L’ennesimo incidente propiziato da una ciclabile da incubo avversata dagli abitanti della zona riaccende le polemiche su uno dei principali cavalli di battaglia dell’Amministrazione grillina della Capitale: le piste ciclabili, specie quelle all’interno del centro cittadino.
Siamo nel XIII Municipio di Roma, in via Gregorio VII. Da qualche mese la circolazione su questa arteria nevralgica per la città è diventata impossibile e peggiorerà presto, man mano che l’allentamento delle misure di limitazione della circolazione, imposte dalla pandemia, saranno revocate ed il traffico veicolare tornerà normale.
Con un’operazione di riduzione della carreggiata, infatti, sono stati realizzati posti auto in mezzo alla precedente corsia di destra, ricavando una mini corsia ciclabile lungo i marciapiedi. Un intervento sul modello delle altre piste ciclabili realizzati a colpi di vernice in altri quadranti della città e che ha creato le stesse problematiche ovunque. Il risultato è un rallentamento esasperato del traffico, ridotto ad un imbuto pericolosissimo per molteplici ragioni.
Ad esempio, le operazioni di parcheggio sul lato destro, in corrispondenza dei nuovi posti auto creati, comportano il blocco della circolazione, senza calcolare che il conducente rischia la propria incolumità salendo o scendendo dal veicolo, perché la salita o la discesa dal veicolo avviene in mezzo alla carreggiata con i mezzi in movimento che sfilano a pochi centimetri.
I cassonetti risultano allineati ai veicoli in sosta, in mezzo alla strada alla precedente corsia di destra, con il risultato che i mezzi AMA per compiere le operazioni di svuotamento bloccano il traffico incolonnato. Alla prossima crisi di raccolta da parte di AMA non è difficile immaginare che i cumuli di rifiuti invaderanno quel che resta della carreggiata carrabile a sinistra e la corsia ciclabile a destra.
Gli avversari di questa malaccorta opera di riorganizzazione della circolazione sono stati accusati dai fruitori della bicicletta o del monopattino, di opporsi alla svolta green della città. Il risultato attuale è che i veicoli creano un ingorgo con il motore accesso per molto tempo, ingabbiati da un traffico reso meno fluido dalla riduzione di carreggiata.
Ma la cronaca giornaliera ci riporta continui incidenti, causati da questa nuova organizzazione del traffico le cui prime vittime sono proprio i ciclisti. Le molteplici rampe di accesso ad autorimesse od esercizi commerciali o l’immissione da e per le strade che incrociano via Gregorio VII si stanno rivelando come un pericolo continuo per i ciclisti. Per i veicoli la visuale è completamente coperta dalle autovetture in sosta o dai cassonetti posti in mezzo, con il risultato che il rientro al box auto casalingo, soprattutto nelle ore serali od in condizioni meteo di scarsa visibilità, si è trasformato in una roulette russa in cui si gira alla cieca, sperando di non travolgere un ciclista od un rider del monopattino.
Eppure, la soluzione di far convivere gli utenti della via Gregorio VII esiste. Sarebbe stato sufficiente ridurre gli ampi marciapiedi per ricavare corsie ciclabili più sicure, magari protette da un cordolo, lasciando immutata la doppia corsia e la fluidità del traffico ed il parcheggio, preziosissimo in zona. Peraltro, proprio l’ottica della transizione ecologica e dell’auspicato aumento dell’istallazione delle colonnine di ricarica, con l’attuale organizzazione del traffico sarà difficile da realizzare per tutto il lungo tratto di Via Gregorio VII, sia nel tratto che porta fuori Roma, sia nel tratto, nel senso opposto, che porta verso San Pietro.
Forse gli amministratori del municipio XIII che hanno approvato la realizzazione di questo progetto avrebbero dovuto far tesoro di esperienze di altre città metropolitane e di altri municipi di Roma Capitale, dove l’intervento non si è limitato a disegnare corsie sull’asfalto, ma si è proceduto a realizzare corsie protette da cordoli in prossimità dei marciapiedi.
La caratteristica di queste corsie è quella di correre parallele al traffico veicolare perfettamente visibili, rendendo possibile l’incrocio, nelle necessarie intersezioni, in piena sicurezza. In realtà, si può e si deve osare di più, nei paesi del Nord Europa la pianificazione del trasporto integrato ha reso possibili piste ciclabili alternative alla viabilità veicolare, riducendo i tempi di percorrenza, realizzando ponti e sottopassi dedicati il cui costo è di sicuro inferiore alla realizzazione di infrastrutture per il traffico veicolare.
È un interesse pubblico alleggerire il traffico veicolare, ma lo si deve fare non con surrettizie corsie disegnate senza nessuna logica, ma individuando percorsi dedicati utili, pensati per tutti i giorni come alternativa al mezzo pubblico od al veicolo privato, od integrati con questi, con parcheggi e servizi dedicati.
La differenza tra la cattiva amministrazione e la buona amministrazione a volte è nel come si realizza una ciclabile. Tornare ad essere orgogliosi civis optimo iure nella nostra città, non scopiazzare ma innovare con le nostre idee autentiche, magari con un’illuminazione dedicata o con coperture che rendano agevole l’uso anche in condizioni meteo avverse, insomma una vera rivoluzione della mobilità. Ne gioveremmo tutti, considerando anche le ricadute sulla qualità della vita e sull’occupazione che deriverebbero da tali interventi.