Un fatto sembra accomunare tutti, o quasi, i femminicidi finora occorsi. Anche solo a considerare gli ultimi tristi episodi, famosi e meno famosi, si nota che vi è stata una certa leggerezza da parte dell’Autorità Giudiziaria nel valutare le preoccupazioni espresse dalle vittime in fase di denuncia.
Nel tristemente noto caso Cecchettin, il Corriere della Sera riporta che i carabinieri ritengono «volontario l’allontanamento di Giulia» e, a seguire, «non vi è nessun pericolo di vita in corso». Invece Giulia era stata rapita, sequestrata e poi uccisa. Conclude mestamente il giornalista: “Quelle due annotazioni dei carabinieri, alla luce di quello che aveva raccontato Gino (padre di Giulia), forse spiegano un momento di mancata comprensione della pericolosità di Filippo” (Corsera 23.11.23).
Analogo epilogo nel successivo, e più recente episodio di Vanessa Ballan, in cui l’ex fidanzato albanese, denunciato per stalking dalla vittima, commette l’omicidio indisturbato, uccidendo la ex compagna incinta del nuovo fidanzato col quale aveva già un figlio. Per non parlare del fratricidio di Elena Scagni i cui genitori avevano denunciato la pericolosità del figlio psicolabile ma, i Carabinieri, avevano preso la segnalazione con estrema superficialità.
Episodi come questi, dove è stata sporta denuncia invano, sono molteplici e assai dolorosi. Come fare, dunque, a ridurne il numero e a proteggerne le vittime? Dobbiamo chiaramente individuare le cause di questo fallimento (non riuscirei a trovare altra definizione più appropriata) che possono essere ricondotte a due motivi principali: mancanza di personale per innalzare i livelli di controllo e verifica nei confronti delle donne che sporgono denuncia per maltrattamenti in famiglia, lesioni, violenze, stalking etc e – in seconda battuta – inesperienza, superficialità, sottovalutazione.
Mentre a queste ultime cause si può porre rimedio solo attraverso la formazione e l’affiancamento a personale specializzato, alla “mancanza di personale” si deve ovviare con l’ottimizzazione delle risorse. Ricordando inoltre che l’azione giudiziaria deve possedere specifiche caratteristiche (adeguata, proporzionata, economica, appropriata, tempestiva) vediamo se quanto operato in ambito scolastico dalla AG, alla ricerca di Presunti Maltrattamenti a Scuola(PMS), risponde ai suddetti requisiti. Qualora così non fosse, potremmo tranquillamente dirottare risorse di pubblica sicurezza dalla scuola alla prevenzione della violenza sulle donne che sporgono denuncia. Si tratta spannometricamente di migliaia di inquirenti e milioni di euro, non proprio bruscolini.
Facciamo prima due conti approssimativi. Mediamente si spendono per singolo caso circa 12.000 euro per le sole intercettazioni con traccia audiovideo (della durata di 1-4 mesi a seconda della durata delle indagini), con una decina di carabinieri impegnati per analogo periodo e dediti a visione, trascrizione, selezione progressivi, sommarie informazioni testimoniali etc. Vanno quindi sommate le spese processuali coi coinvolgimenti delle varie figure. Si tenga inoltre conto che al momento sono pendenti circa 500 procedimenti penali di PMS che impegnano pertanto un numeroso cospicuo di inquirenti non utilizzabili altrimenti per mesi e mesi. Senza dimenticare che questa tipologia di problemi è di competenza del dirigente ed eventualmente dell’Ispettore tecnico ministeriale.
Gli esiti dei procedimenti penali per PMS – dopo 5/8 anni – hanno visto alcune condanne di “maestre violente” e altrettante assoluzioni perché “il fatto non sussiste”. Se poi consideriamo il fatto che in nessun episodio (inclusi quelli esitati con una condanna) si è avuta una sola lesione di un bimbo con versamento/stillicidio di sangue, si comprende l’immensa differenza tra i “maltrattamenti in famiglia” e i “maltrattamenti a scuola”.
Anche gli arresti in flagranza di reato sono una minima parte (1%). I progressivi contestati alle maestre rappresentano mediamente lo 0,2% di tutte le intercettazioni. Già qui sarebbe opportuno chiederci se conviene impegnare le FFOO a scuola o in ambito domestico. Infine, è bene ribadire con forza e determinazione che “per un bimbo non vi è posto più sicuro della scuola: molto più sicuro della sua stessa famiglia”. È la stessa cronaca nera a raccontarcelo.
L’azione giudiziaria condotta da non-addetti-ai-lavori in materia di pedagogia-istruzione-educazione, a fronte dei numerosi mesi di intercettazioni (peraltro discutibilissime per le manipolazioni che subiscono quali la decontestualizzazione, la selezione avversa, la trascrizione, la drammatizzazione, l’interpretazione) risulta tutt’altro che tempestiva: quale genitore (che sporge denuncia) lascerebbe il proprio pargolo per lunghi mesi di indagine nelle mani di una maestra violenta? La tempestività di un intervento può e deve essere esclusivamente garantita dal dirigente scolastico che, a differenza delle FFOO, è un addetto-ai-lavori.
Non si può che convenire col giudice del riesame di Cagliari che nel 2017 fotografò in modo esemplare il caso a lui sottoposto con le seguenti parole: “l’esame del materiale non consente di ritenere che la condotta della maestra integri la soglia del penalmente rilevante, connotandosi al più come espressione di discutibili metodi didattici che esauriscono la loro censurabilità in ambito disciplinare”. Il magistrato non sapeva di aver dato la sola soluzione logica a un fenomeno esclusivamente italiano (possibile che ancora oggi nessuno si chieda il perché?). Deputato a risolvere contenziosi tra maestra e genitori è il dirigente scolastico – che possiede i titoli e l’autorità necessaria a differenza degli inquirenti non-addetti-ai-lavori – ed eventualmente può ricorrere a provvedimenti disciplinari. Così funziona in Inghilterra, Francia, Germania, e negli altri Paesi civili, ma non da noi.
Non resta che restituire ai DS le loro responsabilità anziché cortocircuitarli, quindi riconoscere l’assoluta sicurezza dell’ambiente scolastico, infine limitare l’intervento dell’AG nella scuola. Interrompendo questa effimera caccia alle streghe, libereremo molte risorse umane, tra le FFOO, per una vera e più proficua caccia ai mostri. Ci sentiremmo tutti più sicuri.