di Laura Campagna
Da diversi anni il settore televisivo si confronta con le sfide poste dalla rivoluzione digitale e con l’incremento scaturito dal processo di convergenza tecnologica (tema contenuto nel libro verde della Commissione europea, dal titolo “Prepararsi a un mondo audiovisivo della piena convergenza: crescita, creazione e valori”). Si è verificata dunque una progressiva fusione tra i tradizionali servizi radiotelevisivi e internet, nonché la determinazione di una molteplice possibilità di visioni.
Proprio in virtù di questa progressiva evoluzione, il riordino del servizio pubblico radiotelevisivo ha come principale obiettivo quello di mettere la Rai nelle migliori condizioni per poter competere sul mercato nazionale ed internazionale e sulle diverse piattaforme tecnologiche presenti, preservando ed accentuando il suo importante ruolo culturale volto a “informare, educare, divertire” il pubblico.
Il disegno di legge n. 1880, di iniziativa governativa, composto di sei articoli, intende riformare l’attuale assetto del servizio pubblico televisivo al fine di rendere l’azienda Rai più autonoma ed efficiente da un punto di vista gestionale, e contemporaneamente rafforzare la sua funzione sociale.
Parte centrale del provvedimento è il nuovo modello di governance che prevede in capo ad un solo amministratore la responsabilità di guida dell’azienda, determinando una netta separazione tra gestione dell’azienda e il controllo dell’attività svolta, contrariamente all’attuale modello aziendale che è strutturato su un sistema di gestione mista, vale a dire un Consiglio di Amministrazione e un direttore generale che mediano continuamente sulle scelte aziendali da adottare da un punto di vista operativo. Al fine di conferire ad essa un assetto di tipo manageriale, la riforma Rai intende dotare l’azienda di un Amministratore delegato, vale a dire di una guida chiara, efficace, riconosciuta, in grado di prendere decisioni e di risponderne in prima persona. Pertanto, all’Amministratore delegato sono attributi un ventaglio ampio di attività con l’obiettivo di rendere l’azienda Rai capace di prendere decisioni in tempi più rapidi rispetto a quelli attuali e con un grado di efficienza maggiore.
Le innovazioni introdotte dalla nuova figura dell’Amministratore delegato hanno prodotto cambiamenti anche sul ruolo e le funzioni del Consiglio di Amministrazione Rai. Il principale compito del CdA è quello di controllo ed indirizzo strategico dell’azienda, contrariamente al ruolo oggi ricoperto, di gestione. Su proposta dell’assemblea degli azionisti, il Consiglio di Amministrazione è chiamato a nominare l’amministratore delegato e ad approvare il piano industriale, il piano editoriale, il preventivo di spesa annuale, e infine, gli investimenti rilevanti dell’azienda (quelli di importo superiore a 10 milioni di euro). Al Presidente del Consiglio di Amministrazione e a due consiglieri, designati dal Consiglio stesso, sono conferite le funzioni di controllo e sorveglianza sull’attuazione da parte dell’azienda delle linee e degli indirizzi programmatici, sullo sviluppo e sulla commercializzazione del prodotto audiovisivo, sulla qualità della programmazione, sullo sviluppo del portale e sulla fruizione dei contenuti tramite nuovi dispositivi e piattaforme. Infine, con cadenza semestrale, il Presidente e i due consiglieri dovranno redigere un resoconto sull’attività svolta, da sottoporre all’esame del Consiglio.
Il provvedimento interviene anche sull’assetto e sulla composizione del CdA, in quanto i suoi membri passano da nove a sette e sono così nominati: due eletti dalla Camera dei deputati e due dal Senato; due dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze; uno individuato dall’assemblea dei dipendenti della Rai con modalità trasparenti e che garantiscano la rappresentatività. Il disegno di legge dispone anche che la nomina dei membri del Consiglio di Amministrazione debba essere effettuata garantendo la presenza di entrambi i sessi, e con un adeguato equilibrio tra componenti, tale da garantire una elevata professionalità e un’effettiva esperienza nei settori giuridico, finanziario, culturale ed industriale, nonché tenendo conto dell’autorevolezza richiesta dall’incarico, e dell’assenza di conflitti di interesse o di cumulo di cariche in società concorrenti. La carica di membro del CdA non può essere ricoperta – a pena di ineleggibilità o decadenza, anche in corso di mandato – da coloro che ricoprono cariche politiche ed amministrative.
Al Presidente del Consiglio di Amministrazione, eletto tra i suoi membri, oltre ai compiti di controllo e sorveglianza, sono affidate deleghe nelle aree delle relazioni esterne, istituzionali e di supervisione delle attività di controllo interno, previa delibera assembleare.
Per quanto riguarda la Commissione parlamentare di vigilanza, il suo ruolo è sensibilmente ridimensionato rispetto a quello attuale. Difatti a questa sono attribuite le originarie funzioni di indirizzo generale e di vigilanza dei servizi pubblici radiotelevisivi. Il parere della Commissione risulta necessario solo nell’ipotesi in cui l’assemblea deliberi la revoca dei componenti del Consiglio di Amministrazione.
