Secondo gli ultimi dati forniti dall’ISTAT, al 31 dicembre 2020, data di riferimento della terza edizione del Censimento permanente, la popolazione in Italia conta 59.236.213 residenti, in calo dello 0,7% rispetto al 2019 (-405.275 individui).
Questo calo è attribuibile prevalentemente alla dinamica demografica tra il primo gennaio e il 31 dicembre 2020; infatti, il saldo dovuto al movimento demografico totale (saldo naturale più migratorio), ha fatto registrare 362.507 unità in meno.
La distribuzione territoriale della popolazione è pressoché immutata rispetto al censimento del 2019: il 46,3% risiede nell’Italia Settentrionale, il 19,8% in quella Centrale, il restante 33,8% nel Sud e nelle Isole. Più del 50% dei residenti è concentrato in 5 regioni, una per ogni ripartizione geografica (Lombardia, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia).
Nel 2020 i nati sono 15.000 in meno rispetto al 2019. Il calo (-2,5% nei primi 10 mesi dell’anno) si è accentuato a novembre (-8,3% rispetto allo stesso mese del 2019) e dicembre (-10,7%), mesi in cui si cominciano a contare le nascite concepite all’inizio dell’ondata epidemica.
Secondo i dati provvisori di gennaio-settembre 2021 si registrano già 12.500 nascite in meno, quasi il doppio di quanto osservato nello stesso periodo del 2020. Nel Nord-ovest, l’area del Paese più colpita dalla pandemia durante la prima ondata, a dicembre il calo tocca il 15,4%. Il clima di incertezza e le restrizioni relative al lockdown sembrano dunque aver influenzato la scelta di rinviare il concepimento.
Il forte calo dei nati a gennaio 2021, tra i più ampi mai registrati, dopo quello già marcato degli ultimi due mesi del 2020, lascia pochi dubbi sul ruolo svolto dall’epidemia. Il crollo delle nascite tra dicembre e febbraio, riferibile ai mancati concepimenti della prima ondata pandemica, poteva essere dovuto al posticipo di pochi mesi dei piani di genitorialità. Tuttavia, dai primi dati disponibili, tale diminuzione sembra l’indizio di una tendenza più duratura in cui il ritardo è persistente o, comunque, tale da portare all’abbandono nel breve termine della scelta riproduttiva.
Il numero medio di figli per donna scende nel 2020 a 1,24. Si tratta di un fenomeno di rilievo, in parte dovuto agli effetti “strutturali” indotti dalle significative modificazioni della popolazione femminile in età feconda (tra 15 e 49 anni). Infatti, in questa fascia di popolazione le donne italiane sono sempre meno numerose.
A partire dagli anni duemila l’apporto dell’immigrazione, con l’ingresso di popolazione giovane, ha parzialmente contenuto gli effetti del baby-bust; tuttavia, l’apporto positivo dell’immigrazione sta lentamente perdendo efficacia man mano che invecchia anche il profilo per età della popolazione straniera residente. A diminuire sono soprattutto le nascite all’interno del matrimonio.
Nel 2020 hanno acquisito la cittadinanza italiana 131.803 stranieri. Le donne sono 65.203, il 49,5% del totale e, di queste, il 59,2% ha un’età compresa tra 15 e 49 anni. L’incidenza delle nascite da genitori entrambi stranieri sul totale dei nati è notoriamente molto più elevata nelle regioni del Nord (21,2% sia nel Nord-est che nel Nord-ovest) dove la presenza straniera è più stabile e radicata e, in misura minore, in quelle del Centro (16,6%); nel Mezzogiorno l’incidenza è molto inferiore rispetto al resto d’Italia (5,9% al Sud e 5,1% nelle Isole).