La leadership dell’Unione europea nella lotta ai cambiamenti climatici: una sfida globale per la nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen
Va in scena, in questi giorni, a Madrid – e lo sarà fino al 13 dicembre, la 25^ Conferenza annuale delle parti (Cop) della Convenzione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, anche detta Cop 25, che ha nella sua Agenda di lavoro una serie di importanti temi di discussione, dal bilancio, in termini di ’attuazione, dell’azione per il clima prima del 2020, fino agli impegni futuri contenuti nell’accordo di Parigi.
Dopo il repentino cambio della sede ospitante, dalla capitale del Cile a quella spagnola, che certamente non aiuta in termini di stabilità e credibilità della presidenza cilena di turno, la Conferenza ha davanti a sé una strada tutta in salita: la Cop 25 arriva infatti, da un lato, a seguito del ritiro degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi (che sarà effettivo solo dopo le prossime elezioni presidenziali americane 4 novembre 2020) e, dall’altro, risente della mobilitazione internazionale, soprattutto giovanile, che chiede a gran voce ai leader mondiali di rafforzare l’ambizione degli impegni sul clima.
I risultati finora raggiunti a livello internazionale non sembrano però incoraggianti: le promesse fatte dalle nazioni volte a contenere le emissioni di gas a effetto serra si sono rivelate inadeguate a rallentare i cambiamenti climatici ed alcuni degli Stati con le maggiori emissioni inquinanti al mondo continuano ad aumentarle, con il risultato di impegni decisamente troppo modesti o, nella migliore delle ipotesi, tardivi.
In un quadro a dir poco sconfortante, una nota positiva ci arriva però dal vecchio continente, presente alla Cop 25 con una delegazione ufficiale del Parlamento europeo: solo l’Ue (ancora per poco) a 28, responsabile del 9% dei gas serra globali, sembra aver adottato una politica realmente aggressiva contro i cambiamenti climatici, con la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030 e l’ambizioso obiettivo di diventare il primo continente a impatto climatico zero – la cd. neutralità climatica – entro il 2050.
Una strategia di lungo termine, quindi, che segue gli impegni assunti con gli Accordi di Parigi, e che ha già portato i suoi frutti, con la riduzione del 17%, nel 2017, del livello di emissioni di gas ad effetto serra rispetto ai livelli del 1990.
Il tema dei cambiamenti climatici, tradizionalmente molto caro all’Unione europea, è così diventato un vero e proprio cavallo di battaglia della neo-insediata Commissione europea e della sua Presidente Ursula von der Leyen, che nel discorso di inaugurazione alla Conferenza di Madrid ha confermato quanto già aveva annunciato all’interno del suo programma di lavoro per i prossimi cinque anni (la cd. My Agenda for Europe): un Green Deal per l’Europa che includa, tra gli altri, una legge europea sul clima – per sancire l’obiettivo della climate neutrality 2050 -, la revisione degli obiettivi dell’Ue al 2030 in termini di riduzione delle emissioni, l’introduzione di un prezzo delle emissioni di C02 in ogni settore, un nuovo piano industriale in linea con gli obiettivi della decarbonizzazione.
Una strategia quella del Green Deal definita dalla von der Leyen imprescindibile per la salute del nostro pianeta, della nostra popolazione, ma anche per la nostra economia.
La stessa presidenza finlandese del Consiglio dell’UE, a partire dal secondo semestre del 2019, sta appoggiando la strategia contenuta nelle linee guida della nuova Commissione Ue 2019-2024: non a caso la Finlandia ha adottato, per la sua presidenza il motto “un’Europa sostenibile per un futuro sostenibile”, incoraggiando l’implementazione dell’Unione dell’energia e assicurando il conseguimento degli obiettivi climatici nell’ambito dei programmi del nuovo bilancio europeo 2021-2027.
Sembrerebbe proprio che l’Ue, in uno scenario che certamente non è tra i più rassicuranti, stia assumendo quel ruolo di guida, rivendicato per l’Europa dalla stessa von der Leyen in occasione del suo discorso davanti alla plenaria del Parlamento europeo per la fiducia alla nuova Commissione, non solo come leader delle altre realtà nazionali e sovra-statali, ma come parte attiva di un più ampio Green Deal mondiale.
Per avere ulteriore conferma della leadership che l’Ue intende ricoprire nella lotta ai cambiamenti climatici, bisognerà però attendere la Cop 26, coincidente temporalmente con l’avvio operativo dell’Accordo di Parigi. Appuntamento a Glasgow alla fine del 2020.