Dopo quasi 20 anni dall’attacco alle Torri Gemelle, l’Italia non ha subìto attentati, a parte qualche episodio di poca rilevanza che non ha avuto ripercussioni. Mentre in Europa e nell’intero Occidente, Al Qaeda prima e lo Stato islamico adesso, hanno seminato morte e violenza, come mai in Italia non è accaduto nulla?
La storia, la dinamica, la logistica degli attentati terroristici – specialmente quella dei cosiddetti “lupi solitari” – dell’ultimo decennio hanno posto quanto agli osservatori dell’intelligence, quanto alla pubblica opinione un grande interrogativo: perché, dopo Regno Unito, Belgio, Francia, Spagna, Germania nessun episodio ha riguardato invece il nostro Paese? Francesca Musacchio, giornalista esperta di terrorismo internazionale di matrice islamista e sicurezza, ha pubblicato recentemente La Trattativa Stato Islam, un’opera d’inchiesta che fornisce clamorose risposte a molti quesiti ancora poco conosciuti dal grande pubblico. Tra questi anche una testimonianza assai inedita: un dialogo esclusivo con un mancato attentatore, intervistato dopo una lunga serie di trattative e agganci.
La dinamica italiana, dove progetti di attentati vengono ideati e programmati, non è dissimile da quella che fiumi di inchiostro dei giornali d’Europa ci ha narrato: teenager sbandati, senza lavoro e fissa dimora, la moschea, unico luogo di rifugio tra “simili”, e tutto ciò che le ruota attorno: un mondo di predicatori, giovani sensibili al fascino dei grandi vecchi ma anche islamici perfettamente integrati nella società tradizionale. E l’indottrinamento: i racconti delle persecuzioni che molti musulmani sono costretti a subire nei Paesi dove l’Occidente ha posto in atto politiche restrittive anti-terrorismo vi è un mantra: “non ci potrà essere futuro per chi accetta questo: l’Occidente odia l’Islam, gli occidentali odiano gli arabi, li odiano da sempre e sognano di cancellarli dal mondo In Palestina, in Iraq, in Cecenia, i fratelli musulmani soffrono e muoiono per mano dei sionisti e dell’Occidente. Sono senza difese”. Anche questo giovane tunisino, Mansour, ex operaio ai Mercati generali, uno qualsiasi, uno tra tanti, ha infine ceduto al fascino della crociata musulmana dopo una fine e prolungata opera di catechismo musulmano. Eppure, solo per un caso, la sua esplosione in una piazza italiana, ormai decisa assieme ad altri candidati-martiri del jihad, non è andata a buon fine. Poi la fuga in Francia, sotto altri mille pseudonimi e chissà cos’altro dopo: non sapremo mai se al ripensamento italiano sia poi seguito altro.
L’inchiesta fornisce poi una attenta analisi, con fonti anonime (e non), su come e perché l’Italia sia oggi rimasta sorprendentemente immune dalle stragi che hanno invece devastato l’Europa: sulla stregua di una sorta di scimmiottamento del famigerato “patto Moro”, l’Italia ha un know-how sulle trattative terroristiche e sulla gestione dei rapporti tra criminalità organizzata e autorità che non ha eguali in altre nazioni occidentali: tra “accordi che non si possono rifiutare” e una strategia del compromesso, discutibile sì ma, almeno dal punto di vista dei risultati, senz’altro efficace, Roma continua a gestire tale fenomeno in modalità diametralmente opposta ai modelli dei servizi di intelligence di altri Paesi. Subentra qui, poi, un confronto, irrisolvibile, tra alternative: favorire, scomode, forse inopportune strade di “dialogo” oppure esporsi al rischio, immane, di prestare il fianco al rischio di attentati devastanti. Comunque la si pensi, questa inchiesta fornisce ad oggi il quadro più chiaro per rispondere ad una domanda che tutti si pongono ma di fronte alla quale le risposte sono, da sempre, troppo evasive.