Il ministro Giuliano Poletti in Commissione Senato. Decontribuzione tra i temi del dibattito
Nell’ambito delle audizioni intraprese rispetto all’impatto delle nuove tecnologie sul mercato del lavoro, la Commissione Lavoro del Senato ha ospitato ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, il quale ha affrontato il tema offrendo alla lettura della situazione numerose sfaccettature.
Il ministro ha voluto mettere subito in evidenza che la lettura mainstream che viene spesso data di questi processi, e in particolare dell’automazione in campo industriale e dell’informatizzazione dei servizi di sportello, è ancorata alla dicotomia entusiasmo/paura nella quale i promotori della semplicità e delle potenzialità produttive sfidano gli allarmi per la perdita di posti di lavoro. Da questo punto di vista, il ministro non è voluto entrare a far parte di uno di questi schieramenti, ma ha chiarito che il processo di redistribuzione di posti di lavoro che ciò comporterà deve essere innanzitutto gestito, ricordando che il mondo del lavoro attuale deriva da una strutturazione su mansioni e mestieri che non scompariranno del tutto, anzi in molti casi affronteranno una trasformazione.
Ed è proprio sulla gestione di questa trasformazione che Poletti ha voluto sottolineare l’ampio dialogo aperto con le parti sociali, ricordando che il tema, oggetto di dibattito in tutto il mondo, non ha ancora ricevuto vere e proprie “soluzioni”, quanto piuttosto evidenziato tendenze e sviluppato interpretazioni.
In proposito, ha ricordato l’apertura da parte del suo Ministero di uno strumento online di confronto con i cittadini, chiamato “Il lavoro che cambia” attraverso il quale si è voluto aprire alla cittadinanza un ampia possibilità di confronto. L’obiettivo, a detta del ministro, è quello di arrivare al G7 sulle tematiche del lavoro, che si terrà in autunno, con una serie di osservazioni da portare al tavolo internazionale. In particolare, Poletti ha voluto evidenziare il cosiddetto dumping sociale, la delocalizzazione delle imprese in paesi meno sviluppati ma soprattutto con uno welfare state più leggero (o inesistente) che rappresenta quindi un minor costo anche per le imprese.
Il ministro ha voluto raccogliere le maggiori sfide della quarta rivoluzione industriale principalmente in sei punti:
- Il rafforzamento dell’occupazione, da gestire in particolare attraverso le politiche attive del lavoro e con l’investimento nei centri per l’impiego, e dunque dei servizi;
- Il rafforzamento e aggiornamento delle competenze, in un quadro composito fatto di orientamento, ampliamento dell’arco della vita lavorativa, e necessità di recupero sul fronte delle competenze digitali non solo da parte dei lavoratori dipendenti, ma anche per gli imprenditori che costituiscono l’anima della piccola e media impresa italiana. In questo senso, ha indicato la necessità di rivedere l’offerta formativa pubblica, di proseguire gli investimenti nei meccanismi di alternanza scuola lavoro, e ha messo in risalto l’importanza delle relazioni bilaterali per la formazione ricordando quanto stipulato nel recente contratto collettivo dei metalmeccanici;
- La qualità dell’occupazione e delle condizioni di lavoro, mettendo l’accento sia sulla sicurezza e salute del lavoratore sia sui nuovi temi legati alla tecnologia, come il diritto alla disconnessione. Ha voluto accennare anche alla sempre maggiore necessità di una maggiore responsabilizzazione del lavoratore, che però si deve accompagnare a meccanismi di compartecipazione alla vita aziendale.
- L’occupazione giovanile, sul fronte della quale ha ricordato la distanza fra le competenze acquisite nei percorsi d’istruzione e quelle richieste dal mercato del lavoro. Un gap da colmare assieme a nuovi meccanismi per la formazione continua che riescano ad adeguarsi alla velocità dei cambiamenti, e a una riforma degli ITS e della formazione tecnica;
- Le opportunità e le sfide date dall’economia delle piattaforme, la quale riuscendo a semplificare enormemente la fruizione di alcuni beni o servizi pone però sempre di più il problema delle definizioni giuridiche, legali e fiscali del prestatore del servizio, dello standard di quel servizio, e dell’accesso ai diritti sociali dei lavoratori che vi prendono parte;
- Il welfare e le infrastrutture sociali, che attualmente nel nostro paese sono costruiti sull’idea di un individuo preferibilmente sempre occupato e sempre nello stesso luogo, mentre andiamo incontro a percorsi individuali fatti di interruzioni temporanee e cambi frequenti di mansioni e tipo di lavoro. Sul tema ha ricordato che l’invecchiamento della popolazione apre anche a una serie di opportunità nel campo dei servizi alla persona.
Rispetto agli ultimi due punti, ha sottolineato come una sistematizzazione debba andare oltre i confini nazionali, proprio per evitare quei meccanismi di dumping sociale prima ricordati, e allo stesso tempo non possa farsi con semplici interventi di regolazione calati dall’alto, ma debba trovare risposte nel dialogo con tutte le parti in gioco.
Nel dibattito successivo alla relazione, il Presidente della Commissione, l’ex ministro del lavoro Maurizio Sacconi, ha domandato lumi a Poletti sul tema della decontribuzione, la quale a suo parere rischia di disincentivare il ricorso all’apprendistato, e sul futuro della detassazione dei salari di produttività. Il professor Pietro Ichino, invece, ha messo l’accento sul problema della territorialità riferita al lavoratore che effettua prestazioni online per committenti sparsi per il mondo, con la volontà dichiarata di non pretendere una risposta ma di voler mettere il tema in agenda.
Il Ministro, difendendo fra l’altro Garanzia Giovani dalle critiche di alcuni senatori d’opposizione, ha lasciato intendere solamente che il ricorso allo strumento della decontribuzione verrà valutato anche in base al funzionamento di quella stabilita per l’anno in corso e all’andamento dei relativi dati, osservando che la detassazione dei salari di produttività sta funzionando e quindi si tratta di un punto sul quale vale la pena trovare ancora spazi finanziari.
Poche anticipazioni dunque sulla prossima legge di bilancio, ma sicuramente numerosi spunti per la “gestione dei processi” di trasformazione del lavoro. Un tema che sicuramente vedrà impegnatissimo il governo che uscirà dalle urne del 2018.