Le onorevoli Gribaudo (Pd), Ciprini (M5S) e Polverini (Forza Italia) commentano a LabParlamento l’eco suscitato dal raggiungimento dei turni corti
di Rita Murgese
Sulla carta le percentuali foriere di consenso, a parole le proposte da competizione elettorale.
Il tema del lavoro, tanto dibattuto dalle opposizioni dopo l’approvazione del Jobs Act, all’interno dei programmi ruota ancora intorno alla nuova riforma targata Matteo Renzi: reintroduzione dell’articolo 18, alleggerimento delle numerose e confuse forme contrattuali ancora esistenti, sgravi fiscali per favorire nuove assunzioni, in particolare quelle a tempo indeterminato.
Sembra proprio che la rivoluzione, intesa come sconvolgimento dello stato attuale, sia in ritardo rispetto alle aspettative e ai traguardi di un’Europa che già da giorni si compiace per il raggiungimento dei turni corti in Germania. Dalle 35 ore di lavoro settimanale si passerà a 28 per una platea iniziale di 900 mila lavoratori del settore metallurgico ed elettrotecnico, che potrebbero diventare nel breve periodo ben 3,9 milioni, ossia gli operai dell’intero comparto tedesco.
Un accordo lampo tra sindacati di categoria e datori di lavoro da fare invidia alle nostre rappresentanze sindacali che, non solo dopo settanta anni dalla Costituzione, ancora attendono la soluzione della mancata attuazione dell’articolo 39 e una legge che regoli la rappresentatività, affinché non proprio tutti possano sedersi al tavolo della contrattazione nazionale.
LabParlamento, partendo proprio da questa notizia, ha intervistato tre voci politiche, tre donne già deputate e membri della commissione Lavoro della Camera e oggi candidate: Chiara Gribaudo del Partito Democratico, Tiziana Ciprini del Movimento 5 Stelle e Renata Polverini di Forza Italia.
In Italia le lotte sindacali durano anni e spesso si risolvono con compromessi al ribasso per i lavoratori. Ad oggi il Paese ha altre priorità nel campo del lavoro o ancora non è pronto per un passo così importante?
Gribaudo (Pd): “L’accordo sindacale raggiunto in Germania riguarda innanzitutto l’aumento dei salari del 4,3%, e direi che questa in Italia è una priorità assoluta; ma la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro è un obiettivo al quale non possiamo rinunciare. In questa legislatura l’abbiamo incentivata con sgravi contributivi dedicati, abbiamo detassato il welfare aziendale per incentivarne l’utilizzo e molte grandi imprese come Ferrari e Luxottica hanno iniziato sperimentazioni importanti. Il Parlamento ha anche esteso i congedi parentali, ma certamente il ruolo della contrattazione sindacale in questo campo resta centrale. Servono non solo più posti di lavoro, ma anche lavoro di qualità che significa anche poter dedicare più tempo alla famiglia, se necessario”.
Ciprini (M5S): “Il Movimento 5 Stelle è stato pioniere in tal senso: già nell’aprile dello scorso anno ponemmo la questione della riduzione dell’orario di lavoro (a parità di stipendio) ai nostri iscritti alla piattaforma Rousseau per la costruzione partecipata del programma Lavoro. La proposta della riduzione dell’orario di lavoro ottenne quasi 70.000 preferenze espresse: tra le varie opzioni i nostri iscritti scelsero proprio la riduzione dell’orario al di sotto delle 40 ore settimanali e la settimana corta di quattro giorni. La riduzione del lavoro dell’orario di lavoro consentirebbe anche di ridistribuire i carichi occupazionali in maniera equa: lavorare meno lavorare tutti”.
Polverini (FI): “Nel nostro Paese, purtroppo, le relazioni industriali non godono di buona salute e, soprattutto negli ultimi anni, hanno subito l’indirizzo dato dal governo, replicando un po’ in tutti i contratti rinnovati il bonus di 80 euro di Renzi, che è diventato ormai una sorta di benchmark. Detto questo vorrei sottolineare che in Italia lavoriamo mediamente più di 300 ore l’anno rispetto ai tedeschi, il che sposta il problema della produttività dal lavoratore ai mezzi che le imprese mettono o meno a disposizione del ciclo produttivo. In ogni caso l’accordo pilota raggiunto dai metalmeccanici tedeschi ha un forte impatto sull’organizzazione dei tempi di vita e di lavoro e rappresenta un interessantissimo esperimento da seguire”.
Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. È possibile raggiungere un tale equilibrio?
