In questi mesi le funamboliche trovate per ravvivare il dibattito sulla scuola in tempo di pandemia hanno acquistato il tratto, spaesante e grottesco, della recita carnevalesca. Chi pensava al nuovo corso ministeriale come a un’era di grigi burocrati al potere dopo il movimentismo fru-fru in salsa grillina, deve ora ricredersi, non foss’altro per il disinvolto esercizio creativo dell’annuncite, che a quanto pare contagia, dalle parti di viale Trastevere, gli accademici e i “migliori” non meno che gli improvvisati predecessori, congedati in fretta e furia come miracolati parvenu.
In effetti, rassegne stampa alla mano, la scuola continua a essere argomento da prima pagina: ora le percentuali degli alunni presenti in classe, dopo le sbandierate aperture (alla prova dei fatti, numeri a casaccio, visto che ogni scuola e ogni dirigente fanno di testa loro), hanno lasciato spazio all’ennesima iniziativa promozionale: gli istituti aperti anche in luglio e agosto.
Il lessico della propaganda parla di “piano dell’estate”, facendo balenare al contempo le suggestioni del grande balzo quinquennale maoista e quelle, più prosaiche, della tintarella e dell’ombrellone: 510 milioni di euro finanziati per attività ricreative e di ripasso su base volontaria per studenti e docenti.
Il modello è quello suggerito dal vocabolario inglese, ormai mobilitato dai tempi della riforma renziana per diffondere un po’ di velo zuccheroso sulla fuffa: come nelle summer school organizzate dalle università americane, si elabora una nuova strategia dell’apprendere stando insieme, magari giocando, ascoltando musica, tra una partita a calcetto e una sessione di coding (per accrescere le capacità di programmare apprendendo la scrittura di un codice informatico).
Con buona pace di cooperative e associazioni da sempre impegnate su questo fronte, la scuola aspira a inaugurare così la nuova fase di colonia di massa: un centro estivo o ludoteca che dir si voglia, che occhieggia alla necessità delle famiglie lavoratrici in cerca di parcheggio per la prole. Il ventaglio dell’offerta didattica si arricchisce di allettanti soluzioni ricreative, che lanciano il guanto di sfida agli oratori, minacciati dalla concorrenza sleale di un così autorevole diversivo. Va da sé che le giovani marmotte – così garantisce il ministro Bianchi – potranno riempire di contenuti culturali la rinnovata socialità con qualche escursione museale e programmi di tendenza da sperimentare nei laboratori (quali?).
Nel frattempo, i provveditorati sono già alle prese con tabulati e rigidi protocolli da attuare all’alba radiosa dell’anno zero, quando con l’anno scolastico che si aprirà dopo i centri estivi gli studenti si ritroveranno stipati, come sempre, in classi di 27-30 alunni, sempre che il distanziamento non tornerà a imporre le forme e i diritti del turnover.
Gli edifici rimarranno come sono, le classi poco numerose saranno accorpate, sugli organici prospera la solita girandola di chiacchiere, ma almeno i ragazzi, informati adeguatamente da help desk dedicati alla bisogna e dai social con l’hashtag #scuoladestate, avranno passato i mesi estivi a sperimentare metodologie didattiche innovative grazie ad attività quali computing, debate, media education.
Ogni fase rivoluzionaria, del resto, necessita di una propria grammatica, oltre che di un sigillo che la immortali: non è più tempo di “buona scuola”. Il ministro Bianchi ha trovato un altro aggettivo più adatto allo spirito e alle necessità dei tempi: la “scuola affettuosa”.