Virginia Raggi non si dimetterà in caso di rinvio a giudizio. Un dato importante in vista della campagna elettorale
Virginia Raggi non si dimetterà in caso di rinvio a giudizio nel processo sulle nomine dei fratelli Marra. La dichiarazione – rilasciata dalla sindaca ai cronisti – aggiunge un tassello alla svolta garantista in atto del Movimento Cinque Stelle. Un cambio di paradigma netto rispetto agli inizi, quando i pentastellati sostenevano la necessità che un amministratore si dovesse dimettere anche solo in caso di indagine. E un dato importante in vista di una campagna elettorale per le Politiche che, prima o dopo, si annuncia fin d’ora senza esclusione di colpi.
Un’uscita eclatante risale al febbraio 2016, quando il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio – probabile candidato premier del M5S – chiedeva le dimissioni dell’allora Ministro degli Interni Angelino Alfano. “Alfano indagato per abuso d’ufficio. Le nostre forze dell’ordine non possono avere il loro massimo vertice indagato. Si dimetta in 5 minuti!” tuonava in un tweet Di Maio contro Alfano, sotto inchiesta (poi archiviata) per abuso d’ufficio.
Erano gli inizi del 2016, e se una vittoria pentastellata a Roma era prevedibile, meno scontato era immaginare che il braccio destro della sindaca sarebbe stato arrestato alla fine dell’anno. Prima della vittoria romana, l’atteggiamento del Movimento nei confronti dei propri amministratori sotto indagine era stato altalenante, dalla comprensione verso un sindaco in linea con l’ex direttorio come Filippo Nogarin (sindaco di Livorno) all’intransigenza – scaturita poi in espulsione – nei confronti del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti. Entrambi indagati, in ambiti differenti, per abuso d’ufficio.
Ma poi è arrivata Roma, con la sua giungla politica e amministrativa, con l’arresto di Raffaele Marra e le indagini a carico di Virginia Raggi per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico.
Una serie di eventi che hanno spinto Beppe Grillo a prendere le contromisure. Così, a inizio 2017 – dopo poche settimane dal marasma giudiziario – il garante del Movimento annunciava un nuovo codice etico da applicare agli eletti con il simbolo pentastellato e agli assessori delle giunte del M5S: stop all’automatismo indagini/dimissioni. Un cambio di passo netto rispetto a quando Di Maio escludeva la presunzione d’innocenza per chi avesse un ruolo politico.
Il recente “no” di Virginia Raggi alle ipotesi di dimissioni in caso di rinvio a giudizio ha aperto un nuovo capitolo. Gli eletti del M5S rimarranno al proprio posto non solo se indagati, ma anche se dalle indagini scaturiranno elementi sufficienti per far partire il processo.