Mancano ormai poche settimane all’elezione del Presidente della Repubblica, passaggio chiave di questa XVIII Legislatura. Come avevamo scritto qualche mese fa, gli esiti della stessa sono appesi a questi 1.008 grandi elettori.
La confusione è rimasta la stessa di qualche ma qualche scenario sembra delinearsi: il silenzio del premier Draghi alimenta ancor di più le ricostruzioni di chi lo vuole effettivamente in corsa per il Colle; alla luce del sole agisce invece Silvio Berlusconi che spera nel colpaccio di vedere la sua foto istituzionale appesa negli uffici di tutti i Pubblici ministeri d’Italia, anche quelli che l’hanno indagato. La ministra Cartabia si sta costruendo un profilo più politico e Casini è pronto per la quarta votazione.
Il quadro è assai complesso. La politica, nella riuscitissima festa di Giorgia Meloni, che non si è legittimata ma si è fatta legittimare come interlocutrice privilegiata e, chissà, forse come candidata del centrodestra alla premiership, ha esposto i suoi punti di vista. Ad oggi, a parere di chi scrive, tutto dipende da Draghi.
In molti, nella maggioranza, preferirebbero che rimanesse a Palazzo Chigi nel timore che, una volta salito al Quirinale possa dare il via alle elezioni anticipate. Il ragionamento è, così posto, viziato e Matteo Renzi lo ha fatto velatamente notare: non si considera infatti l’ipotesi che, un Draghi impallinato possa comunque lasciare il governo ovvero l’ipotesi nella quale la maggioranza si divida, eleggendo un presidente “di area”.
In ambedue i casi, questi si, i rischi di elezioni sarebbero elevati. Tutti fanno finta di nulla ma la verità è che, ad oggi, i 1.008 grandi elettori sono incidentali, dipendenti e funzionali dalla scelta di un uomo: Mario Draghi. Se lui dovesse affermare la propria “disponibilità”, nessuno oserebbe tirarsi indietro. In maggioranza ed all’opposizione.
Il presidente Fico, che presiede il Parlamento in seduta comune, ha fatto sapere oggi che il 4 gennaio convocherà deputati, senatori e delegati regionali. Manca quindi davvero poco. Poi spetterà alla politica cercare accordi, confluire su nomi, individuare garanti, patrioti, uomini o donne di alto profilo.
Chissà che non sia l’ultima volta e che, la prossima, spetti a tutti i cittadini farsi elettori. A quel punto chi vorrà candidarsi dovrà farlo alla luce del sole, senza celarsi dietro silenzi o retroscena. Occhio al Colle. La salita è quasi finita.