Legge elettorale, alleanze, economia, ricostruzioni e migranti. E ciascuno dei tre schieramenti ha problemi da risolvere
Al ritorno (o quasi) dalle vacanze, l’estate resta calda e non solo dal punto di vista meteo. Ci si prepara infatti alla riapertura delle Camere (prossima settimana le Commissioni) e alla ripresa dei “balletti” della politica, con le medesime incertezze con cui ci siamo lasciati. Legge elettorale, alleanze, manovra economica, ricostruzioni cui fare fronte (si è aggiunto il terremoto ad Ischia), il problema dell’immigrazione. Un punto, quest’ultimo, che ha registrato maggiore tranquillità a seguito delle iniziative da “polso fermo” del ministro dell’Interno, Marco Minniti, ma naturalmente non è ancora affatto risolto strutturalmente.
Per la legge elettorale, al di là delle esternazioni pubbliche sulla volontà di accogliere i richiami del Quirinale, si fa sempre più concreta la possibilità che nulla si faccia. Se non provare a uniformare i due sistemi Camera, Senato. E già questo sarebbe un bel risultato considerando che non è ancora affatto chiaro: 1) come agire concretamente nei modi, nel contenuto e nei tempi; 2) se sono d’accordo tutti sull’agire o meno. Effetto pratico: resta tuttora assai probabile che, dopo le urne, non ci siano maggioranze sebbene tutti accarezzino il sogno di sfondare la soglia del 40%. O peggio, le maggioranze ci siano però non identiche nei due rami del Parlamento.
Al momento, la sola alleanza che si intravede è quella tra Pd e alfaniani in Sicilia. Che potrebbe portarsi dietro riflessi nazionali. Ma è tutto da vedere. Gli appuntamenti autunnali già fissati da alcuni partiti come Pd, Campo Progressista e Mdp s’incaricheranno di fornire qualche elemento di giudizio in più. In realtà, i giochi sono tutti aperti. Nel centrodestra (con l’incognita Salvini e in parte Meloni) e nel centrosinistra con l’incomunicabilità, che rischia di deflagrare al voto della legge di bilancio, tra Pd e Mdp.
La corsa al posto in lista, che ha tenuto molto parlamentari a Roma nella canicola ferragostana, è la plastica dimostrazione che tutto può ancora accadere. E non è affatto facile schierarsi dalla parte che poi sarà vittoriosa in epoca di capilista bloccati e collegi uninominali. In verità non si può non registrare nel Pd un crescente timore di arrivare “terzi”, dopo centrodestra e M5S. Tanto che si punterebbe ormai più che altro alla non vittoria degli altri, per tornare poi decisivi al momento della salita al Quirinale. Tuttavia, l’uomo, Matteo Renzi, è capace di repentini cambi di direzione e, alla fine, potrebbe anche sparigliare: nuova candidatura da premierato più da coalizione post voto (in pole sempre Paolo Gentiloni) oppure, meno probabile, accordo in senso ulivista. Sponda alfaniana, in fondo, tutta da vedere alla prova siciliana: se non va, tanti saluti. Se va, non è affatto detto che l’intesa si trasformi in coalizione, visti i maldipancia interni. Con un “sogno” per nulla remoto: dividere Mdp da Pisapia che, in fodo, sembra assai più prammatico nella scelta degli alleati.
Tra poco più di un mese sarà già tempo di nota di aggiornamento al Def, il documento economico che fa da cornice a tutto il resto della manovra economica da approvare, poi, entro fine anno ovvero in piena compagna elettorale. Difficile che il buon Gentiloni rischi decisioni troppo “forti” che possano portare a traumi del tipo esercizio provvisorio. Del resto, tra alfaniani in dimagrimento e spinte Mdp, i voti al Senato ora sono quelli che sono. Il Governo, sebbene supportato dalla crescita imprevista del PIL ma continuamente alle prese con nuove emergenze di spesa, dovrà destreggiarsi con molta attenzione. Staremo a vedere.
Si diceva all’inizio dell’immigrazione. Che fa il paio con la paura del terrorismo. Sono quasi tutti concordi che, al di là delle alchimie politiche e partitiche, nonché delle singole problematiche esistenti all’interno degli schieramenti (“nodo” Roma per il M5S, variante Lega nel centrodestra, egocentrismo renziano nel Pd e sindrome da accerchiamento nel resto del centrosinistra) qui si gioca il risultato delle prossime elezioni. Speriamo di sbagliarci ma ecco perché non si può non pensare, fin d’ora, a una brutta partita.