Tra i diversi impatti della pandemia e del confinamento forzato determinato dai provvedimenti assunti per contrastare l’emergenza epidemiologica Covid 19 si riscontra, senza dubbio, un incremento dei fenomeni di violenza di genere e domestica.
Tale fenomeno è stato riscontrato a livello internazionale come evidenziato dall’indagine pubblicata da CEPOL, nel luglio del 2020, e dalle Nazioni Unite che hanno definito questo fenomeno “pandemia ombra”, al fine di sottolinearne il devastante impatto.
I lockdown, disposti per contrastare l’emergenza sanitaria, hanno determinato per le donne conviventi con i soggetti maltrattanti maggiori difficoltà a denunciare e a rivolgersi ai servizi di supporto, così come l’impatto devastante nel mondo del lavoro – che ha visto le donne maggiormente esposte ai suoi effetti negativi isolandole ancor di più e, in alcuni casi, privandole dell’indipendenza economica – ha maggiormente complicato la loro richiesta di attivazione delle reti di supporto.
A livello internazionale ed europeo sono state impartite raccomandazioni e linee guida per contrastare, nell’emergenza sanitaria, il fenomeno “pandemia ombra”, al fine di sensibilizzare i singoli stati ad adottare misure volte a rafforzare i servizi specializzati di supporto mediante incremento delle strutture per l’ospitalità per le vittime, nonché mutando le modalità di intervento e di supporto attraverso l’attivazione dell’assistenza da remoto.
L’incremento della violenza domestica si è registrato anche in Italia, ove i dati Istat relativi all’anno 2020, da marzo a giugno 2020 rilevano che il numero di richieste di aiuto arrivate al numero verde 1522 contro la violenza e lo stalking attivato dal Ministero delle pari opportunità, sono raddoppiate rispetto allo stesso periodo del 2019 (+71,7%), grazie anche alla possibilità di contattare gli operatori attraverso chat facilitando così la vittima a contattare il servizio di supporto eludendo il rischio di poter essere ascoltata, dal soggetto maltrattante e convivente.
Parimenti si è rilevato un aumento anche delle chiamate solo per avere informazioni sulla tipologia di servizi offerti dal 1522. Tale dato non è irrilevante poiché, molto spesso la vittima si non si espone alla prima chiamata. Alcune persone possono avvicinarsi a un servizio chiedendo informazioni prima di sentirsi a proprio agio e raccontare una propria condizione di violenza.
Un dato importante balza all’occhio: nonostante l’incremento delle richieste di aiuto, solo il 14,2% delle vittime che chiede aiuto al 1522 ha denunciato. Le denunce vere e proprie sono state 695, mentre 4.738 hanno preferito non farlo, e 164 hanno denunciato e poi ritirato la denuncia. Perché?
Molto spesso le vittime non denunciano per paura, la denuncia stessa, se non seguita da interventi concreti e soprattutto immediati, diventa causa di ulteriori maltrattamenti, minacce o conseguenze più gravi. Per questo già a partire dal 2019 con la legge n. 69 e l’introduzione del c.d. Codice Rosso è stato previsto una sorta di trattamento preferenziale volto a garantire una effettiva ma soprattutto tempestiva tutela giurisdizionale.
La novità legislativa del c.d. Codice Rosso è rivolta a velocizzare l’instaurazione del procedimento penale e, di conseguenza, l’eventuale adozione di provvedimenti di protezione della vittima. Ma tassello importante del Codice Rosso è stato senz’altro quello di prevenire il rischio della vittimizzazione secondaria.
Con vittimizzazione secondaria s’intende la sottoposizione della vittima di un reato non solo alle conseguenze direttamente connesse allo stesso, bensì anche alle conseguenze discendenti dall’impatto della vittima con le istituzioni di supporto e, più specificamente, con l’apparato giudiziario. Un tipico esempio è rappresentato dalla sottoposizione della vittima a plurime narrazioni del fatto denunciato, tanto più se si tratta di figure più deboli.
Parimenti, ancor prima, già nell’anno 2001 è stata emanata la L. 154 che ha introdotto l’art. 342 bis c.c. “ordini di protezione contro gli abusi familiari”, nonché l’art, 282 bis c.p.p. “Allontanamento dalla casa familiare”, norme che consentono l’assunzione di provvedimenti cautelari provvisori ed urgenti, sia in ambito civile che penale, mirati ad allontanare il soggetto violento dalla compagine familiare, con facoltà per il magistrato di assumere provvedimenti anche di natura patrimoniale, affinché la vittima, oltre a vedersi tutelata attraverso l’allontanamento dall’abitazione familiare del soggetto maltrattante, si veda riconosciuta una somma, posta a carico dell’abusante, a titolo di mantenimento per se o per i figli, qualora non abbia l’autonomia economica che le consenta di sostenersi.
Come sopra evidenziato il lockdown ha favorito l’isolamento delle donne vittime di violenza, aumentando la difficoltà della vittima convivente con l’aggressore a denunciare o a rivolgersi ai servizi di supporto, con conseguente maggiore difficoltà anche a sottrarsi alla violenza.
I fenomeni di violenza, infatti, presuppongono molto spesso, oltre una strategia di controllo da parte dell’aggressore, anche una condizione di isolamento della donna, attraverso la recisione di qualsiasi contatto esterno, quale famiglia di origine o amici, in modo da rendere difficoltoso l’accesso alle reti di sostegno. Il lockdown e la perdita di indipendenza economica della donna hanno contribuito fortemente ad alimentare questo isolamento.
Proprio in ragione di ciò, molte aziende, all’interno dei propri programmi di corporate social responsability, hanno attivato misure di sostegno per le lavoratrici vittime di violenze. Anche il Gruppo Terziario Donna Confcommercio intende offrire un percorso di tirocinio per le donne vittime di violenza all’interno delle proprie aziende, per favorire il loro empowerment e la loro ricollocazione nel mondo del lavoro.
In quest’ottica, al fine di consentire un effettivo ricorso alle sedi giudiziarie, l’Ordine degli Avvocati di Roma e la Regione Lazio hanno sottoscritto un protocollo di intesa volto alla creazione di un fondo a sostegno del patrocinio legale in favore delle donne che hanno subito violenze ed atti persecutori e che non possono usufruire del patrocinio a spese dello Stato.
L’iniziativa è volta a fornire aiuto, in materia civile e penale, sia nell’ambito di azioni in sede giudiziaria che nella fase prodromica all’avvio delle stesse. Consente infatti alle vittime di violenze di usufruire gratuitamente della difesa legale e di avvalersi di avvocati, iscritti in apposite liste, che vantano una esperienza e una formazione continua specifica nel settore della violenza di genere.
Al di là delle misure repressive e delle attività poste in campo, questa pandemia ha messo ben in luce una realtà importante: la violenza, in particolare quella domestica, si nutre e usufruisce dell’isolamento.
La condizione di isolamento, infatti, scoraggia le vittime dal denunciare, per questo bisogna far sentire loro che non sono sole, che possono affrontare e portare alla luce tragedie che di privato hanno ben poco, poiché coinvolgono ogni aspetto della vita di chi le subisce e non solo.
Contributo dell’ Avv. Alessandra Cattel (Cattel Rubino & Concetti Studio Legale Associato) e dell’ Avv. Elisa D’Arrigo (Associazione professionale AC & Partners)