Presentati 321 emendamenti in Commissione. 5 Stelle all’attacco con norma “anti Silvio” e ritorno al proporzionale
Sono 321 gli emendamenti presentati al “Rosatellum 2.0” nella Commissione Affari Costituzionali della Camera. Alle 12 di oggi è infatti scaduto il termine per la presentazione di proposte di modifica alla nuova legge elettorale messa a punto dal Partito Democratico.
L’esame del testo in Commissione entrerà quindi nel vivo a partire da martedì 3 ottobre, e per rispettare il programma stabilito dalla Capigruppo di Montecitorio (arrivo del “Rosatellum 2.0” in Aula il 10 ottobre) dovrà necessariamente concludersi durante la prossima settimana.
Se il numero degli emendamenti avanzati dai Gruppi rende possibile un via libera rapido al sistema misto maggioritario-proporzionale, a quanto si è già potuto apprendere non mancheranno i tentativi di far saltare l’intesa tra Pd, Forza Italia, Lega Nord e Ap. In particolare, il Movimento 5 Stelle avrebbe presentato una proposta emendativa per rendere inammissibili alle elezioni le liste che indichino come “capo politico” una persona incandidabile alla carica di deputato. In breve, si tratta di una disposizione che se venisse accolta impedirebbe a Silvio Berlusconi di guidare il centrodestra alle prossime Politiche, e che pertanto mira principalmente a provocare una rottura tra i dem e Fi e a far naufragare l’iter del Ddl.
Tra gli altri ritocchi proposti alla legge composta per un terzo da collegi uninominali e per due terzi da un riparto dei seggi su scala nazionale figurano, inoltre, il tentativo (sempre da parte dei 5 Stelle) di tornare al proporzionale alla tedesca bocciato a giugno e l’intento di permettere ai fuorisede di votare nel loro luogo di studio o lavoro.
Dunque, una volta trascorso il weekend scatterà il momento della verità per quello che sarà l’ultimo tentativo parlamentare di porre rimedio alla questione legge elettorale, ora disciplinata da due sentenze della Consulta. Se fallisse anche il “Rosatellum 2.0”, infatti, non rimarrebbero che l’eventualità di un Decreto Legge che uniformi i meccanismi di Camera e Senato (sebbene poco plausibile) o la possibilità di un’ulteriore pronuncia della Corte Costituzionale.