In vista delle presidenziali USA del prossimo anno, il popolare social mette a punto la strategia futura tesa a contrastare la disinformazione online. Maggiore trasparenza, fact-checker e avvisi agli utenti sulle possibili “bufale” tra le novità in arrivo
Neanche il tempo di metabolizzare lo stop al progetto “Libra”, ovvero la creazione di una nuova (e, almeno nelle intenzioni, rivoluzionaria) moneta digitale, che un’altra tegola si abbatte su Facebook. Il colosso californiano, stavolta, si ritrova sotto inchiesta per possibili violazioni antitrust nella quasi totalità degli stati americani (47 per la precisione), accusato di aver soffocato la concorrenza e messo in pericolo i dati personali dei consumatori.
Sarà forse anche per questo che il gruppo guidato da Mark Zuckerberg si è affrettato ad annunciare una decisa azione di prevenzione e repressione delle campagne di disinformazione online, un mare di fake news che navigano liberamente nel mare del web e hanno il loro porto principale proprio nella baia di Menlo Park.
La disinformazione che circola in rete rappresenta un pericolo per le democrazie moderne, e l’effetto che le false notizie hanno sull’opinione pubblica, a causa della pervasività dei nuovi mezzi di comunicazione, costituisce un pericolo per i processi decisionali.
Le competizioni elettorali, in modo particolare, rappresentano il vero nervo scoperto della disinformazione di massa, sostenuta dalle nuove modalità di campagna elettorale online e dalle mutate prassi culturali di formazione dell’opinione del corpo elettorale. Tra i veicoli di “panzane” digitali un posto privilegiato lo ricoprono tutte quelle piattaforme in grado di condizionare profondamente la formazione delle opinioni di voto. Tra queste Facebook e Instagram sono ritenuti (a ragione) due dei più influenti social esistenti al mondo.
Impossibile per gli stati e le istituzioni far fronte alle tonnellate di notizie faziose che circolano in rete, a meno di non ottenere la collaborazione diretta con i colossi del web, sulle quali pagine tali messaggi fanno capolino. A quasi un anno dalle elezioni del 2020 negli Stati Uniti, Mark Zukerberg ha annunciato di aver predisposto diverse misure per aiutare a proteggere il processo democratico dall’inquinamento delle fake news. Tra le priorità individuate dal giovane manager quelle di combattere le interferenze straniere, aumentare la trasparenza e ridurre quanto più possibile la disinformazione online.
Nel solo triennio 2015-2018 il team di Menlo Park ha identificato falsi profili, minacce di origine straniera e rimosso – solo nell’ultimo anno – oltre 50 tra account, pagine e gruppi presenti su Facebook e Instagram dichiaratamente fasulli. Tre di loro avevano base in Iran e uno in Russia. Tra i soggetti preferiti delle campagne disinformative di matrice estera gli Stati Uniti, il Nord Africa e l’America Latina. Vere e proprie campagne di manipolazione, con mandanti fuori dai confini nazionali.
Da adesso in poi, dunque, Facebook applicherà un’etichetta in cima a foto e video falsi (o ritenuti tali da un team di “sbufalatori” o anche su segnalazioni esterne), idem per le storie di Instagram. Nell’ipotesi in cui gli utenti dovessero tentare di condividere post individuati come critici dal team di fact-checker messo in piedi per l’occasione, Facebook mostrerà un pop-up che allerterà gli utenti che la fonte informativa non è del tutto affidabile. Maggiori tutele in arrivo anche per i candidati politici e i loro staff che gestiscono le pagine e i messaggi propagandistici elettorali. Più tutele dall’attacco di eventuali hacker (anche stranieri) tramite la previsione di sistemi di doppia identificazione, così da evitare il moltiplicarsi di informazioni politiche (fasulle) e non indurre in confusione gli utenti che vedono apparire, sotto elezioni, decine di pagine dello stesso candidato contenente messaggi distorti e completamente contraddittori tra di loro.
Tra le nuove misure introdotte anche un aumento della trasparenza nelle fonti di finanziamento delle “campagne elettorali elettroniche”, per mezzo di un sistema di tracciamento capace di informare costantemente gli utenti degli importi investiti sul social dai candidati. Stop, infine, anche alle pubblicità (a pagamento) che dissuadono gli elettori dal proposito di andare a votare, post che denigrano il voto definendolo come superfluo e futile. Ma, visto gli ultimi epiloghi politici a stelle e strisce, probabilmente non servirà bandire una reclame faziosa per scoraggiare i cittadini a recarsi alle urne.