Fantasia, originalità ed eleganza. Tre sostantivi per descrivere i caratteri delle pubblicità, o réclame, sulla carta stampata negli anni del Fascismo.
Il volume “L’arte pubblicitaria del Fascismo”, dato alle stampe dalle Edizioni Studio Del Bianco, ad opera di Paolo Alberto Del Bianco e Davide Rossi, non è un saggio sulla storia della grafica e sullo stile adottato dai pubblicitari durante il Ventennio, ma si presenta come una raccolta per immagini, forse la prima in Italia, di quel grande movimento stilistico e artistico che ha caratterizzato quel periodo e quel settore, quello, appunto, della grafica pubblicitaria dagli anni ‘20 al primo dopoguerra.
Una vasta e articolata raccolta di immagini “cariche di una spiccata capacità evocativa” che raccontano la storia d’Italia e della sua imprenditoria. Un catalogo che guarda a queste opere, perché di opere d’arte si tratta, non solo dal loro lato estetico e artistico, ma dal forte impatto commerciale e pubblicitario, quand’anche politico, rispondendo appieno all’idea di esaltazione delle eccellenze italiche perseguita dal Regime, utilizzando un linguaggio facilmente comprensibile.
Nel volume, per ammissione degli autori, non “appaiono i bellissimi, ma inflazionati manifesti pubblicitari dell’epoca”, bensì le pubblicità pensate per la carta stampata, a colmare quel vuoto informativo che non ha permesso, nel tempo, di apprezzare la grafica pubblicitaria ad uso quotidiano.
Un intento che si riscontra anche nella divisione per capitoli del libro, appunto suddiviso per settori: industria strategica, viaggi e turismo, servizi bancari e assicurativi, edilizia e architettura, moda, consumi e cura di sé, tecnologia e comunicazione.
Spazio, quindi, alla Fiat e all’Alfa Romeo, a Pirelli, Agip, Anisetta Meletti, Campari, Banco di Roma, Olivetti, Perugina e tanti altri marchi che hanno fatto la storia dell’imprenditoria italiana, alcuni scomparsi, ma per sempre immortalati nella pubblicità.