Online un ricco database di beni sequestrati alla criminalità e riassegnati ad associazioni, comuni e forze dell’ordine. Dietro i numeri lo spaccato di un Paese che non si piega al malaffare
di LabParlamento
Ammontano a 14.874 gli immobili confiscati alle mafie e destinati alle più diverse finalità sociali e raccolti in un innovativo database a conferma del grande impegno di magistratura, inquirenti e forze dell’ordine nella lotta alla criminalità organizzata.
I beni confiscati sono tutti quei beni mobili, immobili e aziendali che, una volta sottratti alle mafie, vengono riutillizzati mediante l’assegnazione a quei soggetti (associazioni, cooperative, comuni e regioni) in grado di restituirli alla cittadinanza, tramite servizi, attività di promozione sociale e lavoro.
Adesso è possibile consultare una precisa mappa di ville, appartamenti, terreni e altri beni immobili, tutte informazioni contenuti in “Confiscati 2.0”, il nuovo progetto per la trasparenza e la promozione del riutilizzo dei beni incamerati dallo Stato realizzato dalle associazioni Libera e onData con il sostegno di Fondazione TIM. Il portale oggi disponibile nasce dalla caparbietà di un gruppo di persone dal forte carattere innovativo, convinte delle potenzialità del digitale circa i temi della legalità, a cominciare dai beni confiscati di cui, specie nel passato, era poco chiaro anche solo il numero.
Il portale realizzato vuole, da una lato, raccogliere e fornire informazioni in formato open data non solo sul bene in quanto tale, ma anche sulla “vita” del bene stesso (come viene utilizzato e da chi) e, dall’altro, coinvolgere la comunità nella cura del nuovo patrimonio in modo da renderlo luogo di partecipazione e coesione territoriale tramite un costante monitoraggio civico.
La piattaforma in argomento ha censito e rende disponibile non solo l’elenco dei beni suddiviso per regione, ma anche la loro destinazione finale, aggiungendo anche preziose informazioni come, ad esempio, indicazioni sugli avvisi pubblici per le assegnazioni e una notevole raccolta di best practice istituzionali. Il database si basa sui dati raccolti da Openregio, sistema informatico che raccoglie i dati messi a disposizione dall’ANBSC, l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
La normativa per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie ha origini lontane, e risale all’intuizione di Pio La Torre, che all’inizio degli anni ’80 ha posto le fondamenta della materia mettendo nero su bianco la possibilità di aggredire i patrimoni dei malavitosi avocandoli allo Stato. Fu con la successiva legge n. 109/96, nata da un’iniziativa popolare voluta proprio dall’Associazione Libera, che il riutilizzo per finalità istituzionali e sociali dei beni confiscati è diventato realtà, trasformando appartamenti in caserme, locali prima adibiti a delinquenza in centri per anziani e terreni oggetto di malaffare affidati a cooperative sociali.
Esplorando le mappe presenti sul sito si riesce a disegnare un quadro piuttosto accurato della situazione nazionale in tema di beni sottratti: La Sicilia risulta la regione nella quale si trova la maggioranza dei beni requisiti (oltre 6.000), seguita a ruota dalla Calabria (2.400) e dalla Campania (poco più di 2.000). Chiudono la classifica la Valle d’Aosta (7 beni) e il Molise (con 3 immobili sequestrati). Importante è anche il numero del Lazio, che si attesta al quinto posto con 511 beni confiscati. Il 72% dei beni, una volta sottratti al patrimonio della criminalità, viene destinato ai comuni, ma anche alle stesse forze dell’ordine come Carabinieri (quasi 700 beni) e Guardia di Finanza (380 beni), che spesso trovano ospitalità proprio negli immobili strappati al malaffare. I numeri del fenomeno sono molto ampi. In totale ammontano a oltre 23 mila gli immobili sequestrati, di cui appunto oltre 14 mila già confiscati e destinati ad iniziative sociali.
Tra gli immobili assunti al patrimonio statale c’è proprio di tutto: dagli appartamenti ai garage, passando per alberghi, case di cura, ville e ristoranti. Secondo i dati forniti da Libera sono più di 750 le realtà sociali che oggi, in Italia, gestiscono beni confiscati e restituiscono alla cittadinanza bellezza ed etica. Tra queste, 400 sono associazioni non profit e di volontariato, oltre 180 sono cooperative sociali che prevedono il reinserimento lavorativo di persone con disabilità e 13 sono scuole di diverso ordine e grado, che riutilizzano i beni confiscati per le loro attività didattiche. Un bel quadro che tratteggia un’Italia da raccontare, bella generosa e solidale.