Ulteriore aspetto importante del provvedimento riguarda il contratto di servizio pubblico che disciplina i rapporti tra lo Stato e la Rai. La durata del contratto passa dagli attuali 3 a 5 anni. Tramite un’apposita delibera del Consiglio dei Ministri saranno stabiliti anche adeguati indirizzi da sottoscrivere all’atto di ciascun rinnovo del contratto nazionale. Il rinnovo del contratto deve avvenire nel quadro della concessione che riconosce alla Rai il ruolo di gestore del servizio pubblico radiotelevisivo nazionale. Il contratto di servizio pubblico deve definire, inoltre, gli indirizzi per la fissazione delle linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo, definite in relazione allo sviluppo dei mercati, al progresso tecnologico e alle mutate esigenze culturali, nazionali e locali. Infine, sono state previste disposizioni che intervengono sull’articolazione territoriale della Rai e sulle spese per la sede di Bolzano (derivanti dalla convenzione per le trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua ladina e tedesca), andando ad incrementare i finanziamenti per le trasmissioni in lingua tedesca e ladina per l’anno 2015 di euro 5.000.000 e per l’anno 2016 di euro 9.687.000, con oneri a carico del bilancio dello Stato.
Altro grande pilastro della riforma, su cui il Governo ha tentato di intervenire, è la delega per il finanziamento del servizio pubblico e per il finanziamento dell’emittenza locale. L’attuale art. 47 del Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici disciplina, con decreto del Ministero dello Sviluppo economico, la modalità di finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo, tramite riscossione del canone di abbonamento stabilito annualmente. Il Ministero dell’Economia stabilisce l’ammontare del canone in misura tale da consentire alla società concessionaria di coprire i costi che saranno sostenuti per adempiere agli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo.
Tuttavia, a seguito dell’articolo 21 del decreto legge n. 66 del 2014, le somme derivanti dal canone di abbonamento sono state ridotte di 150 milioni di euro e l’altissimo livello di evasione ha evidenziato l’urgenza di una revisione del meccanismo di finanziamento Rai. Diverse sono state le ipotesi volte a sanare questa situazione, facendo anche riferimento alle esperienze degli altri paesi europei, dove ad eccezione di Spagna ed Olanda che non hanno un canone di abbonamento, i restanti Paesi hanno tariffe molto più elevate e bassi livelli di evasione.
Al fine di rendere più chiaro il quadro normativo vigente, l’ultimo importante tema affrontato dal disegno di legge di riforma è il riassetto normativo del Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici. La delega avrà il compito di provvedere al riordino e alla semplificazione delle norme vigenti.
Lo scorso 31 luglio, l’Aula del Senato, ha approvato il disegno di legge sopra esaminato, con 142 voti favorevoli, 92 contrari e nessun astenuto. Il testo come modificato in Aula, dopo l’esame dei singoli articoli, evidenzia tra i punti fondamentali della Riforma, quello relativo alle disposizioni sulla nomina del Cda che iniziano ad avere efficacia a decorrere dal primo rinnovo e, in fase di prima applicazione, al direttore generale della Rai, nominato con la legge Gasparri, si applicano le disposizioni riferite all’Amministratore delegato. Riguardo la figura di quest’ultimo, sono stati approvati emendamenti che prevedono un’incompatibilità per l’Ad, con cariche di governo, anche se ricoperte nei dodici mesi precedenti alla data della nomina. Si è inoltre ribadita la necessità di nominare l’Ad tra coloro che non abbiano conflitti di interesse e non cumulino cariche in società concorrenti.
Tra gli altri emendamenti approvati, di interesse sono quelli che stabiliscono che le modifiche dello Statuto della Rai siano deliberate dal Consiglio di Amministrazione e approvate successivamente dall’assemblea straordinaria. Inoltre, sono confermati i requisiti di onorabilità per i Consiglieri, ed è stato esteso al personale Rai – ad eccezione dell’Amministratore delegato – il tetto sulle retribuzioni.
Il disegno di legge approvato in Senato, conferma le norme previste sulla responsabilità dei componenti del CdA e prevede la deroga, rispetto all’applicazione del codice dei contratti pubblici, per i contratti aventi per oggetto l’acquisto, lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di programmi radiotelevisivi, e per i contratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria. La riforma conferma la norma che prevede l’estensione a cinque anni della disciplina dei contratti per lo svolgimento del servizio pubblico e potenzia il ruolo del Consiglio dei Ministri, il quale è tenuto a deliberare indirizzi prima di ciascun rinnovo del contratto nazionale. È stata confermata inoltre la delega per il riordino e la semplificazione dell’assetto normativo, nonché la diminuzione dei membri del Consiglio di Amministrazione.
La parte del provvedimento che prevede le nuove regole per la governance, seppur con alcune modifiche, ha mantenuto l’impianto di partenza, mentre, il Governo ha subito al Senato una grande battuta d’arresto proprio sull’articolo 4, ovvero sulla delega conferita all’esecutivo per la revisione della normativa sul canone. Sono stati approvati emendamenti di opposizione e minoranza PD (con il parere negativo sia del Governo che del relatore), che hanno definitivamente fatto naufragare l’importante delega all’esecutivo per la revisione della normativa sul canone. L’obiettivo della delega, secondo il Governo, era proprio quello di individuare gli strumenti più opportuni affinché si ottemperasse all’assolvimento dell’obbligo del pagamento del canone, al fine di garantire l’indipendenza economica e finanziaria della Rai. Tuttavia, il testo così modificato dal Senato è passato ora all’esame della Camera.