Gribaudo (Pd): “Non solo è possibile, è indispensabile nell’ottica di aumentare la produttività del lavoro. Spesso sentiamo dire che per ottenere una crescita delle retribuzioni è necessaria una crescita della produttività, ma non si produce di più sfruttando la forza lavoro al limite dell’umano. Anzi, avviene spesso l’effetto contrario: in Italia non è raro incontrare aziende in cui si lavora troppo e male. Gli industriali del Baden-Wuttenberg che hanno firmato l’accordo hanno capito che il benessere di chi lavora corrisponde a una produttività maggiore. Credo che proprio questa fase economica, in cui grazie al piano Industria 4.0 la forza della nostra manifattura sta crescendo rapidamente, si possa trovare spazio per un miglioramento delle condizioni di lavoro. La politica nel frattempo deve intervenire per quelle realtà dove il sindacato non arriva: con un salario minimo legale e tutele di welfare che coprano tutti i lavoratori senza distinzioni fra categorie, com’è accaduto per troppo tempo”.
Ciprini (M5S): “Quella della riduzione dell’orario di lavoro si colloca all’interno di una riflessione sulla rigidità dell’orario di lavoro in Italia che, come forza politica, abbiamo già avviato in questa legislatura con un apposita proposta di legge, a mia prima firma, sulla flessibilità dell’orario di lavoro. In questi anni infatti si è perseguita una flessibilità del lavoro che ha precarizzato i salari le prospettive professionali, piuttosto che una flessibilità nel lavoro, ad esempio, si è fatto poco o nulla per rendere più elastici gli orari di lavoro. Il valore del tempo libero va rimesso al centro, per progettare una vita di qualità, più sana e adottare modelli organizzativi virtuosi. È stato dimostrato che lavorare meno aumenta la produttività’, la motivazione e la soddisfazione del lavoratore, stimola la forza creativa, vero motore dell’innovazione e cuore pulsante delle professioni del prossimo futuro”.
Polverini (FI): “In Italia tutta la flessibilità è giocata in funzione delle esigenze delle aziende più che su quelle dei lavoratori. Persino il part time viene visto come una concessione piuttosto che come un modo di conciliare le esigenze della produzione con quelle familiari. Dopodiché ogni volta che l’Istat ci ricorda che siamo nel pieno di una crisi demografica, ci meravigliamo e battiamo il petto invocando bonus per i figli che, in realtà, oltre che per motivi economici non si fanno proprio perché non sussistono condizioni di conciliabilità tra la vita lavorativa e quella familiare”.
Qui si parla di costo del lavoro troppo alto e di potenziare gli incentivi per le assunzioni. Insomma per la maggior parte misure difensive e sempre meno di visione…
Gribaudo (Pd): “Il Partito Democratico è soddisfatto del quadro di incentivi messi in campo in questa legislatura, per noi non si tratta di crearne altri ma di rendere più convenienti i contratti stabili rispetto al tempo determinato. La visione manca a chi crede che i problemi si risolvano con la bacchetta magica della flat tax, del reddito di cittadinanza o della tassa sui robot: noi invece vogliamo costruire tutele universali per i compensi, per le pensioni e le prestazioni sociali, ma soprattutto per la formazione. Con la tecnologia che rivoluziona il mondo del lavoro in maniera costante, pensare a misure assistenziali significa non affrontare i problemi e continuare a finanziare la disoccupazione. Noi vogliamo finanziare l’occupazione, e vogliamo farlo rendendo effettivo il diritto alla formazione durante tutto l’arco della vita. Abbiamo iniziato dalle politiche attive, con l’assegno di ricollocazione, e dal credito d’imposta per la formazione 4.0. Vogliamo proseguire con un conto personale di formazione a partire dalla maggiore età, da utilizzare fino alla pensione: la sfida del lavoro contemporaneo e futuro è la crescita continua delle competenze, unico modo per rispondere all’evoluzione tecnologica”.
Ciprini (M5S): “Nel corso degli anni il processo di riduzione dell’orario di lavoro è progredito in molti Paesi, anche come strumento per mitigare gli effetti della disoccupazione: in Germania sono stati utilizzati spesso i contratti di solidarietà, in Olanda è stato incentivato il part-time con il 50% della forza lavoro che ha un contratto in media di 30 ore settimanali, in Francia lo straordinario dopo le 35 ore costa il 25% in più. In Italia siamo andati finora in senso diametralmente opposto, ad esempio premiando lo straordinario, aumentando l’età pensionabile, incentivando al minimo possibile i contratti di solidarietà e il part-time che in Italia viene subito e non scelto. Va invertita al più presto la rotta”.
Polverini (FI): “Siamo da anni esclusivamente sulla difensiva, provando a tenere in vita attività che non hanno futuro e rinunciando a investire su quelle che potrebbero posizionare il nostro Paese in una posizione privilegiata sulle produzioni del futuro. Ma per cambiare strada occorrerebbero investimenti pubblici importanti e, da questo punto di vista, abbiamo assistito allo sperpero di risorse ingentissime in politiche dal sapore elettoralistico che, a guardare i sondaggi, non sembrano essere efficaci nemmeno per le sorti del governo in carica. Anche per questo Forza Italia ha messo in campo un programma che tende a dare una scossa al Paese, cominciando dal fisco”.