Dopo il monito di Mattarella, la Commissione Affari Costituzionali accelera
di Andrea Spuntarelli
È ormai arrivato il momento della verità sul fronte della riforma elettorale. Dopo il monito del Capo dello Stato ai Presidenti delle Camere arrivato pochi giorni fa, si sono infatti esauriti gli spazi per ulteriori strategie dilatorie da parte dei partiti rappresentati in Parlamento; a distanza di oltre quattro mesi dalla sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum, è tempo che venga messa la parola fine a un’incertezza che non sta facendo altro che portare instabilità nella vita pubblica del Paese.
Nell’arco delle prossime settimane si capirà se il calendario messo a punto dalla Conferenza dei Capigruppo della Camera (inizio dell’esame in Aula lunedì 29 maggio) sarà o meno rispettato nei fatti. Per il momento si può registrare che, dopo la possibile svolta della scorsa settimana, la discussione nella Commissione Affari Costituzionali di Montecitorio non ha fatto registrare passi in avanti. Nella seduta di ieri 27 aprile ha avuto luogo un mero aggiornamento dei lavori ad altra riunione, dopo gli interventi dei soli deputati Giancarlo Giorgetti (Lega Nord) e Dore Misuraca (Alternativa Popolare) per precisare le posizioni dei rispettivi Gruppi di appartenenza.
Una svolta sembra invece arrivare dall’Ufficio di Presidenza, presieduto da Mazziotti di Celso, che ha espresso la volontà di depositare un testo base tra il 2 e il 3 maggio, con termine emendamenti per il 12, in modo da far arrivare il provvedimento in Aula per il 29 maggio.
Non sfugge, tuttavia, che sulla roadmap stabilita dalla Camera peseranno l’esito delle primarie Pd del 30 aprile e, soprattutto, le intenzioni di Matteo Renzi. L’ex premier non ha ancora abbandonato l’idea di anticipare la fine della Legislatura, e dalla sua scelta definitiva sull’agenda politica di fine 2017-inizio 2018 dipenderà anche il corso del dibattito sulla riforma elettorale, dal momento che il Partito Democratico continua a essere la forza di maggioranza relativa nell’attuale Parlamento.
A prescindere da qualsiasi dinamica o tattica politica, non si può non osservare come un nuovo nulla di fatto sul fronte dei sistemi di elezione di Camera e Senato rappresenterebbe un colpo definitivo alla credibilità dei partiti agli occhi dei cittadini elettori.