo elettorale salta subito alle prime votazioni alla Camera e la poca lungimiranza di Matteo Renzi ha creato un problema all’interno della maggioranza di governo. Nell’agenda politica il Pd introduce prepotentemente il tema dello Ius Soli offrendo ad Alternativa Popolare l’occasione per smarcarsi e prendere le distanze. “Chiediamo al Partito Democratico di valutare se e’ una buona idea procedere in questo momento” avverte il Ministro degli Esteri. Ma a rispondergli non è un esponente del Partito Democratico, bensì un uomo della più stretta cerchia di Casini nonchè esponente di governo. Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti interviene a gamba tesa : “Alfano non faccia calcoli, questa legge serve. Io e Casini siamo favorevoli dal 2000.” A questo punto Alfano, a cui mancherà il quid però del linguaggio della politica è un fine conoscitore, capisce che probabilmente Casini dialoga più con Renzi che con lui e che forse è il caso di sparigliare.
L’occasione sono le elezioni siciliane. Alfano le sfrutta per riallacciare il dialogo con Berlusconi e senza indugio si spertica in dichiarazioni degne del ritorno del figliol prodigo. Ma perchè Pier Ferdinando Casini reagisce così duramente? Molto semplice perchè, una volta saltato l’accordo sulla legge elettorale, il quadro politico e di alleanze è drasticamente mutato. Con una legge elettorale che probabilmente sarà un Italicum esteso al Senato con il premio al partito e una soglia di sbarramento al 3% , se Alfano dovesse riuscire ad accordarsi con Forza Italia, i centristi di Casini resterebbero soli con l’impossibilità di accedere alla soglia. Se invece il Cavaliere chiudesse la porta in faccia al suo ex delfino, comunque il progetto di un contenitore centrista dovrebbe faticare di più ad acquisire credibilità. Per questo ieri Casini è dovuto intervenire, parlare ad Angelino perchè intenda qualcun altro?
*Con questo nome scrive un noto personaggio politico che preferisce mantenere l’anonimato