La manovra economica (Def e DL) sposta il “redde rationem” all’autunno. Ma prima ci sono Congresso Pd e amministrative
Fa sorridere il commento di quanti in queste ore motivano la risalita dello spread sopra la soglia dei 200 punti con l’ “instabilità politica”. Se fosse vero, quantomeno se fosse vero anche solo in parte, di qui alla primavera 2018 quando (presumibilmente) si terranno le agognate elezioni per il fine legislatura, la situazione sarebbe facilmente destinata ad esplodere o quasi. In realtà, al momento, conviene volare assai più alto e parlare dei “giochi di guerra” Usa-Corea del Nord per capire meglio (e preoccuparsi assai di più) la fase congiunturalmente debole dei nostri corsi mercati.
Questo non significa affatto che l’instabilità politica non ci sia. Detto che, semmai, non si è mai esaurita dall’istante dei risultati della precedente consultazione (febbraio 2013), è peraltro vero che in questa settimana pasquale l’elenco dei timori, soprattutto dopo il varo del pacchetto economico (Def e DL manovrina), semmai può dirsi accentuato.
La resistenza del governo Gentiloni sembra venga messa sempre più a dura prova. I numeri del Def più che l’intervento d’urgenza per impedire la procedura d’infrazione, stanno infatti a dimostrare, per pressoché unanime riconoscimento, il rinvio a settembre di qualsiasi decisione “forte” in tema di politica economica. Senza contare che anche alcune delle misure più pregnanti tra quelle previste (come il taglio del cuneo fiscale) andranno verificate sotto il profilo della praticabilità alla luce del reperimento delle risorse per far fronte alla copertura delle clausole di salvaguardia (leggi aumento dell’Iva) e al calo del deficit dal 2,1% del Pil, che dovrebbe raggiungere quest’anno, all’1,2% nel 2018. In proposito, le cifre che circolano non sono univoche e risentono per buona parte della mancanza di informazioni complete sui documenti governativi (il testo del DL, per esempio, essendo stato approvato “salvo intese”, latita ancora). Tuttavia, potremmo delineare grosso modo una manovra da Legge di Stabilità compresa tra 30 e 35 miliardi di euro, di cui poco meno di 20 solo per lo stop all’Iva che, se attuato, creerebbe evidenti problemi sotto il profilo della crescita (sebbene sia da registrare anche la voce in base alla quale si potrebbe lasciar correre un aumento parziale e selettivo). Si vedrà.
Per intanto l’incertezza sul domani è destinata a proseguire passando tra l’altro attraverso due scadenze a loro volta condizionanti (specie la seconda). Ovvero le primarie del Congresso Pd a fine aprile e le elezioni amministrative di inizio giugno.
Data per pressoché scontata la vittoria di Matteo Renzi, ci si chiede però se, dopo, cesseranno o meno le lotte intestine che hanno contraddistinto fin dall’inizio la sua ascesa nel partito; se il partito riuscirà a ricompattarsi o meno in vista della futura campagna elettorale nazionale; se, alla luce, della modifica o meno della legge elettorale, il Pd sperimenterà o meno qualche formula d’intesa con altre forze. Quanto al test di giugno, si sa che in Italia le amministrative non sono mai state considerate soltanto come consultazioni locali rivestendo, al contrario, una valenza importante a livello nazionale. Sarà così anche questa volta. Tra i temi: la forza del Pd dopo la scissione e quella degli scissionisti; la risposta del favore popolare verso un M5S che da un po’ di tempo a questa parte cerca già di accreditarsi come futuro inquilino di Palazzo Chigi; la conferma o meno della storica capacità di guida di Forza Italia all’interno del centro-destra rispetto alle crescenti aspettative di Lega e Fratelli d’Italia; il riassorbimento o meno dell’astensionismo ovvero di uno dei fattori pregnanti, secondo i sondaggisti, del successo del M5S rispetto ai partiti tradizionali.
Se Gentiloni passerà indenne attraverso queste “forche caudine”, sarà più forte quando, appunto in autunno, si tratterà di rimettere mano al vero e unico “nodo” da sciogliere, quello dell’economia. Ma delimitare, adesso, cosa vuol dire “indenne”, è davvero un problema non da poco. Quali saranno infatti gli effetti sul Governo nel caso di una vittoria chiara di Renzi al Congresso e quali in caso di percentuali meno sfavillanti? E a fronte di un esito tranquillizzante delle urne estive oppure, all’opposto, deludente? In tutti i casi le risposte possono essere più di una convergendo nell’appoggio all’esecutivo o, al contrario, nella prosecuzione della politica degli “avvertimenti al navigante” fin qui seguita. Rendendo la traversata tra i marosi assai impervia. Specie per il Paese.