Con l’arrivo del mese di agosto anche i più “stacanovisti” tra politici, economisti e rappresentanti delle istituzioni si concederanno qualche tempo di riposo. Nell’era digitale però non si stacca mai realmente la spina e anche una diretta Facebook può far sentire la vicinanza al (proprio) popolo. Eppure, più che sulla sempiterna campagna elettorale, la nostra classe politica dovrebbe concentrarsi sulla Legge di Bilancio per la quale i tempi sono più stretti di quanto si creda
“L’estate sta finendo” cantavano i Righeira in un tormentone estivo che ha avuto la fortuna di superare di gran lunga la sua naturale longevità. E l’estate sta davvero finendo, non di certo quella climatica o quella delle vacanze, bensì quella della stagione politica che deve radunare in fretta le idee per affrontare una tra le sfide più complesse dell’anno: la stesura della nuova legge di Bilancio.
L’iter di una finanziaria infatti è tanto rigido quanto noioso ma si sa – o meglio si dovrebbe sapere – che l’economia non è materia poetica, non richiede la stesura di versi sopraffini guidati dall’afflato sublime.
E’ un qualcosa di ben più prosaico, che si muove su coordinate e regole precise che vanno, quasi inutile dire, rispettate.
Il primo capitolo dell’epopea della legge di Bilancio prende il via proprio d’estate con la definizione delle misure da inserire nel testo e il calcolo, quanto più verosimile, delle entrate finanziarie. Questo perché gli obiettivi prefissati devono essere pubblicati entro la metà di settembre, in quel documento che porta nome di nota di aggiornamento del Def.
Mese insidioso quello di settembre ma mai come ottobre dove nell’arco di una settimana scarsa, nella seconda metà del mese, la proposta di legge va presentata alla Commissione europea e al Parlamento italiano.
La prima darà un giudizio alle “idi di novembre”, il secondo dovrà votare la legge entro il 31 dicembre.
Un calendario estremamente ritmato quindi che non lascia spazio all’improvvisazione e che è sempre difficile da rispettare.
E’ complicato anche quando le fila del governo sono compatte e muovono in una sola direzione, figurarsi con le due anime dell’esecutivo (ma ormai sono almeno tre se si aggiungono Conte, Tria e più in generale la squadra dei “tecnici”), in perenne conflitto tra loro.
In questo senso l’aveva forse vista lunga Salvini che a più riprese aveva sostenuto di voler giocare d’anticipo con la manovra.
Ma si sa che aver ragione e far politica son due fattori che stridono.
Il punto non è comunque questo, il punto è che la situazione economica italiana, pur restando preoccupante, si sta spostando verso un qualcosa che si potrebbe definire tristemente mediocre.
L’Istat ha sancito quello che era già noto a tutti, ovvero un clima di stagnazione, con un PIL a crescita nulla nel secondo trimestre dell’anno. Se si allunga la striscia da prendere in analisi, tra recessione tecnica e ritorno sopra la linea di galleggiamento, l’Italia è da cinque trimestri che vede una variazione congiunturale del PIL attorno allo zero.
C’è da intendersi, il Belpaese è l’ultimo della classe ma tutta la sezione europea è a rischio bocciatura. La Francia ha tirato inaspettatamente il freno, registrando una crescita soltanto dello 0,2% nel secondo trimestre, la Spagna tiene ancora ma inizia a rallentare mentre, dalla Germania, da cui si attendono ancora le stime, le previsioni sono fosche, considerato che si tratta dell’economia europea che ha maggiormente risentito delle tensioni commerciali globali, della battuta d’arresto della manifattura e del calo dell’automotive. Anche l’inflazione rallenta, sia in Italia, tornando al valore minimo da 15 mesi, sia in Europa dove si registra il valore più basso da 17 mesi.
Segnali che la Bce ha già letto (ma anche la Fed oltreoceano) ed è pressoché certo che andrà in scena a settembre l’ultimo atto della politica monetaria di Mario Draghi, fatta di tagli dei tassi, tiering e di nuovi quantitative easing.
Come detto a più riprese però, le banche centrali possono aiutare, con politiche monetarie accomodanti, non di certo sostituirsi agli Stati che devono invece lavorare su misure economiche espansive.
Ecco, le misure. Con lo spettro che va via via manifestandosi dell’aumento delle aliquote Iva, e i 23miliardi di euro da reperire come “riscatto” solo per il 2020, pare difficilmente realistico impostare una manovra “coraggiosa”, come è stato detto da più esponenti politici. Occorrerà invece fare delle scelte, tagliando il cuneo fiscale, lavorando seriamente sul salario minimo, o impostando una revisione della pressione, con Flat Tax o riduzione aliquote Irpef.
Una scorpacciata di tutto non è possibile, non ce lo si può permettere, non ci sono le coperture. Quindi primo o secondo leggero, antipasto o dolce, andando piano con il vino, scegliendo per un quartino della casa magari. Il menù completo e le bottiglie prelibate non si potranno gustare questa volta, così come non si potrà far segnare il conto: l’invitato indesiderato, il debito pubblico, ha ripreso ad allargarsi e con una crescita nulla del Prodotto Interno Lordo, non si potrà di certo a limitare la sua presenza.
L’estate sta finendo, e con essa la spensieratezza. Quando torna settembre occorre diventare grandi.